Un numero capace di evocare ricordi aberranti. Ma anche di far disperare parecchi tifosi. Perché la maglia numero 88 si porta dietro da sempre un sottinteso sinistro e ambiguo, spesso imbarazzante. La storia è chiara ormai da una ventina d’anni, ossia da quando Buffon decise di portare sulle spalle la doppia cifra perfettamente simmetrica. La polemica fu immediata. L’88 era utilizzato dai gruppi neonazisti per rendere omaggio ad Adolf Hitler tramite un codice neanche troppo elaborato. L’8 richiama l’ottava lettera dell’alfabeto: l’H, per l’appunto. E la doppia H richiama a sua volta il saluto nazista “Heil Hitler”. Uno scandalo che non poteva essere certo tollerato. Nonostante le condanne della politica, però, negli ultimi anni l’88 è finito sulla schiena di diversi calciatori, per la verità non di primissimo piano. O almeno è stato così fino a ieri, quando il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha detto basta.

La lotta all’antisemitismo deve passare anche attraverso le maglie da calcio. Così dall’anno prossimo nessuno potrà più correre sul prato di uno stadio italiano con la casacca con l’88. È una decisione che spazza via un numero dal calcio nostrano. Ma che estingue anche la letteratura su quei giocatori trascurabili che lo hanno indossato. L’ultimo in ordine cronologico è stato Felipe Caicedo, attaccante mancino che con la Lazio di Simone Inzaghi si era scoperto uomo dai gol pesanti. Nei suoi quattro anni in biancoceleste l’ecuadoriano segna 28 gol. Quasi tutti partendo dalla panchina, addirittura sei nei minuti finali della partita. Dopo aver segnato contro la Signora al ’95 (Lazio-Juventus 1-1 nel novembre 2020) arriva l’investitura. In molti non parlano più di zona Cesarini, ma di zona Caicedo. Il ruolo di riserva comincia a stargli stretto. Così nell’estate del 2021 viene ceduto al Genoa per due milioni di euro. Sembra un affare, ma la storia racconterà una versione molto diversa. Un problema al flessore frena il suo inserimento in gruppo, tanto che il suo esordio arriva addirittura a metà ottobre. Alla fine giocherà solo una partita da titolare con il grifone (9 presenze totali, una rete), poi a gennaio arriva il momento di cambiare aria. Simone Inzaghi, che ha preso il posto di Conte sulla panchina dell’Inter, ha bisogno di un attaccante di scorta. Così si ricorda di quel cecchino dell’ultimo minuto. Caicedo indossa la maglia numero 88. L’Inter lo presenta con un video: I’M Felipe – Milano ed Ecuador ora hanno qualcos’altro in comune. In città e in campo. In pochi capiscono cosa. Perché Caicedo gioca pochissimo. Quattro minuti complessivi fra Genoa e Fiorentina, poi 17 giri di lancette all’ultima giornata, contro la Samp. Felipe vince anche la Coppa Italia, ma senza mai giocare. A fine stagione saluta. Non torna al Genoa, si trasferisce all’Abha, nella Saudi Pro League. Ma senza strappare contratti da favola.

Ma il numero 88 evoca ricordi tetri anche per i tifosi della Roma. Nel 2014/2015 i giallorossi di Rudi Garcia chiudono il girone di andata al secondo posto, con cinque punti di ritardo dalla Juventus. Il ritardo è importante, ma non impossibile da colmare. A patto che arrivi un attaccante in grado di accendere l’entusiasmo dei tifosi. Il grande acquisto estivo, Iturbe, si è rivelato un clamoroso flop. Così nel mercato invernale Walter Sabatini corre ai ripari. O forse no. Arrivano Spolli e Ibarbo, ma il colpo più grande è per l’attacco. Il ds preleva dal CSKA Mosca Doumbia, centravanti che un paio di stagioni prima aveva sfiorato i 30 gol in campionato. L’operazione fra quota fissa e bonus si aggira intorno ai 16 milioni. E poco importa se il giocatore non si aggrega subito alla sua nuova squadra perché è impegnato in Coppa d’Africa con la Costa d’Avorio. Il presente può attendere. Perché la sensazione è quella di aver trovato l’attaccante del futuro. A metà febbraio Doumbia debutta in campionato da titolare. Contro il Parma. E la sua prestazione è tutto fuorché indimenticabile. A fine stagione raccoglie 13 partite, di cui 6 da titolare, e appena due reti. L’eredità che lascia nella Capitale, però, è racchiusa tutta in un video. Al centro dell’inquadratura si vede Doumbia impegnato con l’acquabike. Le sue gambe spingono forte sui pedali, le mani e la testa si muovono mentre l’attaccante canta una canzone scandendo bene il suo nome e il suo cognome.

Ma la lista dei peggiori numero 88 del nostro campionato è piuttosto estesa. E a volte si lega anche a storie dolorose. Nell’estate del 2015 gli occhi di mezza Europa sono puntati su Ricardo Kishna dell’Ajax, un ragazzo di 20 anni con un talento che sembra debordante e un carattere complesso. Frank de Boer lo aveva messo fuori squadra per “comportamenti inaccettabili”. Poco male. Raiola si dice pronto a scommettere sull’esterno offensivo, definendolo addirittura più forte di Pogba. Il ragazzo rifiuta la Roma. Ma rifiuta soprattutto la Juventus. Solo che nella Lazio di Pioli riuscirà a essere poco più di una comparsa. In un anno e mezzo fra campionato e coppe raggranella appena 21 presenze e due reti (contro Milan e Bologna). Poi qualcosa si rompe. Ricardo inizia a soffrire di attacchi di panico. Ma subisce anche tre operazioni alle ginocchia. Cambia squadra, ma finisce sempre ai margini. È così al Lille. È così all’ADO Den Haag, fra il 2017 e il 2019 resta out per più di 500 giorni. Un incubo che sembra non finire mai. Almeno fino al 2021, quando proprio con il club olandese trova un gol che mancava ormai da sei anni.

Il numero 88, però, ha fagocitato anche le speranze dei tifosi della Fiorentina. Nel gennaio del 2014 Anderson lascia il Manchester United. Negli schemi di Moyes non c’è più spazio per il brasiliano. Il centrocampista arriva in Toscana per ritrovare se stesso. Ma non ci riuscirà. Dopo 7 partite saluta senza lasciare rimpianti. E proprio da Firenze è partita la storia di Ryder Matos, attaccante capace di svariare che sembrava destinato a un futuro luminoso. Dopo una serie di prestiti arriva all’Udinese. Nella prima stagione indossa l’88. E non lascerà traccia del suo passaggio. Neanche dopo aver cambiato numero.

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