“Non ci sono vincitori né vinti perché i nostri morti non torneranno indietro”. Giuliana Busto, presidente dell’associazione Afeva, Associazione Familiari e Vittime Amianto, non riesce a trattenere le lacrime subito dopo la lettura della sentenza del processo Eternit bis che ha condannato l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny a 12 anni per omicidio colposo aggravato e a un maxi risarcimento di oltre 100 milioni di euro. Una sentenza “positiva” per il pubblico ministero Gianfranco Colace perché “la corte ha ritenuto l’imputato responsabile delle morti in stabilimento ma anche di quelle al di fuori dei cittadini che abitavano nell’ambiente circostante”. Una sentenza “importante non solo per Casale ma per tutta Italia – secondo la legale di parte civile Laura D’Amico – viene confermato il principio che l’imprenditore non può uccidere indipendentemente dalla sua potenza economica”. Ma sul percorso verso la giustizia dei familiari delle 392 vittime del processo Eternit bis incombe lo spettro della prescrizione che “vorrebbe dire il fallimento della giustizia” secondo Bruno Pesce che dagli anni Settanta combatte questa battaglia. “Ho paura che prima dell’arrivo in Cassazione la prescrizione faccia altre vittime”.

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“All’Eternit i manifesti funebri cambiavano ogni settimana. Le nostre tute blu erano coperte di polvere di amianto. Ora chiediamo giustizia”

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