Il coming out nel calcio? Sostanzialmente un’ostentazione. Si può riassumere così il pensiero del ministro dello Sport Andrea Abodi. Nonostante le note difficoltà dei giocatori omosessuali a rendere pubblico il proprio orientamento sessuale, non sembra essere bastata la scelta del centrocampista ceco Jakub Jankto a rompere il soffitto di cristallo. Anzi, il suo rientro in Italia – dove aveva già giocato con Ascoli, Udinese e Sampdoria – diventa un caso politico, con il M5s e il Pd che protestano. Tutta colpa delle esternazioni di Abodi. Il calciatore, classe 1996, ha trovato un’intesa con il Cagliari e quindi nella stagione 2023/24 giocherà in Serie A agli ordini di Claudio Ranieri, che lo aveva già allenato a Genova.

Sarà la sua prima tappa dopo l’annuncio pubblico riguardo all’omosessualità, il primo caso di un calciatore in attività ad alto livello a renderla pubblica. Così, ospite di 24 Mattino su Radio 24, al ministro è stato chiesto cosa ne pensasse: “La società probabilmente, in generale, ancora qualche passo in avanti può farlo. Per quanto mi riguarda è prima di tutto una persona e secondo è un atleta. Non faccio differenze di caratteristiche che riguardano la sfera delle scelte personali”, è stato il preambolo del ministro. Quindi, il giudizio sulla scelta di annunciare la propria omosessualità: “Se devo essere altrettanto sincero non amo, in generale, le ostentazioni, ma le scelte individuali vanno rispettate per come vengono prese e per quelle che sono. Io mi fermo qui”, ha aggiunto.

Quello usato dal ministro “è uno di classici argomenti omofobi: fate pure quello che volte, basta che non si veda perché non avete pieno diritto di cittadinanza”, è stato l’attacco di Elly Schlein a Metropolis, web talk del grupo Gedi. “Sono affermazioni molto gravi – ha aggiunto – Anzi sarebbe opportuno che chi sta nelle istituzioni agevolasse percorsi di coming out, specie in settore come lo sport dove sono rari proprio per il clima che c’è. Le istituzioni dovrebbero stare al fianco, sono la casa di tutti anche della comunità Lgbt+”. Tra le prime reazioni c’è stata quella di Luca Pirondini, capogruppo M5s in commissione Cultura e sport al Senato: “Oggi il ministro dello sport Abodi ci fa sapere che quella del calciatore Jankto, che ha rivelato tempo fa la propria omosessualità e di voler vivere liberamente come tutti, sarebbe una ‘ostentazione’ che lui non ama. Da quando dichiarare il proprio orientamento sessuale significa ostentare qualcosa? Non pensa Abodi che un mondo con grandi sacche di omofobia come quello del calcio avrebbe bisogno di ben altri messaggi rispetto a questo? Ci faccia capire meglio cosa intendeva e soprattutto cerchi di mostrare rispetto per le persone come il suo ruolo da ministro gli imporrebbe”.

La capogruppo dem alla Camera, Chiara Braga: “Ma proprio non ce la fanno a trattenersi? Oggi è la volta del Ministro Abodi. L’unica ostentazione a cui assistiamo è quella di ministri ottusi e chiusi nel loro oscurantismo anni ’50. Sempre contro chi chiede diritti, libertà, giustizia, soprattutto donne e comunità Lgbtqia+”. L’orientamento sessuale “non è una scelta, come non si sceglie l’etnia o qualsiasi altra condizione personale”, rimarca Alessandro Zan, deputato e responsabile Diritti della segreteria nazionale del Pd. “Quindi – aggiunge – nessuna ostentazione e nessuna scelta. Che fatica con questi”. Per Riccardo Magi, segretario di +Europa, “la verità è che come in altri ambiti della società, gli sportivi sono molto più avanti dei loro dirigenti, che rappresentano un mondo che non esiste più”. Il ministro, aggiunge, dovrebbe chiedersi perché “nello sport così poche persone si sentono libere di dichiarare la propria sessualità rispetto ad altri settori. Si faccia questa domanda e si dia una risposta. Abodi chieda scusa a Jankto e a tutta la comunità Lgbti+”. Ivan Scalfarotto di Italia Viva invece twitta: “Scelte, ostentazioni, eccessi del Pride: cose che un ministro di un altro Paese avanzato non si sognerebbe nemmeno di pensare, figurarsi dichiararle alla stampa. Ma perché in Italia si deve fare così tanta fatica?”.

Ma la risposta del ministro è stata tutt’altro che chiarificatrice, anzi: ”A esser corretti ho risposto dicendo: per me esistono le persone – ha scritto su Twitter – Ho parlato di rispetto per le scelte e, aggiungo con convinzione e per correttezza, per la natura umana. Rispetto è un valore non equivocabile, da garantire. Poi, posso non condividere alcune espressioni del Pride?”. Jankto aveva annuncia di essere gay con un video alcuni mesi fa: “Come tutti gli altri, anche io voglio vivere la mia vita in libertà. Senza paure. Senza pregiudizi. Senza violenza. Ma con amore. Sono omosessuale e non voglio più nascondermi”, aveva detto. Un messaggio semplice, ma forte: in uno sport dove l’omosessualità rappresenta ancora e in maniera incomprensibile un tabù, metterci la faccia non è certo semplice. Nel calcio infatti si contano per ora decine di coming out, tuttavia si tratta per lo più di ex calciatori. Per questo il suo messaggio ha segnato un momento di svolta per la battaglia dei diritti e l’inclusione nel mondo del calcio. Lo scopo, aveva aggiunto, è “dare coraggio agli altri”.

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