Nulla da fare per Filippo Mosca, l’italiano di 29 anni detenuto da quasi nove mesi nel carcere di Porta Alba di Costanza in Romania, dopo una controversa condanna in primo grado a 8 anni e 6 mesi per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. È stata respinta dai giudici romeni la richiesta di arresti domiciliari. Il giovane, originario di Caltanissetta, era arrestato i primi di maggio dell’anno scorso. “Non hanno accettato la richiesta del nostro legale. Non nutrivo molte speranze” spiega al telefono la madre Ornella Matraxia che aveva denunciato le condizioni “inumane” della detenzione del figlio in carcere.

La fidanzata: “È a terra” – “Ci speravo tanto davvero ma un po’ ce lo aspettavamo. Ieri quando l’ho sentito al telefono mi diceva che non credeva di poter ottenere gli arresti domiciliari, in Romania non interessano a nessuno le condizioni di vita in carcere – spiega Claudia Crimi, 26 anni, fidanzata di Filippo – Ottenere gli arresti domiciliari sarebbe stato importante perché Filippo soffre di colon irritabile, ha bisogno di farmaci e di una dieta equilibrata. Là mangia malissimo e infatti sta male quasi ogni giorno”. Claudia e Filippo si sentono quotidianamente al telefono, perché è concesso al ragazzo di fare oltre un’ora di telefonate quotidianamente. “Il suo stato d’animo è a terra – sottolinea la fidanzata – posso immaginare come si sentirà dopo la notizia del rifiuto dei domiciliari. A volte con lui è difficile comunicare, al telefono di sono dei momenti di silenzio, vive il carcere come una sofferenza ed una ingiustizia”. Da qualche settimana Filippo Mosca è in cella con altri sei italiani, tra questi il suo amico Luca Cammalleri di Caltanissetta con il quale era partito, ma le condizioni igienico sanitarie delle celle sono sempre precarie.

La denuncia della madre – “Mio figlio vive in una cella di circa 30 mq con altri 24 detenuti, che hanno a disposizione un buco sul pavimento come bagno. Non bagno alla turca, ma buco, usato da tutti, sempre intasato e che non viene mai pulito. Le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco disastrose” aveva spiegato.

“Purtroppo, la giustizia in Romania funziona in questo modo, è come un muro di gomma, contro questo muro mi scontro da maggio. Sono molto triste e scoraggiata. Non mi aspettavo altro. Ma andremo avanti”, aggiunge Ornella Matraxia, che un’ora fa è atterrata a Catania, in arrivo da Londra dove vive con le altre due figlie, per raggiungere la madre a Caltanissetta, sua città d’origine. A Filippo Mosca è stato concesso di partecipare all’udienza in videoconferenza, ma i giudici hanno deciso dopo e quindi non conosce ancora l’esito. “Penso a mio figlio Filippo, che probabilmente ancora non lo sa – aggiunge la madre -. Non è facile dargli questa notizia e sarò io a dovergliela comunicare”.

Il caso è ovviamente noto anche al ministero degli Esteri con cui Ornella Matraxia è in costante contatto. “Porta Alba è una struttura fatiscente, fa molto freddo e non ho potuto portare nemmeno una coperta, perché serve una autorizzazione che a Filippo è stata negata. Mancano alimenti, igiene, assistenza sanitaria. È possibile fare la doccia una volta a settimana, quando c’è l’acqua che è solo fredda. E quando Filippo si lamenta la guardia gli dice: ‘Welcome in Romania’. Non c’è traccia di rispetto della dignità umana – aveva raccontato la donna – Sento Filippo ogni giorno ed è uno strazio, non posso essere lì a proteggerlo, è disperato, sono in ansia. Lui è lì dentro e io sono dentro con lui, è indescrivibile. Mi auguro che qualcuno ci aiuti. Non chiedo che mio figlio venga liberato, ma che gli vengano garantiti un processo equo e condizioni civili”.

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