Domenica 6 agosto Giacomo Chiapparini, 75 anni, stava lavorando su un macchinario per lo spostamento delle forme di Grana Padano all’interno del proprio caseificio di Romano di Lombardia, nella bergamasca, quando le scaffalature hanno ceduto all’improvviso innescando un effetto domino che ha causato il crollo di ben 25mila forme. È stata necessaria un’intera notte di ricerche per ritrovare l’uomo, ma ormai non c’era più nulla da fare: il corpo è stato recuperato intorno alle 8:45 del mattino successivo, il 7 agosto. Sul posto sono intervenute 21 unità dei Vigili del fuoco di Bergamo, Treviglio, Romano e Dalmine, insieme ai soccorritori del 118 e ad una squadra di Urban search and rescue (Usar), inviata dall’Agenzia regionale di emergenza e urgenza (Areu). A cercare di chiarire le dinamiche dell’assurda tragedia i Carabinieri della compagnia di Treviglio e i tecnici dell’Ats, arrivati anch’essi presso l’azienda casearia per svolgere accertamenti.

Il sito Granapadano.it dedica un articolo al caseificio di Giacomo Chiapparini, spiegando che dal 2006 produceva Grana Padano mungendo “mediamente 270 quintali di latte per produrre 50 forme di Grana Padano per un totale di oltre 15 mila forme l’anno“. Nell’articolo a parlare è la figlia: “Siamo produttori di latte da sempre. Mio padre Giacomo, ultimo di 7 fratelli, ha lavorato per anni con il padre e due fratelli come mezzadro prima di mettersi in proprio, guadagnandosi, grazie al suo lavoro, la prima cascina e un po’ di terra. Nel 1977 si è diviso dai fratelli e con la sua quota di 26 capi bovini, un trattore, un escavatore, mezzo capannone e un po’ di terra, ha iniziato la sua avventura“, ha spiegato la donna parlando della storia del padre. “Ha cominciato a costruire la prima stalla e a vendere la materia prima alle grandi aziende di trasformazione, come Invernizzi e Kraft, riuscendo a farsi riconoscere anche premi per la qualità“.

IL DISOBBEDIENTE

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