I vertici delle forze armate brasiliane incastrano l’ex presidente Jair Bolsonaro posizionandolo sulla scena del crimine e descrivendolo come il vero tessitore della trama golpista che puntava a impedire l’insediamento di Luiz Inacio Lula da Silva dopo la sua vittoria alle elezioni dell’ottobre 2022. I retroscena che affiorano dalle deposizioni degli ex comandanti di esercito ed aeronautica, sentiti come testimoni, lasciano pochi dubbi sulla “partecipazione effettiva” di Bolsonaro al tentato colpo di Stato, sfumato proprio per la mancanza di sostegno dei militari e sfociato nell’invasione di Corte suprema, Parlamento e sede presidenziale l’8 gennaio 2023. A quanto pare, solo l’ultimo di una serie di tentativi di generare il caos che coinvolgono l’ex capo dello Stato, ormai già riparato negli Stati Uniti.

Le rivelazioni contenute nei verbali della polizia federale, desecretati dalla Corte suprema, sono illuminanti. Nel corso della sua deposizione, l’ex comandante generale dell’esercito Marco Antonio Freire Gomes ha raccontato di aver partecipato – insieme ai suoi pari di Aeronautica e Marina – a due incontri in cui Bolsonaro presentò il progetto di un decreto che istituiva lo “stato di difesa” presso il Tribunale superiore elettorale. Un’azione per cui, già mesi prima delle elezioni, Bolsonaro e la rete dei suoi sostenitori preparavano il terreno con una campagna diffamatoria basata sulla diffusione di fake news che denunciavano da un lato la vulnerabilità delle urne elettroniche e dall’altra la volontà della magistratura di condizionare le elezioni a sfavore di Bolsonaro. Il documento creava una “commissione per la regolarità del processo elettorale” composta da militari, che aveva il compito di “indagare sulla conformità e legalità del processo elettorale”, messo costantemente in dubbio dal presidente uscente. Il documento presentava gli stessi contenuti della bozza sequestrata a gennaio scorso dalla polizia a casa dell’ex ministro della giustizia Aderson Torres, in occasione del suo arresto. Ministro che era tra i presenti agli incontri di Bolsonaro con i vertici militari.

La proposta, tuttavia, aveva incontrato la ferma opposizione dei vertici militari, tanto che, nel corso di un incontro, Freire Gomes era arrivato a minacciare di arrestare Bolsonaro nel caso in cui avesse deciso di andare avanti con il piano perché sovversivo e palesemente illegale. “Ho sempre messo in chiaro che l’esercito non avrebbe partecipato a niente del genere”. Opposizione ferma rispetto alle intenzioni golpiste era stata manifestata anche dall’allora comandante dell’aeronautica militare, Carlos Almeida Baptista Júnior, secondo cui “nonostante l’iniziativa si basasse su istituti giuridici previsti dalla Costituzione come la Garanzia di legge e ordine (Glo), il decreto di stato di difesa o stato d’assedio, non essendo giustificati, si riducevano ad “attacchi al regime democratico”. Differente la posizione dell’allora comandante della Marina, Almir Garnier Santos, che aveva immediatamente “messo le truppe a disposizione” di Bolsonaro. E’ stato anche l’unico militare a rimanere in silenzio nel corso dell’interrogatorio con gli inquirenti.

Le dichiarazioni dei militari travolgono la strategia di difesa dell’ex presidente. Dopo il ritrovamento della bozza a casa di Torres, Bolsonaro dichiarò infatti in diverse occasioni di non esser mai stato a conoscenza di un simile piano. Le dichiarazioni dei comandanti, inoltre, convergono con quelle dell’ex aiutante di campo di Bolsonaro, il tenente colonnello Mauro Cid che da mesi – dopo il suo arresto – collabora con la giustizia fornendo le prove che hanno portato ad allargare sempre più l’inchiesta. Oltre che fornire linfa a tutte le altre investigazioni in corso sull’ex capitano.

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