Testimonianze, perquisizioni, informazioni di ex collaboratori di giustizia, verbali. Molto delle indagini fatte dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, lo scorso 16 gennaio, era contenuto nei file che il maresciallo Luigi Pirollo e il consigliere comunale eletto con la Lega e oggi di Fratelli d’Italia, Giorgio Randazzo, entrambi di Mazara del Vallo, avevano tentato di vendere a dei giornalisti. Tutto sottratto all’archivio dei carabinieri di Campobello di Mazara – dove si nascondeva Matteo Messina Denaro – e di Mazara del Vallo (dove il latitante fece la prima operazione nel novembre del 2020). Perfino la rubrica telefonica di Andrea Bonafede era finita nella pendrive da vendere ai giornalisti. Nomi e numeri di telefono del geometra che aveva dato la propria identità a Matteo Messina Denaro. Sono per l’esattezza 768 file suddivisi in 14 cartelle. Tutti finiti nell’offerta di vendita in un incontro al quale era presente anche Fabrizio Corona. È il 25 maggio, per l’esattezza, quando il consigliere comunale incontra Corona e Moreno Pisto, giornalista del sito Mow. Randazzo dà il file a Pisto solo perché si faccia un’idea, Pisto però riesce a copiare tutto il contenuto sul suo computer senza che il consigliere comunale se ne renda conto.

Successivamente Pisto resosi conto della riservatezza del materiale in suo possesso, si consulta col collega, Giacomo Amadori, che lo mette in contatto con la Mobile di Palermo. Ma prima ancora del tentativo di vendere tutto a Pisto, Fabrizio Corona, intercettato, parlava di uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un “consigliere regionale di Castelvetrano” (riferendosi, quindi, come si vedrà proprio a Giorgio Randazzo, ancorché questi, in realtà, ricopra la carica di consigliere comunale di Mazara del Vallo), scive il gip Alfredo Montalto. L’arresto di Matteo Messina Denaro aveva agitato Corona, che nei giorni successivi era apparso “particolarmente attivo, nella ricerca di “scoop” da rivendere ai media, su una delle donne che aveva avuto modo di conoscere il latitante durante le cure cui entrambi si erano sottoposti presso la clinica La Maddalena”.

E già lo scorso 2 maggio, Corona – intercettato – fa espresso riferimento ad “uno scoop pazzesco” grazie al leghista e a non meglio specificati carabinieri che avevano proceduto alla perquisizione dei covi del latitante. Mentre “nei giorni successivi nelle intercettazioni Corona conferma l’intenzione di acquisire e rivendere il materiale riservato che quel consigliere comunale gli avrebbe procurato”, si legge nell’ordinanza che ha portato all’arresto oggi Pirollo e Randazzo, mentra Corona risulta indagato. La cattura dopo 30 anni di latitanza del boss di Castelvetrano era dunque diventata occasione per monetizzare. Questo è quanto hanno ricostruito i carabinieri di Palermo e Trapani coordinati dal capo della procura Maurizio De Lucia e dall’aggiunto, Paolo Guido. Quest’ultimo in particolare era presente in una delle perquisizioni fatte nei giorni successivi all’arresto e poi riportate nei verbali dei carabinieri sottratti illecitamente dal maresciallo e poi offerti in vendita ai media.

File segretissimi provenienti dagli archivi informatici dei carabinieri di Campobello di Mazara e di Mazara del Vallo. “Aggiornamento MMD1”, “Escussione 9 febbraio 2023-07-20”, “Trasmissioni atti MMD”, “Scan cdcm”, questi alcuni dei nomi che contenevano i verbali di polizia riguardo alle perquisizioni a casa di Andrea Bonafede (’63) nei giorni successivi al 16 gennaio. Mentre altri erano le scansioni di alcuni documenti sequestrati il 25 gennaio presso il covo di via San Giovanni 224 a Campobello. Tra questi il file denominato “agenda” contenente la scansione della rubrica dei contatti di Andrea Bonafede. Una foto della rubrica telefonica di Bonafede, “mai allegata agli atti del procedimento”. Si tratta, dunque, “di dati ed informazioni mai resi ostensibili e sui quali, come riferito ancora dal pm, sono in corso ulteriori approfondimenti”, come scrive Montalto. File segretissimi, quindi, tra questi anche la “Trasmissione atti Mmd”, che conteneva la nota riepilogativa trasmessa dai carabinieri di Mazara del Vallo al Roni dei carabinieri di Trapani, assieme a ben 17 allegati di verbali delle sommarie informazioni testimoniali dei residenti delle vicinanze del covo di vicolo San Vito di Campobello di Mazara ed altri atti di polizia giudiziaria

La cartella “9 febbraio 2023 Cdm“, conteneva atti formati anche dal maresciallo Pirollo, per la precisione cinque file word, tre dei quali relativi ai verbali del 9 febbraio dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. C’era pure la relazione di servizio redatta dal brigadiere Mauro Maglione riguardo una chiamata anonima con la quale veniva segnalato un possibile favoreggiatore dell’allora latitante Messina Denaro, non ancora trasmessa al pm. A finire nei file messi in vendita anche una notizia confidenziale su una presunta amante di MMD. Perfino file estrapolati dal sistema di videosorveglianza degli uffici di Campobello di Mazara del Comune, e il verbale di sommarie informazioni di un dipendente di quel comune. Anche le informazioni rese dall’ex collaboratore di giustizia Enrico Perricone erano confluite nel pacchetto in vendita ai media. Come pure lo stralcio del piano d’azione dei carabinieri del Ros avrebbero messo in prativa per coordinare le numerose perquisizioni sugli obiettivi individuati nelle ore successive alla cattura di MMD. Trai quali gli immobili di Andrea Bonafede e della madre. Per questo il gip parla di “una particolare spregiudicatezza manifestata tanto dal Pirollo che dal Randazzo”. Tutto allo scopo di “lucrare con la vendita dei files sottratti dal Pirollo al duo Corona Pisto. Per l’accusa il movente era anche quello di “alimentare teorie complottistiche sulla cattura del latitanti Messina Denaro per rendere più appetibili per i media i documenti”.

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