“Penso che le imprese italiane in generale paghino troppo poco i collaboratori, lo dicono i dati Ocse. Iniziamo noi imprenditori a fare il nostro adeguando i compensi a delle soglie giuste dopodiché gli altri ci seguiranno”. Nel giorno dell’apertura della 49esima edizione del forum di Cernobbio, il “padrone di casa” Valerio De Molli, amministratore delegato di The European House – Ambrosetti, parlando con Ilfattoquotidiano.it, pone l’attenzione sul tema dei salari italiani. E lo fa con parole forti e con una premessa, e cioè che le sue parole potrebbero risultare impopolari “in questo contesto fatto di imprese”.

Il tema, spiega De Molli “non è tanto il dogma del salario minimo, ma il senso di responsabilità del salario giusto”. “Chissenefrega della soglia minima ma ci devono essere dei salari giusti per lavori onorevoli. Il lavoro è un diritto, lo dice la Costituzione, lo dobbiamo favorire, dobbiamo crearlo e dobbiamo fare in modo che si paghino le persone quello che meritano”. Un messaggio ribadito anche nell’intervento d’apertura del festival nel quale l’ad ha citato le statistiche Ocse sui salari italiani: “Tra il 1992 e il 2022 i salari medi sono diminuiti dell’1 per cento in Italia, unico paese dell’Ocse, a fronte di un aumento medio negli altri paesi del 30 per cento”. Che fare dunque? Il salario minimo può essere la strada da seguire? “Se il salario minimo è una strada perché no, diciamo che non sono necessariamente contrario, però sarei d’accordo a far crescere tutti gli stipendi”, commenta De Molli”. Che, appunto, specifica: “Mi rendo conto di dire una cosa a rischio di grande critica e impopolarità in questo contesto fatto di imprese, perché significa far crescere la struttura dei costi. Però è nell’interesse degli stessi imprenditori fare in modo che ci sia più denaro in tasca delle famiglie, più potenzialità di spesa. Quindi è un circolo virtuoso e non vizioso perché si liberano forze dell’economia”.

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