Appena morto Berlusconi, dal Sudamerica aveva fatto partire una raffica di diffide dal procedere alle disposizioni testamentarie, sostenendo che era lui il primo dei legatari, in forza di un testamento registrato nel 2021 dal fondatore della Fininvest che gli avrebbe lasciato la bellezza di 26 milioni di euro, tra quote della società oltre a barche e ville ad Antigua. Il Fatto l’aveva ribattezzato subito e per primo “l’eredità del bunga-bunga”, perché ad accampare tali pretese, in forza di carte caraibiche alquanto incerte, era tal Marco di Nunzio, imprenditore torinese di 55 anni noto alle cronache per varie liste civetta con quel nome e ora finito arrestato per quella storia.

E’ successo oggi in Colombia, mentre a Milano il procuratore Marcello Viola e la pm Roberta Amadeo chiudevano le indagini a suo carico in vista della richiesta di processo non solo per il falso testamento ma pure per tentata estorsione ai danni dei figli del Cavaliere. L’arresto è dovuto anche ad altri falsi che Di Nunzio avrebbe realizzato in Sud America, in cui si inserisce la vicenda degli asseriti lasciti del Cavaliere.

Il 29 settembre 2023 Di Nunzio cercò di procurarsi la prima di una serie di documenti poi rivelatisi falsi sostenendo che due anni prima Berlusconi si fosse presentato con lui da un notaio di Cartagena, e in quella sede avesse disposto il lascito in suo favore. Al Fatto gli aveva stragiurato che era successo davvero, millantando anche di avere foto compromettenti. Ma alla richiesta di una cosa elementare, come una foto che attestasse un legame tra i due e la presenza del defunto era seguito il silenzio, o meglio il tentativo di vendere documenti (ovviamente mai accolto). Lo stesso è accaduto con Report nei mesi successivi.

Il Notaio Roveda, presso cui venivano condotte le complesse operazioni successorie tra gli eredi, aveva subito avvertito le autorità, mentre Fininvest faceva sapere al Fatto che nei giorni indicati dal pretendente, Berlusconi mai e poi mai potesse essere fisicamente in Sud America, come sosteneva Di Nunzio. Che però non si dava per vinto. Dopo aver mandato numerose diffide agli eredi, avrebbe tentato di depositare i primi due testamenti all’Archivio notarile di Milano, e poi avrebbe formato un terzo testamento in cui, rispetto ai precedenti, venivano rimosse la sua firma e la dicitura “erede universale”. Testamento che depositò, nell’estate dello scorso anno, presso un notaio di Napoli.

I cinque figli di Berlusconi, i veri eredi insomma, lo hanno così denunciato tentando anche di promuovere un ricorso di sequestro giudiziale dei beni, non accolto dal Tribunale di Milano. A ottobre, Di Nunzio sarebbe tornato alla carica, minacciando di diffondere la fantomatica documentazione su Berlusconi e fare causa per ottenere l’eredità, a meno che gli eredi avessero provveduto a dargli una somma “a saldo e stralcio”. Da qui anche l’accusa di tentata estorsione.

Nelle indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf, ci sono stati sequestri presso il notaio, l’ascolto di testi, tra cui Marta Fascina, per ricostruire dove si trovasse Berlusconi nel giorno della firma del testamento “colombiano”, una rogatoria internazionale per acquisire le dichiarazioni della notaia colombiana e della attestatrice delle traduzioni dei testamenti e l’acquisizione di copia degli atti della causa civile. Dalle indagini è emerso che Berlusconi in quei giorni di fine settembre non era in Colombia ma ad Arcore. Per i pm, l’imprenditore avrebbe tentato di “coartare” la “autonomia” dei figli del Cavaliere sull’eredità del padre e di avere semmai anche una somma per tacitare le sue pretese.

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