I disturbi alimentari (Dca) si manifestano con un’incidenza allarmante e un esordio sempre più precoce. Ed è per questo che la Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla rappresenta un’occasione importante per accendere i riflettori della consapevolezza sul tema. A lanciare, ancora una volta, l’allarme è la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza (Sinpia): questi disturbi stanno diventando una vera e propria emergenza sanitaria pubblica, affliggendo in particolare le adolescenti tra i 12 e i 17 anni, ma toccando anche i bambini dagli 8-9 anni. L’ombra dei social network, con il loro potere di diffusione di canoni estetici irrealistici e pericolosi, preoccupa a tal punto che recentemente, in Commissione Sanità al Senato, è partito l’esame di un disegno di legge per colpire chi istiga i giovani a comportamenti nocivi che possono indurre a disturbi alimentari, con pene severe che vanno dalle multe fino al carcere. Abbiamo chiesto un parere sull’aumento di questi fenomeni alla dottoressa Elisa Valteroni, psicologa-psicoterapeuta e ricercatrice affiliata al Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo di cui coordina l’Unità clinica per i disturbi alimentari (autrice insieme a Giorgio Nardone del libro L’anoressia giovanile. Una terapia efficace ed efficiente per i disturbi alimentari, Ediz. Ponte alle Grazie).

Il parere dell’esperta
“I disturbi dell’alimentazione, come anoressia, bulimia e binge eating, nel corso degli ultimi anni rappresentano purtroppo un fenomeno in ascesa. Un dato riscontrato anche presso il nostro Centro”, spiega Valteroni.

Quali sono i dati da mettere in evidenza?
“Dalle ricerche emerge un incremento di giovanissime pazienti ricoverate per anoressia o bisognose di cure ambulatoriali a causa del disturbo alimentare, oltre che una recrudescenza dei sintomi in pazienti con pregressa diagnosi di questi disturbi. Ricordo che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’anoressia costituisce la seconda causa di morte nella popolazione femminile giovanile dei Paesi occidentali tra i 12 e i 25 anni. Studi di revisione sui disturbi alimentari riportano che tra il 5,5 e il 17,9% delle giovani donne e tra lo 0,6% e il 2,4% dei giovani uomini hanno sperimentato un disordine alimentare nella prima età adulta. Inoltre, recenti ricerche provenienti dall’Europa Orientale, dall’Asia e dall’America Latina evidenziano dati di prevalenza simile. Si riscontra, inoltre, un abbassamento dell’età di insorgenza (tra i 9 e gli 11 anni) e un incremento del numero di giovanissimi maschi con un disturbo alimentare”.

Quanto conta il tempo sui social

Come abbiamo visto, i disturbi alimentari oggi sono indotti anche dall’esempio di influencer o da tendenze diffuse sui social.
“Posso confermarlo con la mia esperienza quotidiana e di quella dei collaboratori dell’Istituto. In effetti, stiamo riscontrando che alcuni trend diffusi dai social giocano un ruolo sempre più rilevante sia nel concorrere all’insorgenza di questi disturbi, sia nel loro mantenimento e aggravamento. Un dato in linea con le evidenze delle ricerche internazionali più recenti sul tema”.

Che cosa indicano precisamente?
“Che più aumenta il tempo impiegato in attività sui social, come la condivisione di foto, la visualizzazione o il commento di immagini di corpi, più aumentano in modo significativo sia l’insoddisfazione per la propria immagine corporea e il proprio peso, sia la spinta a ricercare uno stato di magrezza e di comportamenti di monitoraggio del proprio corpo. Peraltro, tra i pazienti con disturbi alimentari vi è una tendenza a utilizzare i social in una modalità che rinforza il disturbo stesso; in altre parole, non sono privilegiate attività di ricerca di supporto sociale, quanto di visualizzazione e confronto con corpi di contenuti thinspiration, ovvero quelli che promuovono l’ideale sottile di un corpo e incoraggiano a resistere alla fame”.

