La gelosia come “segno d’amore”, la condivisione di dispositivi e password come “prova d’amore”. E ancora, uno schiaffo ogni tanto che “può capitare”. Poi, facendo i conti, emerge che uno su cinque dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni ha o ha avuto una relazione intima dichiara di essere stato spaventato dal partner con atteggiamenti violenti, quali schiaffi, pugni, spinte, lancio di oggetti. E, infine, gli stereotipi: le ragazze piangono di più, si prendono più cura delle persone e si sacrificano per la relazione. Spesso lo dicono le ragazze stesse.

Il rapporto. Questa è solo una piccola parte del mondo dell’amore e delle relazioni di oggi tra online e vita reale dei ragazzi che hanno dai 14 ai 18 anni. A indagarlo è un sondaggio inedito realizzato da Save the Children in collaborazione con Ipsos e pubblicato nel rapporto “Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza”. I numeri, ma soprattutto le storie, tratteggiano fenomeni negativi con percentuali in alcuni casi sono ancora troppo e drammaticamente marcate. Al 26% degli adolescenti che hanno o hanno avuto una relazione, per dire, è capitato che il partner creasse un profilo social falso per controllarlo. L’11% di tutti gli intervistati (sono state effettuate 800 interviste) ha invece dichiarato che le proprie foto intime sono state condivise da altre persone senza il proprio consenso.

Gli schiaffi. Lo raccontano i ragazzi stessi. “Il 60-70% delle ragazze che comunque sono state fidanzate sicuro hanno preso uno schiaffo dal ragazzo – spiega Claudio, 19 anni, in una intervista – …perché io ho tante amiche che mi hanno detto che magari non da quello con cui stanno adesso ma da quello prima sì”. Ma anche Susanna, che ha 16 anni, racconta che una sua amica “stava insieme a questo ragazzo e per tanto tempo le alzava le mani e lei non lo lasciava”. Ognuno con una diversa reazione. “Io non posso farci più di tanto perché se una ragazza sta con un ragazzo nonostante lei prende botte sotto sotto a te piace perché sennò non posso comprenderla sta cosa – dice Claudio – vuol dire che un po’ ci stai anche tu, ecco”. Susanna sembra più titubante, apparentemente più empatica nei confronti di chi subisce, dice il rapporto: “Non lo so …ha paura…da un lato…di lui…non lo so sinceramente…scambia per amore ciò che non è”.

Le foto intime e il giudizio. “Girava una foto di una ragazza del nostro liceo…era arrivata in quasi tutti i gruppi classe della scuola – racconta un altro ragazzo -. Noi siamo rimasti cioè un pochettino basiti anche perché la foto cioè non era fatta di nascosto, ma era proprio la ragazza che si faceva un selfie…quindi sicuramente lei l’avrà inviata a qualcuno e poi quella persona l’avrà diffusa quindi…cioè…alla fine scelta di quella ragazza che ha fatto quella foto…quindi alla fine noi non è che…cioè abbiamo commentato più di tanto…però è sempre una brutta notizia vedersi arrivare una foto del genere”. Dietro, emerge l’ombra del giudizio e della colpevolizzazione nei confronti della “vittima”. Lo si legge anche tra le altre testimonianze. Roberto (15 anni), nel riferire di un episodio in cui l’ex della sua ragazza gli aveva inviato foto intime di lei per dargli fastidio, ha commentato: “Sono sbagli che si possono fare nella vita…non giudico le persone per il passato” nonostante lo scambio fosse avvenuto all’interno di una relazione di coppia. Eppure il passaparola ha altre dinamiche che conoscono bene: “Tempo fa – dice Sebastiano, 16 anni – mi hanno fatto sentire una storia di una ragazza che ha mandato delle foto al suo ragazzo, il suo ragazzo le ha fatte vedere ai suoi amici, i suoi amici le hanno mandate ovunque e la ragazza si è tolta la vita…”. O ancora: “Lui ha mandato una foto di sta qua in giro e i genitori di questa qua hanno fatto denuncia”; “C’era una foto di una ragazza…non ricordo neanche il nome…e appunto l’ha fatta girare questo ragazzo…forse su whatsapp”.

La violenza sessuale e il consenso. Un altro aspetto che non risparmia i giovanissimi riguarda la violenza sessuale e, anche in questo caso, la colpevolizzazione delle vittime. Per il 43%, se davvero una ragazza non vuole avere un rapporto sessuale con qualcuno, il modo di sottrarsi lo trova. Lo pensano di più i ragazzi (46%) ma anche le ragazze. Purtroppo, ancora il 29% degli adolescenti è molto o abbastanza d’accordo con l’opinione che le ragazze possono contribuire a provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire e di comportarsi, mentre il 24% pensa che se una ragazza non dice chiaramente “no” vuol dire che è disponibile al rapporto sessuale. Neanche con una grossa distanza percentuale: 26% tra i ragazzi e 21% tra le ragazze. Infine, il 21%, anche in questo caso senza differenza percentuale tra ragazze e ragazzi, è molto o abbastanza d’accordo con il fatto “che una ragazza, seppur sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o di alcol, sia comunque in grado di acconsentire o meno ad avere un rapporto sessuale” spiega il report. E infatti, se pure il 90% ritiene necessario chiederlo sempre anche all’interno di una relazione di coppia stabile, nella pratica il 36% ritiene di poter dare sempre per scontato il consenso della persona con cui si ha una relazione e il 48% ritiene che in una relazione intima sia difficile dire di no a richiesta del partner.

