“Non avrei mai voluto prendere questa decisione, determinata da anni di sofferenza e da una patologia che non può essere curata e che per me è come una spada di Damocle. Convivo con questi sintomi da un quarto di secolo e l’ho sempre fatto con dignità, con speranza, perché amo la vita, che è stupenda e va rispettata. Ma sono arrivata a un punto in cui il dolore è devastante: io ormai muovo solo la testa, riesco ancora a lavorare tramite i comandi vocali, ma la fatica è tanta e non ce la faccio più. La mia non è una scelta di disperazione, ma una scelta d’amore verso la vita che ho avuto”. Così Martina Oppelli, 49 anni di Trieste, tetraplegica e affetta da sclerosi multipla, durante un incontro con la stampa delle scorse ore a Trieste.

Qualche giorno fa Oppelli aveva reso noto con l’Associazione Luca Coscioni un video appello al Parlamento nel quale chiedeva ai senatori di discutere una buona legge sul fine vita, tenendo presente “ogni aspetto e ogni dolore” della persona che chiede di poter accedere alla morte volontaria assistita. La donna, infatti, dopo il diniego da parte della ASUGI, l’azienda sanitaria della Regione Friuli Venezia Giulia, alla sua richiesta di accesso al “suicidio medicalmente assistito”, legale in Italia a seguito della sentenza Cappato\Antoniani (sentenza 242 del 2019), ha chiesto una rivalutazione delle sue condizioni alla luce della giurisprudenza in tema di trattamento di sostegno vitale. La ASUGI ha comunicato che “non sussistono i presupposti per la rivalutazione delle condizioni di salute della signora Oppelli […] che non sussiste alcun obbligo dell’amministrazione di provvedere in merito alla richiesta di revisione del precedente parere”. Secondo ASUGI la terapia farmacologica e l’assistenza di terze persone non configurano sostegno vitale. Ora a decidere saranno i giudici del Tribunale di Trieste. Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e difensore che coordina il collegio legale di Martina Oppelli, ha dichiarato: “A causa dell’evoluzione della sua patologia e quindi della corposa terapia farmacologica e della totale impossibilità di muoversi, Martina non è in grado di provvedere autonomamente a nessun bisogno primario. Senza una assistenza continuativa e i farmaci che assume non sarebbe in grado di sopravvivere. Per questo riteniamo che il diniego dell’ASUGI sia illegittimo e privo di fondamento. Anche perché la stessa azienda sanitaria aveva riconosciuto l’assistenza continua alla persona come trattamento di sostegno vitale nel caso di ‘Anna’, che infatti fu la prima persona a ottenere l’aiuto alla morte volontaria in Italia con l’assistenza completa del Servizio sanitario nazionale, proprio in questa Regione.

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