Per cercare di proteggere le balene, i capi dei nativi di Nuova Zelanda, Tahiti e delle isole Cook hanno firmato la Dichiarazione per l’oceano (He Whakaputanga Moana) per riconoscerle come esseri senzienti e dotarle dello status giuridico di persone, con tutta una serie di diritti. Dichiarare animali o fiumi persone giuridiche può sembrare insolito, ma non è poi così raro. A livello globale, ci sono ormai circa 200 ecosistemi riconosciuti come persone giuridiche e di cui si tutelano i cicli naturali. Per esempio, i gruppi nativi della Nuova Zelanda avevano già riservato lo status al fiume Te Awa Tupua Whanganui, alla regione Te Urewera e al monte Taranaki maunga, mentre in Perù, a fine aprile, alcune donne del popolo Kukama hanno ottenuto da un tribunale lo status giuridico per il bacino del Marañón, uno dei più importanti fiumi dell’Amazzonia. Così, anche la popolazione potrà esprimersi sulla gestione del corso d’acqua. Potranno sembrare mosse folcloristiche, ma potrebbero essere decisive, come dimostra il caso delle balene australi.

I custodi delle tohorā
Un doppio legame unisce i polinesiani alle balene, che chiamano tohora. Senza di esse, i nativi non esisterebbero e nemmeno si troverebbero dove sono ora: secondo i loro miti, infatti, questi cetacei furono i loro antenati ancestrali, che li guidarono attraverso gli oceani. Di conseguenza, i popoli indigeni si sentono in debito con loro e vogliono ricambiare diventandone i custodi. Non che le balene australi non siano protette in alcun modo. Per esempio, intorno all’Antartide c’è una zona di 50 milioni di chilometri quadrati istituita dall’International Whaling Commission, il Southern Ocean Whale Sanctuary; qui la caccia commerciale alla balena è vietata. Ma per i nativi questi cetacei, che ovviamente non conoscono confini, devono poter essere liberi di migrare e di riprodursi senza rischiare la vita. “Quando si riconoscono le balene come persone giuridiche non significa che siano esseri umani: sono persone giuridiche nel senso che si conferiscono loro certi diritti”, ha spiegato Ralph Chami, il responsabile economico del progetto. “La personalità giuridica permette in definitiva di dare loro visibilità in acqua e cercare di impedire pratiche insostenibili come le collisioni con le navi”, ha dichiarato Mere Takoko, vicepresidentessa del Conservation International New Zealand, facendo riferimento agli incidenti con navi, che secondo le stime possono causare la morte di 10.000 balene all’anno.

Chi sbaglia paga
Per i nativi, dunque, deve pagare chi ostacola i diritti naturali delle balene o danneggia il loro habitat, ma anche le grandi imbarcazioni che non adottano soluzioni tecniche per evitare l’impatto con i cetacei. E perché tutto ciò non resti lettera morta, i polinesiani intendono costituire un fondo di 100 milioni di dollari a sostegno del progetto e trattare con il governo della Nuova Zelanda per dare un quadro giuridico all’accordo, che prevede anche l’istituzione di aree marine protette. In sostanza, loro mettono a disposizione le proprie conoscenze e capacità per custodire le balene, ma chiedono in cambio il sostegno politico e scientifico. Proprio così: solo unendo tutte le forze si possono proteggere questi minacciati cetacei.

A rischio estinzione
Il cambiamento climatico, l’inquinamento acustico, chimico e organico, l’intensificazione del traffico marittimo stanno mettendo a rischio la loro sopravvivenza. Ha un impatto anche la pesca industriale, che da una parte priva le balene del loro alimento (il krill, tra l’altro sfruttato per produrre un olio ricco di omega 3), e dall’altra aumenta il rischio che rimangano intrappolate nelle reti. Per colmare la misura, alcune nazioni continuano a ignorare il divieto di caccia commerciale istituito nel 1986 dall’International Whaling Commission (IWC). Si tratta di Norvegia, Islanda e Giappone, che riescono a farla franca con la giustificazione degli scopi scientifici. Ma mentre l’Islanda ha dichiarato che con quest’anno smetterà di cacciarle, i giapponesi sembrano propensi a continuare su questa strada. È di fine marzo la notizia del varo di una nuova baleniera, che teoricamente dovrebbe navigare in acque nazionali, ma sono in molti a temere che sconfinerà.

Preziosi alleati
Eppure, i più grandi abitatori degli oceani sono preziosi alleati degli ecosistemi. Occupando il vertice della catena alimentare, come tutti i cetacei, le balene hanno un ruolo importante negli ecosistemi marini, e insieme ad animali pelagici come squali, tonni e tartarughe marine mantengono in equilibrio le popolazioni delle specie di cui si nutrono. Arricchiscono anche la catena con le loro deiezioni ricche di ferro. Inoltre nel 2022 uno studio neozelandese ha paragonato le balene a una foresta per la loro capacità di ripulire l’atmosfera. Secondo Ralph Chami, se si calcolassero i livelli di carbonio che l’animale è in grado di eliminare dall’atmosfera nel corso della sua vita, sarebbe possibile quantificare il valore di una balena sui 2 milioni di dollari. E forse così, considerandone il valore finanziario, si avrebbe più rispetto per la sua vita.

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