Una cerimonia che avrebbe dovuto celebrare la posa del primo cassone della nuova diga foranea di Genova e si è conclusa senza che questo grosso ‘mattone’ – che insieme ad altri 92 rappresenta la voce di spesa più costosa del piano complementare al Pnrr – andasse realmente a posarsi sul fondo di ghiaia. Un piccolo rinvio, che si inserisce nel grande ritardo di nove mesi sul cronoprogramma dei lavori.
È passato un anno dagli eccessi della finta posa della prima pietra dello scorso anno ma restano alcuni elementi cari all’organizzazione di questi eventi: giornalisti tenuti a debita distanza, impossibile fare domande e leciti solo gli applausi in sala. Pochissimi, visto che il pubblico in poco più di un anno è stato drasticamente ridotto. Impossibilitati a partecipare l’ex-presidente del Porto Paolo Signorini, attualmente in custodia cautelare in carcere accusato di aver preso tangenti dal terminalista Aldo Spinelli, ai domiciliari con l’accusa di aver corrotto Signorini e il presidente della Regione Giovanni Toti, sospeso e trattenuto ai domiciliari con le accuse di corruzione, voto di scambio e falso. In prima fila Paolo Piacenza, attuale commissario del Porto, accusato di abuso d’ufficio.
Il clima è dimesso, niente panem et circenses, neanche un piccolo rinfresco per gli ospiti o un gigante “cartonato” della diga a sorvolare il Porto Antico come lo scorso anno. A suggerire un basso profilo sono i postumi del Toti-gate ma anche alcuni altri elementi come l’apertura di due indagini sull’opera (da parte della Procura europea e di quella di Genova), il ricorso al Tar vinto in primo grado dalle ditte concorrenti a WeBuild, che denunciano il ritocco dei termini del bando dopo la chiusura dello stesso i rilievi dell’Anac, l’assenza di Valutazione di impatto ambientale, l’impennata sui costi, o forse i timori sull’assetto geotecnico del fondale e sulla tenuta dell’opera avanzati dall’ex-direttore lavori Piero Silva, il Cnr e dei tecnici della stessa Autorità Portuale di Genova.
Così la cerimonia di ieri si è tenuta alla presenza di un manipolo di irriducibili capitanato da Matteo Salvini, che dal palco ha rivendicato l’importanza di incontrare gli imprenditori nell’esercizio delle sue funzioni, diffidato chi prova a fermare questa unione di intenti. Ha salutato e ringraziato Giovanni Toti e gli altri che “forzatamente per il momento non sono qua” ma che sono “co-protagonisti” dell’impresa. Il costruttore Pietro Salini a sua volta ha attacca i “gufi” ricordando che questo “processo di rinascita” è stato possibile anche grazie a Toti, Edoardo Rixi e il sindaco di Genova Marco Bucci (che nel suo discorso ha evitato di menzionare persone indagate).
Pesa l’assenza degli esponenti di primo piano di Fratelli d’Italia, che nei giorni scorsi avevano declinato l’invito, e non si è vista neanche l’ombra di un esponente di area Pd, che lo scorso anno denunciava le anomalie dell’opera con il suo segretario genovese Simone D’Angelo mentre l’ex-ministra De Micheli in prima fila applaudiva piena di entusiasmo. Così procede, nonostante i gufi e le polemiche, la realizzazione dell’opera più costosa del piano complementare al Pnrr: 1,3 miliardi di euro, con eventuali ulteriori extra-costi a carico dei contribuenti.
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