La Costituzione nasce “per superare ed espellere l’odio“. La nostra patria è il “frutto dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni”. E “la pretesa della massificazione è quel che ha caratterizzato ideologie e culture del Novecento che hanno portato alla oppressione dell’uomo sull’uomo“. Sono alcuni dei passaggi del discorso pronunciato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Meeting di Rimini. Un intervento che, pur senza riferimenti espliciti, ha assunto i connotati di una lezione indiretta, nel solco costituzionale, dopo una settimana di circo sollevato dal libro autoprodotto del generale dell’esercito Roberto Vannacci. Era stato lui, in quel volume, tra le mille cose a dir poco controverse, a scrivere che “se questa è l’era dei diritti allora, come lo fece Oriana Fallaci, rivendico a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute”.

Dall’altra parte c’è la voce del capo dello Stato – che per la legge fondamentale è anche quello delle forze armate – che sottolinea una volta di più che “l’odio” non può essere “misura dei rapporti umani” secondo il dettato costituzionale. “Quell’odio che, la civiltà umana, ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza”. La domanda di partenza del ragionamento del presidente è su cosa si fondano la società umana e la realtà nella quale ciascuno di noi è inserito? “E’ il carattere dello scontro? – si chiede Mattarella – È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l’ostilità verso il proprio vicino, il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio, che si basa la convivenza tra le persone? Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo“. Secondo il presidente, dunque, “l’aspirazione non può essere quella di immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili. Al contrario. Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto del rispetto delle diversità, delle specificità proprie a ciascuna persona. Non a caso, la pretesa della massificazione è quel che ha caratterizzato ideologie e culture del Novecento che hanno portato alla oppressione dell’uomo sull’uomo”.

Mattarella aggiunge: “Le identità plurali delle nostre comunità sono il frutto del convergere delle identità di ciascuno di coloro che le abitano, le rinnovano, le vivificano. Nel succedersi delle generazioni e delle svolte della storia”. “È la somma dei tanti tu uniti a ciascun io, interpellati dal valore della fraternità o quanto meno, del rispetto e della reciproca considerazione” ha aggiunto. “È il valore della nostra patria, del nostro straordinario popolo – tanto apprezzato e amato nel mondo – frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua; e diretto a costruire il bene comune”, ha spiegato il capo dello Stato. Anzi, sono proprio le nostre istituzioni, precisa meglio il presidente, che “sono basate sulla concordia sociale, sul perseguimento – attraverso la coesione, dunque la solidarietà – di sentimenti di rispetto e di collaborazione: l’amicizia, riempie questi rapporti, rendendoli condizione per la felicità. Sono, i sentimenti e i comportamenti umani che esaltano la vita della comunità“.

Il capo dello Stato ribadisce che “è la dimensione comunitaria, sono le relazioni sociali, a determinare la concretezza di esercizio dei diritti“. “Nel dibattito pubblico, si cita, sovente, il ‘diritto alla felicità’, elencata – come da perseguire – assieme a quelli alla vita e alla libertà, nella Dichiarazione di indipendenza, del 4 luglio 1776, degli Stati Uniti“. “Non vi è definizione equivalente nel testo della nostra Carta costituzionale – continua Mattarella – eppure, vi sono pochi dubbi, circa il fatto che, gli articoli della Costituzione, delineino una serie di diritti, e chiedano, alla Repubblica, una serie di azioni positive, per conseguire condizioni che rendano gratificante l’esistenza; sia pure senza la pretesa che la felicità sia una condizione permanente; quasi che la vita, con le sue traversie, non introduca momenti di segno diverso”, ha aggiunto Mattarella, riferendosi all’articolo 2, “dove si prevede che la Repubblica deve riconoscere, e garantire, i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità; e deve richiedere l’adempimento dei doveri, inderogabili, di solidarietà”. E all’articolo 3, “che chiede, alla Repubblica, di rimuovere gli ostacoli, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; dopo aver sancito che, tutti i cittadini, hanno pari dignità sociale, e sono uguali davanti alla legge”.

Il discorso sulle diversità non può che portare alla questione dell’immigrazione sulla quale, dice il presidente della Repubblica, “occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, per una miglior sicurezza“. I fenomeni migratori, aggiunge Mattarella, “vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere”. Il capo dello Stato fa un nuovo appello all’Unione europea (“Occorre un impegno, finalmente concreto e costante”) e ribadisce che è necessario un “sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori”. “È necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio – scandisce – sono lo strumento per stroncare il crudele traffico di esseri umani: la prospettiva, e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale. Inoltre ne verrebbe assicurato un inserimento lavorativo ordinato; rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza; o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali”. Mattarella ha raccontato di avere nel suo studio al Quirinale un disegno che raffigura un 14enne annegato con centinaia di altre persone nel Mediterraneo. “Recuperato il suo corpo – ha ricordato il presidente – si è visto che, nella fodera della giacca, aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto; la dimostrazione, che voleva venire in Europa per studiare”. “Questo disegno – ha spiegato -, mi rammenta che, dietro numeri e percentuali delle migrazioni, che spesso elenchiamo, vi sono innumerevoli, singole persone, con la loro storia, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro. Il loro futuro tante volte cancellato”.

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