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Caso Scurati, parla l’ad Rai Sergio: ‘Non finisce qui, chi sbaglia paga. Non lo avrei censurato, avrei chiesto a Bortone un riequilibrio’

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Roberto Sergio rompe il silenzio. Dopo un sabato senza proferire parola sul caso Scurati che ha scosso viale Mazzini, con il monologo dello scrittore sul 25 aprile fatto saltare all’ultimo dal programma di Serena Bortone su Rai3, l’amministratore delegato Rai ha deciso di dire la sua. Parlando con La Stampa dal treno, Sergio, sembra infuriato. Proprio lui, solo pochi mesi fa, era finito al centro delle polemiche per aver fatto leggere un comunicato a Mara Venier, al termine di Domenica In, in contrapposizione alle parole di Ghali su Israele e Palestina.

Sottolineando di non essere stato messo al corrente “di quanto accaduto o stava accadendo”, Sergio promette: “Questa questione, quello che è accaduto, non può finire qui…”. L’amministratore delegato ha chiesto per lunedì “una relazione” e, dice, “saranno presi provvedimenti drastici”. È “surreale, surreale come sia potuto accadere”, continua parlando con il quotidiano torinese, “è necessario approfondire e dare risposte. Chi ha sbagliato paga“.

Dello stop al monologo scritto dallo scrittore in occasione del 25 aprile, “nessuno mi ha informato“. Anche Sergio, come i telespettatori e i giornalisti, ha appreso del “caso Scurati dal post che la giornalista Serena Bortone e ha pubblicato sui profili social”. Quel che è certo è che per l’ad “si doveva agire diversamente“. L’amministratore delegato sembra sposare la ricostruzione dell’azienda, ribadita anche da Giorgia Meloni nel post con cui ha deciso di rispondere personalmente del caso nato in Rai, ma sconfessata dallo scrittore. Ma sottolinea: “Possiamo anche discutere sulla richiesta di 1800 euro per un minuto in trasmissione, se fosse esagerata o meno o non compatibile con gli standard Rai, e quindi anche eticamente inaccettabile, ma certamente non lo avrei censurato“. Cosa avrebbe fatto lui? “Io lo avrei mandato in onda e avrei chiesto a Serena Bortone, nel caso fosse stato necessario – prosegue – un riequilibrio ai sensi della normativa che disciplina la par condicio”.

Secondo l’amministratore delegato, però, la Rai più che “carnefice” è vittima. Di cosa? “Di una guerra politica, quotidiana, con l’obiettivo di distruggerla”. Non si capisce bene, però, chi voglia distruggerla e, a domanda de La Stampa, Sergio non fa nomi. Quello che fa, invece, è allontanare ogni “sospetto” dal governo Meloni: “Io – assicura – non ho mai ricevuto interventi o telefonate dalla maggioranza di governo per condizionare scelte su programmi, conduttori o argomenti di qualunque genere”. Sarà vero?

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