Gli Assistenti per l’autonomia e la comunicazione o Oepac, come li chiamano a Roma, sono un caso a dir poco scomodo per la politica. La legge che li ha istituiti, la 104 del 1992, li ha messi in carico agli enti locali, che hanno l’obbligo di erogare il servizio, ma non hanno il riferimento di una figura professionale ben definita con tanto di contratto collettivo nazionale e meno che mai hanno una dotazione economica cui attingere per coprire tutti i costi del servizio. Tanto che non tutti i comuni d’Italia lo erogano, pur essendo tenuti a farlo per legge.

Figuriamoci assumere direttamente gli operatori, come vorrebbe la Cub che da tempo chiede di internalizzare il servizio. Per esempio il comune di Roma, dove gli operatori in servizio sono circa 4mila, spende per gli Oepac circa 90 milioni di euro l’anno, e ne riceve indietro dallo Stato solo 4, somma che equivale a mezz’ora a settimana di assistenza in classe ai bambini disabili. “Un contributo ridicolo”, lo aveva definito lo scorso autunno una nota degli assessorati preposti del Campidoglio. Dove si sottolinea che l’internalizzazione è impossibile, a causa dei vincoli di bilancio che impediscono all’ente di assumere 4mila persone.

Il tema è da tempo sul tavolo dell’Anci, l’associazione dei sindaci. Il problema è grosso: il servizio è importante, delicato e obbligatorio, eppure non viene erogato da tutti i comuni (e regioni). Questi ultimi vorrebbero delle indicazioni più chiare e soprattutto più soldi. Oppure vorrebbero che fosse lo Stato ad assumere direttamente gli operatori inserendoli nell’organico della scuola.

In effetti da un paio d’anni, è in gestazione una legge che punta all’internalizzazione nell’organico del ministero dell’Istruzione “del profilo professionale dell’assistente all’autonomia e comunicazione, anche diversamente denominato”. A promuoverla la senatrice Carmela Bucalo (Fdi) che spiega di aver presentato la proposta di legge sul finire del governo Draghi e di aver riavviato l’iter con il nuovo governo. “Questa legge è molto importate, è sentita in tutta l’Italia sia dalle famiglie, perché è un servizio che in tutto il Paese o non c’è o c’è male, sia dai lavoratori che si trovano in una condizione veramente bistrattata, non hanno nessuna garanzia sotto tutti i punti di vista – sintetizza a ilfattoquotidiano.it -. Abbiamo terminato le audizioni e iniziato a sentirci con i vari Ministeri, soprattutto con il ministero dell’Istruzione e con quello per le Disabilità per individuare la veste giuridica di queste figure professionali”.

Innanzitutto il lavoro sarà quello di unificare le caratteristiche professionali dell’operatore, visto che ogni regione fa a modo suo e non ci sono degli standard nazionali, né contrattuali, né in tema di competenze e funzioni. “Queste figure non vogliono assolutamente sostituire la figura del docente di sostegno: entrambe sono fondamentali e inderogabili e loro sono un collegamento per la vera inclusione dei ragazzi con disabilitò all’interno delle classe”, sottolinea. Una volta individuata la figura professionale conferendole una veste giuridica, si potrà selezionare il contratto collettivo più adatto.

Il lavoro va piano perché qualcuno è contrario? “Niente affatto. C’è una grande condivisione politica, ma è un lavoro abbastanza complesso visto che in questi anni ogni ente locale ha gestito le cose come ha voluto o potuto e quindi c’è una confusione sulla gestione e la definizione delle varie figure”, rassicura la senatrice siciliana, senza dimenticare che bisogna pensare anche alle coperture finanziarie del servizio. “Non è possibile che un diritto sacrosanto si debba ottenere ricorrendo ai tribunali – conclude -. Non tutti hanno la disponibilità economica e culturale per arrivarci. Ma anche i sindaci e i lavoratori vanno garantiti”. In altre parole, per dirla con la Cub, “le iniziative degli Oepac sono lotte per la civiltà nel lavoro e per la tutela dei diritti di ogni alunna/o con handicap: lo Stato deve svolgere la sua funzione di tutela dei diritti di coloro che lavorano e di quelli che hanno esigenze “speciali” e bisogni particolari”.

