Le elezioni legislative e locali, svoltesi in Serbia lo scorso 17 dicembre, hanno dato vita a una serie di proteste che ha messo in discussione la regolarità del voto. Le consultazioni si sono concluse con la netta vittoria del Partito Progressista Serbo, la formazione conservatrice di cui è membro il presidente Aleksandar Vucic. Il Capo di Stato, già primo ministro tra il 2014 ed il 2017, è al potere da quasi dieci anni e ha mantenuto buone relazioni tanto con la Federazione Russa quanto con l’Unione europea. I partiti politici dell’opposizione e gli osservatori indipendenti hanno dichiarato che le recenti consultazioni sono state macchiate da frodi e gravi irregolarità, accuse che hanno spinto migliaia di persone a scendere in piazza. La capitale Belgrado, dove una vittoria del fronte anti-Vucic sembrava imminente, è stata teatro delle contestazioni più significative, di blocchi stradali ma anche di scontri con la polizia e di 38 arresti.

I rappresentanti di Serbia contro la Violenza, la principale alleanza delle opposizioni, non intendono riconoscere i risultati elettorali e le nazioni europee, con l’eccezione dell’Ungheria di Viktor Orbán, non si sono congratulate con Vucic per la vittoria. A farlo sono state, invece, la Russia e la Cina che potrebbero sfruttare la situazione per allontanare Belgrado da Bruxelles. Il processo di integrazione europeo della Serbia, sostenuto con forza da Vucic, è visto come un importante fattore di stabilizzazione della regione balcanica ed è legato alla normalizzazione tra Pristina e Belgrado.

Giorgio Fruscione, analista dell’ISPI ed esperto di dinamiche politiche serbe, ha spiegato a il Fatto Quotidiano che “le dimostrazioni sono una conseguenza degli undici anni del governo Vucic, che ha diviso e polarizzato la società” e che “il governo serbo si trova di fronte ad un rompicapo perché ci sono pressioni internazionali che spingono per un annullamento e una ripetizione del voto e questo significherebbe riconoscere che l’opposizione ha ragione”. Fruscione ricorda come “si sta creando un meccanismo internazionale che è in favore della permanenza al potere di Vucic, con la Russia che ha fatto i complimenti al partito del presidente per la vittoria delle elezioni e ha accusato l’Occidente di aver promosso queste proteste che sarebbero filo-occidentali”. L’analista ha aggiunto che” anche Cristopher Hill, ambasciatore americano a Belgrado, ha fatto i complimenti a Vucic” ma “la presa di posizione americana è più equidistante di quella russa perché Washington vuole, essenzialmente, una piena applicazione degli accordi con il Kosovo cercando di rispettare la sensibilità del Capo di Stato serbo che ha dimostrato di non avere alcuna tolleranza verso l’opposizione interna”. Fruscione non esclude che la situazione in essere porti a un raffreddamento del processo di integrazione europea di Belgrado asserendo che “questo sviluppo è legato al tipo di pressione che verrà esercitato da Bruxelles”.

Il precario stato di salute della democrazia serba è stato denunciato dall’organizzazione internazionale Freedom House che, nel suo rapporto annuale riferito al 2022, ha riferito che il Partito Progressista Serbo ha progressivamente eroso i diritti civili e le libertà politiche da quando è al potere. I partiti filo-governativi, secondo quanto riferito da Freedom House, avevano ricevuto uno spazio mediatico sproporzionato in vista delle consultazioni parlamentari del 2022, gli impiegati del settore pubblico e gruppi socio-economici più deboli erano stati oggetto di pressioni per votare in favore delle forze politiche al potere mentre l’abuso delle risorse amministrative aveva dato vita a ineguaglianze tra i candidati. La libertà di informazione è minata da una serie di fattori come la pressione da parte di esponenti politici, le minacce dirette ai giornalisti e l’alto tasso di auto-censura. La lotta alla corruzione non è, infine, considerata efficace e le condanne di alto profilo sono molto rare.

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