In Tunisia il presidente Kais Saied continua la repressione del dissenso. Alla vigilia della visita della premier italiana Giorgia Meloni, per discutere quello che ha definito un “nuovo approccio” all’immigrazione irregolare e alla cooperazione economica, il Comitato di difesa dei detenuti politici ha promesso di citare in giudizio il capo dello Stato e i suoi funzionari per la detenzione arbitraria di oltre cinquanta esponenti dell’opposizione. In una conferenza stampa del 16 aprile, Islem Hamza, un membro del comitato, ha dichiarato che “dopo 14 mesi di detenzione, le persone arrestate con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato non hanno avuto alcuna prova contro di loro. Tuttavia le autorità insistono per tenerli in prigione”. Il caso a cui fa riferimento il comitato è iniziato il 10 febbraio 2023, quando l’Unità nazionale antiterrorismo e criminalità organizzata ha inviato una lettera di una sola frase a Leila Jaffel, ministro della Giustizia, sostenendo che “alcuni individui stavano cospirando contro la sicurezza dello Stato”. Dopo più di un anno, l’indagine sui 52 accusati si è conclusa il 16 aprile. Contro quaranta le accuse sono state accolte, mentre sono state reiterate per 12 di loro. Tra gli arrestati ci sono attivisti e personaggi politici Khayam Al-Turki, ex vice segretario generale del partito socialdemocratico Ettakatol, Issam Chebbi, leader del partito liberale Al Joumhouri e potenziale candidato dell’opposizione alle elezioni presidenziali di fine anno, e Jawhar Ben Mubarak, una delle figure di spicco del Fronte di Salvezza Nazionale nato dopo il colpo di mano di Saied del 25 luglio 2021.

Il 16 aprile era anche il primo anniversario dell’arresto del più importante prigioniero politico e leader dell’opposizione tunisina, Rached Ghannouchi. In quell’occasione si è formato un comitato internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla detenzione dell’82enne, ora il “prigioniero di coscienza più anziano del mondo arabo”. “Il suo presunto crimine? Un discorso durante un evento pubblico tenuto dal Fronte di Salvezza Nazionale dell’opposizione in cui ha criticato lo scioglimento del parlamento eletto, la sospensione delle istituzioni democratiche e l’interruzione illegittima della costituzione dal 25 luglio 2021”, ha affermato il comitato. Lo scorso febbraio, dopo quasi un anno di detenzione amministrativa, un tribunale tunisino ha condannato il leader di Ennahda a tre anni di prigione con l’accusa che il suo partito (di orientamento islamista moderato) avesse ricevuto finanziamenti esteri.

La repressione di Saied non si limita però all’opposizione politica. Secondo il sindacato nazionale dei giornalisti tunisini (Snjt), circa 20 giornalisti stanno attualmente affrontando accuse legali che secondo la sigla sindacale sono legate al loro lavoro. L’ultimo caso è quello del giornalista critico del regime presidenziale, Mohamed Boughalleb, che il 17 aprile è stato condannato a sei mesi di prigione per aver criticato sui social media un funzionario pubblico, accusandolo di “corruzione e spreco di risorse pubbliche”. Uno degli avvocati del giornalista ha spiegato che “Mohamed Boughalleb sta pagando per aver esercitato la sua libertà di espressione” mentre Zied Dabbar, presidente del Snjt, ha affermato che l’incidente “non è altro che l’ultimo tentativo di intimidire e mettere la museruola ai giornalisti sfruttando l’apparato statale”.

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