Anomalie negli studi del gruppo di ricerca guidato dal ministro della Salute Orazio Schillaci: in otto articoli scientifici sono state utilizzate almeno una decina di immagini non pertinenti, riciclate da altre ricerche o modificate. I fatti si riferiscono al periodo 2018-2022, quando l’attuale ministro è stato prima preside della facoltà di Medicina dell’università Tor Vergata e poi rettore dell’ateneo. È il contenuto di un’inchiesta pubblicata in prima pagina da Il Manifesto. Nell’articolo, anche la replica di Schillaci: “Apprendo da voi la notizia, non ne avevo conoscenza. Non sono esperto di microscopia elettronica, mi sono fidato di chi ha fornito quelle immagini. Verificheremo se effettivamente ci sono degli errori”. Il Manifesto però sottolinea un aspetto: chi firma uno studio ha la responsabilità di verificare prima della pubblicazione la veridicità di ciò che è contenuto all’interno. E il ministro, a margine dell’evento alla Camera ‘Natalità: work in progress’, abbozza una nuova risposta: “Sono tranquillo, non ho manipolato nulla. Le immagini non sono del mio laboratorio, ma di altri colleghi che non hanno fatto nulla di male“.

Per identificare le anomalie negli studi del gruppo di ricerca guidato da Schillaci, Il Manifesto ha usato un software denominato ImageT-win che, grazie all’Intelligenza artificiale, è in grado di confrontare un’immagine con una banca dati di decine di milioni di immagini utilizzate nella letteratura scientifica, identificando eventuali duplicati e ritocchi digitali. Le immagini individuate come sospette sono circa una decina e alcune sono state utilizzate in studi che riguardano la diagnosi e la cura del cancro. Secondo l’analisi digitale, ad esempio, un’immagine relativa a cellule di tumore alla prostata inserita in una ricerca del 2021 era stata già usata in un’altra pubblicazione del 2019 su un’importante rivista scientifica come l’International Molecular Sciences. Anche su quello studio c’era la firma del ministro, ma l’immagine era riferita a cellule di tumore al seno. Secondo il Manifesto, esiste una catena di immagine sospette che riguardano anche altre pubblicazioni precedenti. Oppure ci sarebbero casi in cui la stessa foto è stata utilizzata due volte per due esperimenti diversi, semplicemente ritagliandola in modo diverso.

Lo stesso articolo chiarisce che potrebbe trattarsi di semplici sviste o di errori, ma parla anche di una possibile frode. La biologa olandese Elizabeth Bik, sentita da Il Manifesto, spiega che quando un’anomalia nelle immagini si ripresenta in più occasioni “questo potrebbe indicare una certa tendenza all’approssimazione. In più, le figure duplicate in cui la stessa immagine viene mostrata con diversi livelli di ingrandimento (ma con la stessa scala) fanno propendere per un tentativo di indurre in errore il lettore”. Secondo Bik, ci sono analogie con il caso di Mark Tessier-Lavigne, rettore dell’Università di Stanford che si è dimesso due mesi fa in seguito alle accuse di aver firmato ricerche truccate proprio perché contenevano immagini riciclate.

Gli esempi all’estero: la serie di dimissioni nella rigorosa Germania
In Italia però nessun ministro si è mai dimesso per le accuse di plagi o frodi nella ricerca universitaria. Emblematico il caso di Marianna Madia, ministra della pubblica amministrazione nei governi Renzi e Gentiloni, che nel 2017 venne accusata di aver copiato parti della sua tesi ma rimase al suo posto. Non è così in tutto il mondo, però. Nella rigorosa Germania, ad esempio, solo negli ultimi 13 anni ben tre ministri si sono dimessi per le accuse di frodi nelle loro tesi. Il primo è nel 2011 il ministro della difesa Karl-Theodor zu Guttenberg, una vicenda che in Germania ha fatto scuola e che è diventata il faro guida anche per valutare i casi successivi. Si stabilì che erano presenti casi di plagio nel 94,14% delle pagine, cioè 324 su 393 totali, e su 10421 righe (63,8%) prese da 135 fonti. Nel 2013 toccò alla ministra dell’Istruzione, Annette Schavan, accusata di aver copiato la tesi di dottorato. Nel maggio 2021 fu la ministra della Famiglia Franziska Giffey ad annunciare le sue dimissioni: le accuse di plagio erano emerse già nel 2019 e riguardavano il suo dottorato alla Freie Universität di Berlino. Una Commissione dell’Ateneo nell’ottobre 2019 aveva deciso, all’unanimità, di lasciarle il titolo, visto che le citazioni controverse identificate nella sua tesi non erano tanto gravi da giustificarne la revoca. La Giffey però due anni dopo, riemersa la polemica, decise comunque di lasciare il ministero. Poi, dal 2021 al 2023, è stata sindaca di Berlino.

Gli esempi all’estero: dal ministro rumeno al presidente ungherese
Un altro caso riguardò la liberale tedesca Silvana Koch-Mehrin, vicepresidente del parlamento europeo dal 2009 al 2011, che si dimise a sua volta per le accuse di plagio relative al suo dottorato in storia. Ma non serve rimanere in Germania per trovare esempi di politici che si sono dimessi dopo le accuse di frodi nei loro lavori universitari. Un anno fa il ministro rumeno dell’Istruzione Sorin Cimpeanu si è dimesso dopo essere stato accusato di aver plagiato un corso universitario che aveva tenuto. Ha negato le accuse e ha affermato di aver intrapreso il corso con il consenso degli altri autori. Il governo di Pedro Sánchez nel settembre 2018 dovette accettare l’addio della ministra della Salute, Carmen Montón, dopo che una cascata di articoli fece emergere irregolarità, falsificazioni e plagi nel suo master ottenuto all’Università Rey Juan Carlos. Montón comunicò le sue dimissioni in seguito alla notizia che 19 delle 52 pagine della sua tesi di laurea sono copiate.

Andando indietro di qualche anno, si ricordano poi le dimissioni lampo della ministra dell’Istruzione Klavdija Markez in Slovenia. Le accuse di plagio nella stesura della tesi magistrale l’hanno costretta a lasciare il suo incarico appena 5 giorni dopo la nomina. Un altro caso esemplare in Ungheria: travolto da uno scandalo per aver copiato la sua tesi di dottorato vent’anni prima, il presidente della Repubblica Pal Schmitt si dimise il 2 aprile 2012. Il 15 maggio dello stesso anno uno scandalo simile colpì di nuovo un ministro dell’Istruzione in Romania: Ioan Mang lasciò il posto per le accuse di plagio relative a una serie di suoi articoli scientifici. In particolare, aveva copiato un manoscritto di Eli Biham, crittografo e crittanalista israeliano. Quel lavoro era stato ritirato dallo stesso Biham perché conteneva errori concettuali, ma era ancora reperibile su Internet.

Articolo Precedente

Meloni al summit sulla natalità di Orbán si intesta la battaglia per “difendere la famiglia e Dio”

next
Articolo Successivo

Il mio saluto ai transfughi del Pd genovese, pronti a sprofondare nel nulla calendiano

next