Una delle peggiori stragi del Mediterraneo: un peschereccio stracarico di centinaia di migranti, forse fino a “750”, partito da Tobruk, in Libia, per raggiungere l’Italia, si è capovolto nelle acque dell’Egeo, a 47 miglia nautiche da Pylos nel sud del Peloponneso. E dopo una giornata di ricerche e soccorsi – non senza denunce delle Ong che accusano Atene di “non aver avviato l’operazione di salvataggio” – sono stati recuperati 79 corpi e 104 persone sono state tratte in salvo. Con il rischio che il numero definitivo di vittime di questa nuova tragedia si trasformi in un ecatombe.

“La parte esterna della nave era piena di persone, sospettiamo che lo stesso valga per l’interno” spiega Nikolaos Alexiou, comandante e portavoce della Guardia costiera greca, mentre afferma che “non si può dare un numero esatto con certezza, ma certamente il numero è molto alto”. Almeno 400, secondo l’Oim, ma secondo le prime ricostruzioni dei sopravvissuti che erano a bordo dell’imbarcazione “il numero dei passeggeri era di 750”, racconta il governatore della regione del Peloponneso, Panagiotis Nikas.

Lo stesso numero fornito da Alarm phone, che già ieri era stata contattata per segnalare un’imbarcazione in difficoltà. Anche un aereo dell’agenzia europea Frontex aveva avvistato il peschereccio intorno a mezzogiorno di ieri e “successivamente da due motovedette, senza richiedere assistenza”, racconta la Guardia costiera greca: i “migranti hanno poi rifiutato qualsiasi assistenza e hanno dichiarato di voler proseguire il viaggio verso l’Italia”, sostengono i greci. Ma, in un comunicato, Alarm phone smentisce questa ricostruzione sostenendo che la Guardia costiera ellenica era “stata allertata alle 16.53” così come “le autorità greche e le altre europee”.

Quindi “erano ben consapevoli di questa imbarcazione sovraffollata e inadeguata” ma – denuncia il centro che si occupa di ricevere le telefonate di soccorso – “non è stata avviata un’operazione di salvataggio”, mentre “la Guardia Costiera ellenica ha iniziato a giustificare il mancato soccorso sostenendo che le persone in difficoltà non volevano essere soccorse in Grecia”. Sarebbero state così perse – è la lettura di Alarm phone – ore cruciali, fino al naufragio, con le operazioni di soccorso ed il recupero di 104 persone portate in salvo a Kalamata dallo yacht Mayan Queen IV, con bandiera delle Cayman. Alexiou spiega che i soccorritori continuano “a operare al largo di Pylos e continueranno a farlo anche di notte, con l’assistenza del C-130 dell’Aeronautica Militare”. Le speranze di trovare superstiti, però, si affievoliscono ogni ora che passa.

Secondo le prime informazioni, le persone venivano da Siria, Pakistan, Egitto e tra loro, raccontano i soccorritori, c’erano anche donne e bambini stipati nelle stive. Stando alle prime testimonianze, nessuna di loro indossava il giubbotto di salvataggio. I vertici dell’Unione europea esprimono il loro cordoglio per la notizia. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è detta “profondamente addolorata” e “molto preoccupata per il numero di persone scomparse”. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel parla di “un promemoria straziante che dobbiamo porre fine al business senza scrupoli dei trafficanti”, annunciando che “i leader dell’Ue affronteranno la questione al vertice di giugno”.

Più duro, invece, il commento della commissaria Ue agli Affari Interni, Ylva Johansson, che spiega come il naufragio “sia il segno del fatto che la nostra politica migratoria non funziona bene al momento”, augurandosi che verrà cambiata con il nuovo Patto di migrazione e asilo. “La situazione di stallo durata sette anni è finita”, ha spiegato Johansson, difendendo il lavoro delle Ong: “Sono diverse tra loro ma in generale fanno un ottimo lavoro e salvano vite”. E chi migra “in cerca di una vita migliore merita sicurezza e dignità”, le fa eco Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu. I viaggi della speranza, però, proseguono. E mentre altri 80 migranti sono stati salvati, sempre in Grecia, a Creta, continuano anche gli sbarchi a Lampedusa dove mercoledì sono arrivati in 20, fra cui 2 donne, dopo essere stati soccorsi dalla Guardia di Finanza. Sarebbero originari di Guinea, Burkina Faso, Senegal e Mali e sarebbero salpati da Sfax in Tunisia. Altri 23 sono arrivati ad Augusta, in provincia di Siracusa, dopo essere stati alla deriva nel Canale di Sicilia.

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