Il processo per la morte della piccola Diana, spirata a 18 mesi di stenti, è alle battute finali. Venerdì in aula il perito nominato dalla Corte d’assise di Milano, che l’ha dichiarata “capace di intendere e di volere”, ha risposto alle domande della difesa e poi i giudici hanno raccolto la testimonianza del consulente della difesa che invece sostiene l’incapacità. La perizia era stata disposta dalla corte dopo lo scontro in aula tra accusa e difesa.

Il perito del giudici – Alessia Pifferi “sapeva entrare ed uscire dai rapporti” e in lei “ci sono tratti di dipendenza e inadeguatezza ma anche una grande capacità di resilienza, ci sono passaggi della vita in cui mostra una grande capacità di non mollare mai rispetto agli eventi avversi della sua vita – ha dichiarato lo psichiatra forense Elvezio Pirfo, perito della Corte d’assise di Milano – “Credo di aver detto che a mio avviso emergono due aspetti clinici su cui mettere l’attenzione: la dipendenza e la l’alessitemi (mancanza di empatia ndr)”. Sono “indiscutibili – ha concluso – ma che questo automaticamente configuri un disturbo che altera la capacità della persona di funzionare non è corretto”. Pifferi è imputata per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia, abbandonata nella casa di via Parea a Milano il 14 luglio 2022 e trovato morta di stenti e disidratazione sei giorni dopo.

“Anche ammesso che il test Wais fosse stato metodologicamente attendibile, e non lo è, non avrebbe determinato la possibilità in sé di dire che esisteva una disabilità intellettiva” ha risposto Pirfo alle domande dell’avvocato Alessia Pontenani, difensore della donna (nella foto con l’imputata). Il perito ha aggiunto che ciò che può negare “la disabilità intellettiva è il funzionamento che noi apprezziamo in una persona” e non il test psicodiagnostico che, tra l’altro, secondo il pm Francesco De Tommasi era stato somministrato dalle psicologhe del carcere – adesso indagate insieme al difensore per falso e favoreggiamento -, manipolando Pifferi.

Il consulente della difesa – “La signora comprende le domande, ma dobbiamo valutare anche quella che è la qualità delle risposte. La qualità è da disco rotto – ha dichiarato lo psichiatra Marco Garbarini, consulente della difesa – Guardando alla vita della signora Pifferi, come si fa a dire che non ci sia stata una compromissione del suo funzionamento in tutte le aree? Ha un funzionamento assolutamente menomato lo ha sempre avuto, fin da quando andava a scuola”. Rispondendo alle domande del difensore Alessia Pontenani e del pm Francesco De Tommasi (nella foto a sinistra), il consulente a anche sottolineato che le sue risultanze non sono state “così differenti” rispetto a quelle avute dal perito Elvezio Pirfo incaricato dalla Corte d’Assise di Milano, che ha stabilito la capacità di intendere e volere della donna. “La personalità, la funzionalità della signora Pifferi, come è stata descritta da me e dal perito, dal mio punto di vista non è così dissimile. La differenza è che io inserisco questo funzionamento in un disturbo dello sviluppo intellettivo che spiega come è la signora e giustifica quelli che sono stati i suoi comportamenti. Pirfo descrive le modalità di funzionamento ma non le attribuisce a un disturbo”. Alla domanda del pubblico ministero sull’attendibilità del test di Wais somministrato alla 38enne dalle psicologhe del carcere, il consulente ha risposto che “sì”, era attendibile, sottolineando che “è stato eseguito esclusivamente con finalità clinica e non con finalità di tipo psichiatrico forense”.

Verso la sentenza – La sentenza è attesa tra aprile e maggio. Secondo il calendario fissato dalla Corte di Assise di Milano, nell’udienza del 12 aprile comincerà la discussione delle parti e, se i tempi lo consentiranno, i giudici potrebbero già ritirarsi in camera di consiglio. L’avvocata Pontenani, intanto, ha chiesto di acquisire una lettera del parroco di Ponte Lambro, il quartiere in cui Pifferi viveva con la figlia di 18 mesi. Il prete parla di “una bambina non cresciuta” e di una “tragedia annunciata”.

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