La perfezione del corpo

Anche nella ricerca di una perfezione estetica si nasconde l’insidia di un disturbo alimentare?
“Certo, questa ricerca è tra i fattori psicologici di comparsa e mantenimento di un disturbo alimentare. L’insidia si nasconde nel fatto che inizialmente il tentativo di rendersi più gradevoli esteticamente con la perdita di peso e/o l’attività motoria sembra produrre i risultati desiderati di maggior soddisfazione dell’immagine corporea, di sentirsi più sicuri nelle relazioni con gli altri, nell’autocontrollo e autoefficacia. Peraltro, questi primi tentativi sono avallati e rinforzati socialmente dalle famiglie stesse (pensiamo a un adolescente sedentario che inizia a fare sport; o a uno in sovrappeso o con alimentazione sregolata che si appresta a seguire un regime alimentare più morigerato) e dal gruppo di amici. Certo, non tutti coloro che seguono una dieta o che praticano sport sviluppano un disturbo alimentare, ma la maggioranza di coloro che hanno questo tipo di disturbo ha iniziato a controllare il cibo e a praticare attività motoria come espedienti per migliorare il proprio aspetto estetico”.

Che cosa rende così insidioso l’esempio dei social nel “determinare” un disturbo alimentare?
“I social forniscono un modello idealizzato che sembra funzionare per incrementare l’autostima e anche nella ricerca di approvazione e desiderabilità sociale. Fornisce una sorta di riduttore di complessità. In pratica, ottenere un minor peso, un corpo esile e scolpito equivale a sentirsi di valere di più. Inoltre, tra i 12 e i 16 anni aumenta l’influenza del gruppo degli amici rispetto a quella della famiglia e quest’ultima diventa così disarmata nel tentativo di fronteggiare i messaggi disfunzionali dei social”.

Segnali di riconoscimento

Quali segnali si possono cogliere prima che diventi un disturbo più grave?
“Un atteggiamento rigido rispetto all’alimentazione. Si scelgono solo certi cibi e non altri, secondo quantità da consumare ben precise e in modalità di consumo determinate (orari, luogo, presenza o assenza di specifiche persone); una tendenza alla rinuncia a stare con gli altri o a vincolarla a particolari condizioni: per esempio, in base alla percezione di non aver messo su peso o alla dettagliata conoscenza del tipo di cibo che sarà disponibile in quell’occasione sociale particolare. E poi, è importante notare se ci sono cambiamenti nell’espressione delle emozioni, con maggiore irascibilità soprattutto in relazione al deviare dalle abitudini alimentari e attività motorie; se la persona tende con gli altri a confrontare il proprio corpo, chiedendo ripetutamente anche ai genitori se si è magri o se alcune zone del corpo sono grosse, o più grosse di quelle degli amici o rispetto ad alcune immagini pubblicate sui social”.

Che cosa si può fare per prevenire questo fenomeno?
“I risultati internazionali sui programmi preventivi non sono univoci e sono necessari ulteriori studi per comprendere come meglio attuare strategie di prevenzione e promozione della salute. Dall’esperienza clinica e dalle ricerche si evince però l’esigenza di agire su una ristrutturazione dell’uso e dei contenuti social”.

Terapie

Come aiutare a uscire da un disturbo alimentare?
“I disturbi alimentari sono patologie psicologiche per cui il trattamento di elezione è psicoterapico. Non si deve neppure sottovalutare però che coinvolgono dimensioni organiche (tutti i distretti corporei sono infatti colpiti) e nutrizionali che devono essere attentamente valutate e monitorate nel tempo dagli specialisti sanitari. Le principali linee guida nazionali e internazionali per gli adolescenti individuano nel trattamento ambulatoriale, con il coinvolgimento della famiglia, l’intervento da privilegiare e che ha miglior esito di cura e minor rischio di recidive”.

Nella vostra attività psicoterapica applicate il metodo “breve strategico”.
“Esatto. Il metodo si inserisce nel panorama delle psicoterapie sistemiche rivolgendosi sia all’adolescente che alla sua famiglia. In sintesi, miriamo al recupero e al mantenimento di un peso corporeo salutare attraverso un’alimentazione basata sul principio di fame/sazietà e su quello del piacere; nello stesso tempo, puntiamo allo sviluppo di una relazione più funzionale con l’immagine corporea, agendo sui fattori individuali (percettivi-emotivi, cognitivi e comportamentali) e familiari che contribuiscono al mantenimento e aggravamento del disturbo”.

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