I servizi di intelligence israeliani hanno deliberatamente ignorato un rapporto ricevuto settimane prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre che riferiva di addestramenti del partito islamico che governa la Striscia di Gaza per compiere l’incursione in Israele. È quanto riporta il Financial Times che citando fonti vicine ai fatti racconta di come un alto ufficiale dei servizi segreti di Tel Aviv ha liquidato gli avvertimenti di alcuni soldati circa un possibile attacco delle milizie palestinesi definendolo uno “scenario irreale“.

Secondo le testimonianze raccolte dal quotidiano britannico, il rapporto è stato redatto dalle sentinelle di stanza nei pressi della recinzione elettronica che circonda la Striscia e che lo hanno inviato direttamente all’ufficiale di intelligence di più alto grado nel comando meridionale. Al suo interno, i soldati avvertivano che Hamas si stava addestrando a far esplodere i posti di blocco, con azioni specifiche finalizzate a entrare in territorio israeliano e prendere il controllo dei kibbutz. Il memo ignorato dai vertici conteneva anche una lista delle comunità agricole che sarebbero state a rischio e indicava che il gruppo armato si stava addestrando a impiegare i razzi per distrarre le Forze di difesa israeliane e prendere ostaggi. Una ricostruzione molto vicina a quanto poi avvenuto il 7 ottobre, quando Hamas ha ucciso più di 1.200 persone durante l’incursione, rapendone invece oltre 200.

Non si tratta della prima indiscrezione sulle falle nel sistema di sicurezza di Tel Aviv. Un’inchiesta del New York Times aveva in precedenza fatto luce sulle responsabilità del premier Benjamin Netanyahu che, pur trovandosi a capo del governo più di destra della storia recente di Israele, è stato accusato di avere pesantemente sottostimato le capacità di mobilitazione di Hamas, favorendo un approccio “negoziale” con il partito palestinese e consentendo così al gruppo armato di organizzarsi. Le stesse fonti del Ft hanno sottolineato che i loro avvertimenti sono stati ignorati non perché provenivano da soldati di grado inferiore, ma perché si scontravano con la fiducia del governo israeliano di avere contenuto con successo il gruppo militante. Di questo l’amministrazione era talmente sicura da avere interrotto le intercettazioni dei capi di Hamas, considerate uno “spreco di risorse” per il Paese. Dal canto loro, i vertici dell’Idf, interpellati dal Ft, hanno risposto che “i comandanti e i soldati erano rigorosamente concentrati” a sconfiggere Hamas, aggiungendo tuttavia che “dopo la guerra sarà condotta un’indagine approfondita per chiarire tutti i dettagli”.

Gli avvertimenti ignorati da Netanyahu non si limitano infatti ai soldati di basso rango. Settimane prima dell’attacco il premier si era rifiutato di ricevere il generale Herzi Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito, che aveva chiesto udienza per avvertire del pericolo di un’attacco di Hamas da parte del cosiddetto “asse della resistenza”, vale a dire l’alleanza tra libanesi, palestinesi siriani e altri gruppi sostenuti dall’Iran contro Israele. Allo stesso modo, il 24 luglio scorso due alti generali si erano presentati di fronte a una Knesset semideserta per riferire informazioni urgenti ai membri dell’assemblea su questioni di sicurezza nazionale rimaste, anche in questo caso, inascoltate. Tra gli avvertimenti precedenti al massacro del 7 ottobre si conta anche quello lanciato dal capo dell’ intelligence del vicino Egitto, Abbas Kamal, che secondo alcune ricostruzioni avrebbe telefonato a Netanyahu sottolineando che “qualcosa di grosso” stava per accadere da parte di Hamas.

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