L’interesse condiviso per gli assistenti alla comunicazione, del resto, è testimoniato dalla presenza di altre proposte di legge in materia. Il 3 luglio 2023 Alleanza Verdi a Sinistra ha presentato alla Camera una proposta di legge a prima firma dell’onorevole Francesca Ghirra, che il 24 novembre è stata assegnata alle Commissioni riunite VII Cultura e XI Lavoro. Il testo definisce l’assistente per l’autonomia e la comunicazione “un tecnico fondamentale per l’inclusione”. Per espressa dichiarazione, parte da una riflessione “sulle proposte di legge depositate alla Camera dei Deputati nella XVIII Legislatura” e “integra e mette a sistema la necessità di istituire il profilo professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione con le misure di tutela e stabilizzazione di tutte/i le/i professioniste/i che in questi anni si sono dedicati all’assistenza delle/degli studenti più fragili e bisognosi”. La proposta ricorda, tra l’altro, che la Conferenza Stato Regioni avrebbe dovuto per legge individuare entro marzo del 2020 “i criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali” degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione personale”, determinandolo in sede di Conferenza unificata entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del Dlgs. n. 96/2019, cioè entro sei mesi dal 12 settembre 2019, quando la presidenza della Conferenza era in mano a Stefano Bonaccini (Pd) e il ministero competente era guidato da Francesco Boccia (Pd). Tuttavia “tale intesa non è ancora stata raggiunta”. Quanto al testo, i proponenti intendono in pratica, e in estrema sintesi, “trasformare gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione da “figure speciali”, atte a compensare le criticità di un sistema scolastico poco flessibile, a coprotagonisti dell’inclusione scolastica di alunni e alunne con disabilità, valorizzandone il ruolo e consentendo a tutte e tutti gli operatori stabilità contrattuale e retributiva, introducendo nell’organico del personale scolastico la figura dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione come figura fondamentale per garantire l’effettivo processo di inclusione scolastica degli alunni con disabilità”. Prevedendo, tra il resto, delle misure di salvaguardia per chi ha già svolto questa attività “per 36 mesi, anche non continuativi”.

Segue cronologicamente di poco la proposta in materia del Movimento 5 Stelle, che è stata presentata alla Camera il 31 luglio del 2023 a firma Amato, Caramiello, Carmina, Cherchi, Fede e Pavanelli e che è stata assegnata alle Commissioni riunite VII Cultura e XI Lavoro il 16 novembre scorso. Nel testo si sottolinea tra il resto come “l’esternalizzazione di un servizio scolastico essenziale, obbligatorio e universalistico, unitamente al meccanismo, di fatto, di intermediazione di manodopera qualificata, ha determinato un sistema di precariato assistenziale e lavorativo, con un aggravio di risorse economiche a carico degli enti territoriali”. Sul fronte degli operatori, notano i proponenti, questo significa anche che “in presenza di determinate situazioni (assenza dell’alunno per malattia, vacanze natalizie o pasquali, scioperi dei docenti, eccetera) al lavoratore non è assicurato alcun compenso”. Su quello degli utenti, succede invece che “a causa dei continui tagli delle risorse destinate agli enti locali, sia i comuni sia le regioni non riescono ad assicurare il servizio di assistenza per l’autonomia e la comunicazione dall’inizio dell’anno scolastico o sono spesso costretti a diminuire le ore di assistenza, con ripercussioni pesantissime sul processo di inclusione degli alunni con disabilità e sulle loro famiglie, indotte in più di una occasione a dover adire le vie legali per veder riconosciuti i diritti dei loro cari”.

Aggiornato dall’autrice l’8 aprile 2024

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