Il presidente di Amiu Puglia, la società partecipata che gestisce la raccolta di rifiuti a Bari e a Foggia, si è dimesso dopo essere stato rinviato a giudizio nell’ambito di un procedimento per false comunicazioni sociali legato alla sua precedente professione di commercialista. Paolo Pate è imputato perché – è l’accusa – avrebbe “prestato la sua attività professionale di commercialista intermediario, abilitato alla trasmissione all’Agenzia delle entrate e al Registro delle imprese, di due scritture private di cessioni di quote di srl avvenute fra febbraio e aprile 2018”. La decisione delle dimissioni è stata presa, ha spiegato Pate, anche alla luce “del clima politico sorto nelle ultime settimane”. Il presidente di Amiu, dunque, ha preso questa decisione – ha spiegato – a prescindere dal fatto che l’inchiesta non riguarda il ruolo nella partecipata e che il reato contestato “non è contenuto nell’elenco della Carta di Pisa, che avrebbe dovuto impegnarmi a rassegnare le mie dimissioni in caso di rinvio a giudizio”. In questo modo, dice ancora Pate, vuole evitare di mettere “in imbarazzo le amministrazioni comunali di Bari e Foggia”. Pate ha ricordato tra l’altro che la Procura aveva chiesto il non luogo a procedere. Pate ribadisce che in sede di dibattimento avrà “finalmente modo di dimostrare l’estraneità alle condotte” contestate dai magistrati.

La gup Angela De Santis non ha accolto la richiesta di proscioglimento e ha rinviato a giudizio tutti gli imputati. Con Pate ci sono Marco e Alceste Cavallari, figli dell’ex “re Mida” delle case di cura baresi Francesco, morto a Santo Domingo nel 2021. Il secondo dei due ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato e la sua posizione sarà discussa il 4 giugno. Marco Cavallari è stato invece prosciolto dall’accusa di sostituzione di persona “perché gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”, come si legge dalla sentenza della gup. Il processo a Pate e ai fratelli Cavalleri si aprirà il 2 maggio.

I fatti contestati a Pate e Cavallari risalgono al 2018, le indagini partirono dopo la denuncia della ex moglie di Alceste, Simona Zizzo Di Paolo, che sosteneva di essere stata di fatto esclusa dalle srl Simafin e Cafin di cui erano amministratori unici rispettivamente Alceste e Marco. Secondo l’accusa, i fratelli Cavallari (per “conseguire un ingiusto profitto”, scrive il pm Marcello Quercia) avrebbero formato “due distinte ‘scritture private di compravendita tra le parti di quota di srl'”. Con la prima, avrebbero fatto “risultare fittiziamente che la socia” Zizzo Di Paolo “cedeva a titolo oneroso il 50% delle proprie quote della Cafin srl” a Marco Cavallari, “ad insaputa e con la firma apocrifa della stessa”, rendendolo così socio unico al 100%. Con la seconda, invece, avrebbero fatto risultare la cessione da parte di Marco ad Alceste del 50% delle quote Simafin, “ad insaputa della consocia” Zizzo Di Paolo “ed attestando falsamente la rinuncia della stessa alla prelazione prevista per legge”. Operazioni comunicate al pubblico, all’Agenzia delle entrate e al Registro delle imprese da Pate, all’epoca commercialista della Simafin e consulente della Cafin. Nel corso dell’udienza di ieri, il consulente nominato dal tribunale ha riconosciuto in Alceste Cavallari l’autore di quelle firme false. Ed era stato lo stesso Cavallari ad ammettere il fatto nel corso dell’udienza precedente, rilasciando dichiarazioni spontanee.

A commentare il rinvio a giudizio di Pate è stata Forza Italia e in particolare Mauro D’Attis, uno dei parlamentari dai quali è partita la richiesta di commissariamento del Comune di Bari. “Noi siamo garantisti, perciò non commentiamo il rinvio a giudizio del presidente dell’Amiu che si è dimesso oggi” dice D’Attis prima di scegliere proprio oggi, giorno del rinvio a giudizio, come momento per ricordare il “suo attivismo politico” come lo definisce. “Il 24 marzo scorso – ricorda il parlamentare berlusconiano – l’ormai ex presidente partecipava da protagonista alla presentazione di una lista a sostegno della candidatura di Vito Leccese (il candidato sindaco del Pd, ndr) assieme al sindaco di Bari Antonio Decaro. Tutto ciò mentre le municipalizzate baresi sono sotto verifica e una di loro è commissariata per infiltrazioni mafiose. Questo, per noi, è grave e meritevole di approfondimento”.

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