“Resta dato inalienabile, riferito da tutti i testi, dei micidiali colpi sferrati da Gabriele e Marco Bianchi contro Willy. Certa è anche la condotta violenta tenuta da Belleggia costituita in particolare nel colpire Willy con un calcio alla testa, nella fase finale del pestaggio”. È quanto scrivono i giudici della Corte d’assise di appello di Roma nelle motivazioni della sentenza del 12 luglio con cui hanno condannato a 24 anni i fratelli Bianchi, a cui era stato inflitto l’ergastolo in primo grado, per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ucciso a calci e pugni in una piazza di Colleferro nel settembre del 2020. In appello ai due imputati principali sono state riconosciute le attenuanti generiche poiché non avevano partecipato all’iniziale lite. Ed è per questo che ai due fratelli non è stato confermato il fine mai come avvenuto in primo grado.

I giudici avevano confermato le altre condanne: 21 anni a Mario Pincarelli e 23 anni a Francesco Belleggia. Nelle cinquanta pagine di motivazioni i giudici ricostruiscono quanto avvenuto affermando che “deve ritenersi accertato che l’aggressione inizia con il violento calcio sferrato da Gabriele Bianchi al petto di Willy con tecnica d’arti marziali e con potenza tale da sospingerlo di schiena contro un’autovettura e al quale segue un pugno sferrato sempre da Gabriele Bianchi al momento in cui il giovane tenta di rialzarsi. A sua volta Marco Bianchi, in sinergia con il fratello, colpisce con un calcio al livello del collo e poi con un pugno in pancia un amico di Willy intervenuto a sua difesa e poi lo stesso Willy con calci e pugni”.

Gli altri due imputati “si affiancano da subito ai fratelli Bianchi e colpiscono Willy con un violento calcio alla testa e con calci pugni quando ormai Willy e atterra inerme. Deve ritenersi accertato che tutti gli imputati hanno partecipato al brutale pestaggio di Willy colpendolo ripetutamente con violenza con calci pugni”.

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