Immaginate un pescatore professionista aver disposto centinaia di metri di rete lungo le acque del lago. Quando le ritira, vi ritrova 50 chili di pesce. Che cosa fa? Lo vende ai ristoranti e alle pescherie. È naturale che sia così, è il suo lavoro. Ora immaginate un pescatore dilettante aver disposto centinaia di metri di rete lungo le acque del lago. Quando le ritira, anche lui vi trova 50 chili di pesce. Che cosa potrebbe fare? Sicuramente non venderlo, perché non può. E in teoria non potrebbe nemmeno portarlo a riva, perché ha un limite giornaliero (di capi o di cinque chili per quelli meno pregiati). Quindi, che cosa fa, nella pratica? Il cortocircuito si sta consumando sul Lago Maggiore, dove è in corso una contesa per il pesce tra professionisti e dilettanti. A questi ultimi, infatti, viene concesso l’uso – unico caso in Italia – di attrezzi professionali, per i quali sarebbe necessaria una particolare licenza, per catturare trote e salmerini. Chi lo concede? Il commissario italiano per la pesca nelle acque italo-svizzere, che stabilisce ciò che si può e ciò che non si può fare nel Lago Maggiore. Con un’aggiunta: Marco Zacchera – il commissario – è anch’egli un pescatore dilettante che beneficia delle decisioni prese… da se stesso.
I malumori – per usare un eufemismo – stanno investendo tanto i pescatori professionisti (“siamo sul lastrico, non riusciamo più a pescare” dicono) quanto chi si occupa di pesca in Regione Lombardia. Nelle acque interne italiane, da Nord a Sud, è necessario essere titolari di licenza di categoria A (tradotto: essere imprenditori ittici) per poter usare le reti professionali. Nel Lago Maggiore, invece, è sufficiente essere titolari di licenza B (i nostri dilettanti) e di diritto esclusivo di pesca: in alcune aree (di fatto, la sponda del territorio di Verbania) è necessario comprare il diritto di pesca (dalla famiglia Borromeo). A questi possessori di diritto, tra Pallanza e Fondotoce, si aggiungono anche quelli della sponda lombarda dei comuni di Ranco e Angera. Qui l’uso civico è esteso a tutti i cittadini (quasi 7mila persone) grazie a un lascito sine die, di secoli fa, della corona spagnola. “Ci sono due ordini di problemi – racconta Marco Zonca, pescatore professionista e delegato Anapi – il primo è di carattere economico per chi lavora sul lago. Io non trovo spazio per le mie reti, perché trovo quelle dei dilettanti, che mi portano via il pesce, cioè la mia unica fonte di sostentamento. Il secondo problema riguarda i danni ambientali. C’è il rischio che determinate specie ittiche si estinguano”.
Il commissario per la pesca, va sottolineato, opera nella più completa trasparenza. Ogni decisione che prende è consultabile online: dai divieti e orari di pesca agli impieghi delle reti volanti, dagli spettatori a bordo delle imbarcazioni fino ai libretti segna-catture. Anche il permesso di utilizzare gli attrezzi professionali da parte dei dilettanti è messo nero su bianco, con determinati limiti, che riguardano numero e lunghezza. Il commissario è però, come detto, pescatore dilettante: “Ma non c’è nessun conflitto di interessi – racconta a ilFattoQuotidiano.it – io faccio il commercialista, figuratevi se vado in giro a vendere il pesce, qui mi conoscono tutti, ho fatto il deputato per tanti anni”. Per quattro legislature, dal ’94 al 2008, Zacchera è stato a Montecitorio nelle file di Alleanza Nazionale; dal 2008 al 2013 in quelle del Popolo della Libertà, mentre dal 2009 al 2013 è stato sindaco di Verbania. “Il massimo che faccio – continua – è regalarlo agli amici. Pescherò l’equivalente di mille euro all’anno. Al contrario del conflitto di interessi, essendo del settore, ho la possibilità di controllare ciò che succede”.
E il danno ai professionisti? “C’è un quadro giuridico consolidato, le controversie tra professionisti e dilettanti vanno avanti da sempre perché sono portatori di esigenze diverse. Io cerco di applicare le norme con buon senso e nell’ottica, soprattutto, del mantenimento delle specie di pesci”. Ma negli ultimi anni il lago si è impoverito a causa dei cambiamenti climatici e della siccità, e così le controversie si sono acuite: “I dilettanti possono operare solo in determinate zone e con limiti – si difende Zacchera – stabiliti proprio per scongiurare la concorrenza sleale. È vero, ci sono casi di dilettanti che hanno trasformato la propria attività in semi-professionismo. È un fenomeno che conoscono e che sta scomparendo. La normativa è fatta in modo che se tutti si comportassero correttamente, il loro pescato sarebbe minimo”.
Il coordinatore della “Commissione lago Maggiore”, gruppo di lavoro permanente delle Fipsas Novara-Vco-Varese, Roberto Forni, tiene a precisare che “la stra grande maggioranza dei pescatori dilettanti utilizza l’attrezzatura dilettantistica, come stabilito dai regolamenti. L’uso di attrezzi professionali riguarda soltanto i possessori di diritto di pesca e i residenti dei Comuni di Ranco e Angera”.
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