Il controllo. Qui entrano in gioco i social, quasi protagonisti di tentativi di controllo sull’altro e su una forma di violenza che va oltre quella fisica. “Le relazioni di oggi sono più violenza mentale che fisica…ad esempio il controllo sul partner…oppure sminuendola…insultandola – spiega Francesco, 18 anni -. Avevo questo mio amico…le stesse robe ma versione maschile…non poteva uscire con gli amici, non poteva venire al campetto, doveva uscire solo con lei, doveva chiamare solo lei, doveva seguire su Instagram solo lei”. Roberto (15 anni): “Magari uno che…anche con le parole…si può fare veramente del male solo per delle parole…che ne so la ragazza gli ha mandato una foto in intimo, questi due si lasciano e questo qua la fa girare cioè la ragazza ci potrebbe…è molto pericoloso”. Il 65% di ragazze e ragazzi che hanno avuto una relazione dichiara infatti di aver subìto dal partner almeno un comportamento di controllo, come la richiesta di non accettare contatti sui social (42%); di non uscire più con delle persone (40%); di poter controllare i propri profili sui social (39%); di non vestirsi in un determinato modo (32%); fino al sentirsi dire, in un momento di difficoltà, che il partner avrebbe commesso un gesto estremo facendosi del male (25%). Una percentuale quasi analoga di adolescenti (il 63% di chi ha o ha avuto una relazione) dichiara di aver praticato almeno uno di questi comportamenti di controllo nei confronti di altri.

I social. La gelosia corre sui social e spesso ha comportamenti codificati, che amplificano ogni dinamica e la portano all’estremo. Ecco cosa dice Francesco, 18 anni: “Se la ragazza vede che segui un’altra ragazza che magari le dà fastidio che mostra il fisico e tutte ‘ste robe automaticamente tu devi smettere di seguirla” dice Francesco, 18 anni. Anche Luca (17 anni) riferisce di aver fatto la medesima esperienza nella sua coppia: “Appena mi ci vedevo la prima cosa che lei faceva era prendere il mio telefono perché comunque non lo so, non aveva molta fiducia di me…mi controllava Whatsapp Instagram Facebook, telefonate messaggi tutto”. Roberto ha invece 15 anni: “Su Instagram c’è la possibilità di scambiarsi l’account, no? E tipo lei ha il mio account e io ho il suo account…comunque ce l’ho anch’io il mio account…però tipo anche lei ha il mio account e se mi arrivano dei messaggi lei li vede e può anche rispondere…” Infine Claudio, 19 anni, racconta di un suo amico: “Ogni volta che andava a fare serata la sua tipa sapeva tutto, foto video tutto quanto e infatti lui era sempre lì che non capiva…o per esempio una mia amica per controllare il suo ragazzo più volte è andata su Insta ha cercato il tag del locale, l’hashtag, e ha trovato le storie del locale e tutte ste robe qua…vedeva i video e ste robe qua…cioè è figo, è comodo per sapere qualsiasi roba però ti priva di tanta libertà”. Ma poi aggiunge che: “Controllo fino ad un certo punto si..[…] Tipo mi metto con sta ragazza…c’è sto ragazzo che ci prova tanto con lei che le scrive le cose che non vanno bene oppure che comunque ci prova, loro stavano insieme, lui continua a provarci, lei comunque sta con me, magari secondo me è giusto che ogni tanto…cioè che proprio sia lei guarda dai un’occhiata, anche viceversa…che non è proprio controllo ma è far vedere un attimo com’è la cosa […] Prendi il telefono dell’altra persona e vedi che non scrive ad un estraneo…”.

La violenza. Il 52% degli adolescenti in coppia dichiara infine di aver subìto, almeno una volta, comportamenti violenti, dalle telefonate insistenti per sapere dove ci si trovi (34%) al subire un linguaggio violento, con grida e insulti (29%) fino all’essere ricattati per ottenere qualcosa che non si voleva fare (23%) o ricevere con insistenza la richiesta di foto intime (20%) o essere spaventato da atteggiamenti violenti (schiaffi, pugni, spinte, lancio di oggetti (19%). E così, la gelosia diventa un “segno d’amore” per il 30% degli intervistati, la condivisione di dispositivi e password una “prova d’amore” per il 21% e uno schiaffo ogni tanto qualcosa che “può capitare” (il 17%). “Non possono essere considerati retaggi del passato – spiega Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi di Save the Children –. È necessario un intervento sistematico e organico per accompagnare i ragazzi e le ragazze nella crescita affettiva e relazionale”.

La consapevolezza. Positivo comunque l’interesse crescente tra gli adolescenti verso le tematiche di genere (l’82% dichiara infatti di essere molto o abbastanza interessato) ma il numero verde Antiviolenza 1522 viene correttamente indicato solo dal 22% degli adolescenti,, con una differenza: il 26% delle ragazze e il 18% dei ragazzi. Emerge comunque che, in caso di violenza fisica, prima di tutto se ne parlerebbe con la mamma (60% tra chi ne parlerebbe con qualcuno), poi il papà (43%) e le forze dell’ordine (26%). A seguire amici e le amiche, le sorelle e fratelli, il personale scolastico e i numeri di aiuto. Lo stesso ordine di priorità se si fosse spettatori di un episodio di violenza. Tra le misure ritenute più utili, il Numero telefonico gratuito specifico per denunciare o avere consigli e informazioni, ma anche programmi di sensibilizzazione per le scuole e su tutto lo sportello psicologico a scuola (43%); la formazione dei docenti in modo che siano in grado di intercettare/cogliere i segnali (40%); l’educazione sulle varie forme di violenza, le radici e le conseguenze (39%); l’educazione sessuale ed affettiva dalle scuole medie (32%).

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