Il nuovo ordine di evacuazione arrivato dall’esercito israeliano e diretto alla popolazione dei quartieri orientali di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, ha gettato nella disperazione centinaia di migliaia di persone, già sfollate più volte dalle loro case o dai loro rifugi. Tanti avevano riposto le loro speranza dei colloqui al Cairo. “Speravamo che qualcosa potesse accadere nelle trattative per il cessate il fuoco, che finalmente potesse arrivare un po’ di pace” racconta un’operatrice Oxfam a Gaza, in una testimonianza audio. “E invece è arrivato un nuovo ordine di lasciare le proprie case. Vedo le persone che smontano le tende nella disperazione e nell’incertezza di dove andare. Corrono per le strade, alcuni sui camioncini, alcuni sui carretti degli asini”. A Rafah si è rifugiato un milione e mezzo di persone, che lì vivono in condizioni drammatiche e precarie. Ora le forze israeliane hanno chiesto loro l’ennesimo spostamento in una zona umanitaria ampliata nelle aree di al-Mawasi e Khan Younis. “E ora dove dobbiamo andare? La gente è scioccata e disperata

Il racconto Voci di Gaza fa parte di una serie di testimonianze raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.

LA PETIZIONE – Oxfam ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) per “fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.

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