Le parole di José Mourinho si abbattono come un fulmine sulla Roma e nel mirino dello Special One finisce la società. In un’intervista al Corriere dello Sport il tecnico portoghese si toglie più di un sassolino dalla scarpa e sputa fuori un elenco di episodi che non gli sono piaciuti negli ultimi mesi, dal mancato sostegno al termine della finale di Europa League alle mancanze del mercato: “In Italia non sono più a mio agio“. Dichiarazioni che, con la nuova stagione che non è ancora iniziata, possono portare a due esiti opposti, anche conoscendo l’abitudine dell’allenatore a usare le proprie dichiarazioni a fini strategici: mettere pressione e stimolare l’operato della società o minare la stabilità dell’ambiente e dello spogliatoio.

Mourinho torna con la memoria al termine della scorsa stagione, alla sconfitta contro il Siviglia in finale di Europa League, quando la sua furia si scatenò contro l’arbitro Taylor, definito una “disgrazia”, per parlare delle sue crescenti difficoltà nel rapporto con gli arbitri. Mai stato idilliaco, in realtà. “In Italia mi sono sentito aggredito, hanno violato la mia libertà di uomo, di uomo di calcio – ha detto parlando della squalifica rimediata dopo gli insulti all’arbitro Chiffi nel corso di un Monza-Roma – Qui non sono più a mio agio. A livello istituzionale avrebbero dovuto trattarmi diversamente”. E lo stesso dice riguardo all’attacco all’arbitro Taylor nel post-partita di Budapest: “Sono andato da Rosetti e gli ho detto ‘arbitro, è rigore o non è rigore?’. Lui come fanno spesso gli arbitri non ha risposto. Ho fatto la stessa domanda a Webb, lui mi ha messo la mano sulla spalla e ha detto ‘José, sì, è rigore’. Ha fatto quello che mi sarebbe piaciuto avesse fatto Taylor. Se fosse venuto nello spogliatoio e avesse detto ‘Ho sbagliato, abbiamo sbagliato, mi dispiace’. Non solo sarebbe finita lì ma avrebbe avuto il nostro rispetto e la nostra ammirazione”.

Il problema è che quell’episodio ha generato l’aggressione del giorno dopo da parte dei tifosi romanisti all’aeroporto. “Io non ho nulla a che vedere con quell’episodio, è stata la reazione di un gruppo di tifosi – ha aggiunto il tecnico – Con mia grande sorpresa, due giorni dopo mi è arrivato un messaggio di un amico dell’Uefa. ‘Amico mio, mi ha scritto, tu sei un grande del calcio ma ti do un consiglio: censura pubblicamente il comportamento dei tifosi della Roma all’aeroporto, te lo dico perché ti sono amico’. Ho risposto ‘se la Uefa o Taylor chiedono scusa ai tifosi della Roma, io critico il comportamento all’aeroporto’. Subito dopo sono andato dal club e ho detto ‘da oggi e fino all’uscita della sanzione, che è già pronta, sarò io il focus di un arbitraggio triste e di un comportamento triste dei tifosi all’aeroporto. Ma ho bisogno del vostro sostegno e di una comunicazione forte’”.

E invece, e qui l’accusa alla società, da parte del club non sarebbe arrivato alcun tipo di sostegno: “Se mi chiedi in due anni e due mesi di Roma la cosa che mi ha fatto sentire più fragile, rispondo che non è stata la partenza di Mkhitaryan, che mi piace tanto, e aver giocato un anno e mezzo con soli quattro difensori centrali. La cosa più triste è stata non essere appoggiato dalla società in una situazione del genere”.

Non solo l’episodio di Budapest e la partenza dell’armeno, nella lista degli ‘sgarbi’ di José Mourinho c’è anche il mancato acquisto di un attaccante, sul quale in queste ore ha inscenato anche un siparietto con la squadra in una falsa photo opportunity col nuovo acquisto ‘fantasma’. “Abraham si è infortunato 63, 64 giorni fa, per me c’è un nome, ce n’è uno, ma non è possibile prenderlo, così mi è stato detto”. Si parla di Morata, anche se lui non conferma: “Vi dico che non è Mbappé”. E ancora: “Mi riesce difficile dire che sono contento, nessun allenatore gradirebbe la situazione. Ma dire che sono in guerra con la società, con Pinto, è sbagliatissimo”.

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