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Ultimo aggiornamento: 17:30 del 29 Febbraio 2024

Assange, Negri: “Abbiamo un obbligo morale e professionale verso di lui. Gli Usa si accaniscono perché vogliono un capro espiatorio”

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“Come inviato di guerra per tanti anni per il Sole 24 Ore, sono stato in Afghanistan, in Iraq e in tanti posti dove Wikileaks, fondata da Assange nel 2005, portava delle informazioni. Credo che in quel decennio quasi nessuno di noi inviati di guerra abbia scritto un pezzo senza aver attinto almeno una volta alle informazioni di Wikileaks, che ci illuminava sulla situazione che avevamo di fronte. C’è quindi un obbligo morale e professionale per tutti coloro che sono e sono stati inviati di guerra: quello di avere più di un occhio di riguardo sulla vicenda di Julian Assange“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Effetto Giorno (Radio24) dall’editorialista del Manifesto Alberto Negri sulla vicenda di Julian Assange, il cofondatore di Wikileaks che dal 2019 si trova nel carcere di Belmarsh. I suoi legali si sono rivolti al tribunale inglese per ottenere una revisione del suo caso in modo da evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove è ricercato per aver violato il National Espionage Act.

Negri spiega: “Se dovesse andare male questo appello contro l’estradizione negli Stati Uniti, ci sarebbe un’ultimissima carta: un ricorso che va fatto entro 24 ore alla Corte europea di giustizia dei diritti umani. Sarebbe per Assange l’ultima chance per evitare l’estradizione negli Usa“.

E si sofferma sull’accanimento degli Usa: “Ricordo che ci sono dei precedenti: Assange è accusato di spionaggio, ma negli anni ’60-’70-’80 il New York Times, il Washington Post e diversi grandi giornali americani hanno pubblicato notizie riservate che erano state prese dai servizi segreti per dare luce su conflitti come quello del Vietnam e tanti altri ancora. E nessuno di questi giornalisti è stato mai condannato per spionaggio perché si faceva sempre riferimento alla doverosa libertà di stampa. E noi dobbiamo difenderla di stampa su tutti i fronti”.

Il giornalista sottolinea: “Quella di Assange è una delle situazioni peggiori che possano capitare: una democrazia si accanisce su una persona sola. Assange rischierebbe 175 anni di carcere se fosse estradato negli Usa. Ma perché ci si accanisce contro Assange? Perché c’è sempre bisogno del capro espiatorio. Diciamoci la verità, la politica americana in questi anni è stata piuttosto disastrosa in Medioriente. Siamo scappati via a gambe levate dall’Afghanistan nel 2021 – conclude – con quelle scene terrificanti e drammatiche che ricordiamo tutti. E non dimentichiamo che nel 2003 in Iraq fu portata dagli americani e dagli inglesi una guerra sulla scorta di armi di distruzione di massa, che non furono mai trovate. Probabilmente una delle più grandi fake news del secolo. E chi in qualche modo ha lottato contro queste fake news come Assange è diventato il capro espiatorio dei fallimenti politici di una superpotenza“.

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