“Molti del Pd firmeranno così come altri non lo faranno. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei far diversamente, visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”. Dalla Festa dell’Unità di Vecchiazzano, a Forlì, la segretaria dem Elly Schlein ufficializza di voler sottoscrivere la raccolta firme promossa dalla Cgil per il referendum abrogativo del Jobs Act. Una presa di posizione netta dopo le aperture dei giorni scorsi, che però provoca reazioni indignate da parte di renziani e “riformisti” del Pd: la riforma del mercato del lavoro in senso liberista, infatti, è uno dei provvedimenti qualificanti del governo Renzi, di cui facevano parte molti degli attuali colonnelli del Nazareno (Paolo Gentiloni, Andrea Orlando, Dario Franceschini, Graziano Delrio).

E proprio un’ex ministra di quell’esecutivo, Marianna Madia, condanna la scelta di Schlein, sottolineando in particolare come il “coming out” della segretaria arrivi dopo quello del leader M5s Giuseppe Conte: “Se proprio voleva fare questa forzatura poteva farlo prima di Conte. Rimango contraria. In molti come me”, dice all’Ansa. Critico anche Piero De Luca, coordinatore dell’area che fa riferimento a Stefano Bonaccini, sfidante sconfitto di Schlein alle primarie: “Noi abbiamo sempre considerato più utile guardare avanti e concentrarci sulle cose utili a migliorare le condizioni dei lavoratori, specie dei giovani, per esempio la proposta sul salario minimo che condividiamo pienamente. Mi sembra più proficuo elaborare idee e proposte in positivo, semmai unendo tutto il partito, anziché procedere guardando allo specchietto retrovisore“, dice.

Infieriscono invece gli esponenti di Italia viva, usciti dal Pd nel 2019 per seguire Renzi: “La scelta di Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil contro il Jobs Act certifica ufficialmente il compimento definitivo della deriva grillino-populista del Pd, un partito snaturato che ha perso completamente la vocazione originaria”, attacca la coordinatrice Raffaella Paita. “Per questo dovrebbe cambiare nome e diventare un nuovo Movimento 5 stelle. Se i riformisti del Pd non battono un colpo adesso significa che quell’area non esiste più”. “Elly Schlein è la segretaria del Pd, non una passante. Se firma i referendum della Cgil contro il Jobs Act pone fine alla storia riformista di quel partito e ne comincia un’altra di segno opposto, che la omologa al M5s e a un’idea assistenzialista delle politiche del lavoro in questo Paese”, scrive invece il capogruppo alla Camera Davide Faraone.

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