Erano state convocate per un incontro della commissione interministeriale incaricata di riformare il Codice dell’Ambiente e, come previsto in questi casi, si erano accreditate in modo ufficiale: la portavoce dell’associazione A Sud, Marica Di Pierri e la responsabile Relazioni Istituzionali, Sara Vegni, sono però state però rimbalzate da Palazzo Chigi senza alcuna motivazione poco prima di entrare. L’incontro era stato organizzato proprio dopo la richiesta di trasparenza da parte di coalizione di organizzazioni della società civile, coordinate da The Good Lobby. E invece…

A un’ora dal momento di accedere, alla segreteria dell’associazione A Sud è arrivata una mail che comunicava il “parere sfavorevole” al loro accesso a Palazzo Chigi espresso “dal presidio di polizia di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Le due donne e l’associazione hanno chiesto spiegazioni ma non hanno ricevuto risposta. “Il parere, come ha precisato il responsabile del presidio, è da considerarsi non vincolante – spiega l’associazione – , ma è risultato sufficiente alla Struttura di Missione della Semplificazione amministrativa per impedire l’accesso”.

Per spiegarla semplicemente: l’ufficio di Polizia della Presidenza del Consiglio ha effettuato come da prassi un controllo sommario sui nomi e segnalato chissà quale criticità a carico delle due ambientaliste, ma poi è stato Palazzo Chigi a decidere di non farle entrare. Un bel precedente: si scelgono gli interlocutori e si attribuisce la responsabilità alla Polizia. All’associazione è stato chiesto se altri rappresentanti potessero partecipare all’incontro, ma i tempi erano troppo stretti ed è stato impossibile. Così A Sud è stata esclusa.

Sara Vegni e Marica Di Pierri certo non hanno un profilo criminale: entrambe sono attive nelle cause della ong. Vegni è stata semplicemente identificata in un gruppo che ha esposto “per un minuto uno striscione pro Palestina sei mesi fa – spiega al Fatto -. Marica invece non è mai stata identificata, né ha mai avuto niente del genere. Abbiamo chiesto esplicitamente se il parere era per entrambe e la risposta è stata sì. In ogni caso, non dovrebbe avere rilevanza nel poter partecipare a tavoli istituzionali. In vent’anni di attività non mi è mai accaduta una cosa del genere”.

“Si tratta di un episodio grave, di carattere antidemocratico, compiuto in assenza di qualsivoglia principio di trasparenza e in violazione del diritto alla partecipazione nei processi decisionali, che come organizzazione esercitiamo da anni attraverso una fitta attività di ricerca, informazione, interlocuzione e pressione istituzionale – denuncia ora l’associazione A Sud -. Ogni governo, questo compreso, è tenuto ad applicare i principi di coinvolgimento e partecipazione in particolare sulle politiche ambientali. I fatti di ieri non contribuiscono a questa finalità e, anzi, si pongono in direzione contraria”.

I rappresentanti delle altre organizzazioni invitate all’incontro si sono uniti nel denunciare l’accaduto: “Da tempo lamentiamo il progressivo restringimento degli spazi di collaborazione tra istituzioni e società civile – ha detto Federico Anghelé di The Good Lobby -. Si aggiunge, in questo caso, la totale discrezionalità della decisione assunta e la volontà di colpire la società civile”. Anna Gerometta, di Cittadini per l’aria, chiede “che si dia trasparenza alle ragioni dell’accaduto”, mentre Francesco Romizi, ISDE – Medici per l’Ambiente, ha esortato le “istituzioni a proteggere il diritto alla libera espressione e a garantire che le voci di chi si dedica a questi settori cruciali”. Il timore è che “questa decisione sia legata all’impegno di A Sud, assieme anche a ISDE, contro il Governo per la sua inadempienza nei confronti degli effetti dei cambiamenti climatici”.

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