“La politica non paga più. Ho perso”. Porta ancora capelli fucsia in testa e nella borsa l’agenda sterminata degli ex onorevoli-clienti. Ma non è più “la badante dei politici”, come era chiamata dieci anni fa, a cavallo delle ultime due legislature, quando i social latitavano e lei comandava a bacchetta gli addetti stampa dei big di Forza Italia, al tempo in cui Berlusconi era l’imperatore. Monica Macchioni, classe 1979, è come scomparsa dai radar, decaduta, e in effetti non se la passa benissimo: rincorsa dai debiti, braccata dall’Agenzia delle Entrate, pignorata su richiesta di mezza dozzina di giornalisti che la sua “Male Srlnon paga da due anni. Dalle visure societarie emergono tre assegni a vuoto tra il 2018 e il 2019, protesti e un pignoramento in corso per 62mila euro a valere su terreni in quel di Prignano sulla Secchia, la sua terra natia. Che è proprio male, trattandosi di una collega che dalla provincia di Modena era calata sui Palazzi del potere riuscendo a imporsi come “la guru della comunicazione politica” e assidua presenza dei salotti cafonal-trash della Capitale cui non poco ha giovato il fidanzamento (di sei mesi) con Lando Buzzanca, di 44 anni più vecchio. Ma la storia non è tutta qui. “Non scappo, non mi arrendo e mi risolleverò – dice al Fatto – Ho solo pestato i piedi a qualcuno che conta”. E quel qualcuno di cognome fa Bisignani, forse l’unico numero di cellulare che la Macchioni abbia mai cancellato. Così, seguendo altri fili, si arriva a toccare quelli dell’alta tensione, quelli di Enel e Terna che attraversano il Paese, muovono le pedine e i contratti che contano. E fulminano chi non sta al gioco.

Partiamo dagli ex collaboratori non pagati
Sono amareggiata ma voglio dire loro che non scappo, pagherò fino all’ultimo centesimo. Le cose sono girate male. Devo provvedere ai miei dipendenti, poi a tutti gli altri. Lo so che mi ero impegnata a pagarli, anche a rate, ma è tutto cambiato. Sono uscita dai palazzi. La politica non paga più.

E che cosa è successo?
Parlano i leader e nessuno filtra, ecco perché il giorno dopo sono costretti a smentire se stessi. Ho seguito casi complicato come Saverio Romano e l’inchiesta per mafia o il caso Palamara, nessuno dei due ha mai smentito una propria dichiarazione. Questo per dire che la professionalità allora contava. Oggi ci sono meno filtri. Poi uno può dire che i filtri tolgono la democrazia o cambiano il pensiero. Non credo, però magari i filtri evitano che magari uno dica “se avessi un figlio omosessuale gli voglio bene uguale”.

Dai pignoramenti risultano sul conto ha 30,5 euro
Purtroppo sì e già questo la dice lunga. Un tempo avevo 13 persone sotto di me e tre uffici. Ora pago le cose che riesco man mano che pagano me. La tinta me faccio da sola per risparmiare e il risultato si vede: vogliamo dire che io faccio il parrucchiere come oggi qualcuno comunica?

Ma vive ancora in un lussuoso residence dell’Olgiata, giusto?
Sì e mi costa 4mila euro al mese. Per stare in centro spendevo almeno il doppio. Ma è la mia casa-ufficio, serve anche a scopo di immagine e promozione delle mie attività, la casa editrice e l’agenzia. Ma senta…

Dica pure
Per me è già complicato tirare avanti. Spero davvero non esca niente delle mie difficoltà, non è una buona pubblicità e quei tre-quattro clienti che sto per prendere magari scappano e allora non potrò pagare i debiti.

E allora diciamo la verità, dall’inizio
D’accordo.

Torniamo al suo periodo d’oro
Berlusconi, non c’è dubbio. Lasciava spazio a volti nuovi che si potevano lanciare. Resta la persona con cui si lavorava meglio a prescindere dal fatto che io avessi in tasca la tessera di Rifondazione Comunista. Ho fatto da portavoce al capogruppo del Pdl e nessuno mi ha mai chiesto conto di quello che pensassi politicamente. Che vuol dire che la professionalità veniva considerata. Ma erano gli anni Novanta, Ecco, io sono rimasta così, un ufficio stampa vecchio stile. E questa battaglia l’ho persa.

E allora chi ha vinto?
Diciamo che per vincere oggi la professionalità non conta quanto essere nelle “cordate giuste”. Perché i contratti io me li sono sempre andati a cercare rimboccandomi le maniche, non mi piovevano dal cielo. Oggi invece i grandi lobbisti fanno anche i comunicatori. Se Comin&Partners fattura 10-15 milioni l’anno, è perché c’è chi gli propone di fare contratti. E i piccoli che fanno? Rischiano di morire. Non è la stessa cosa se un Bisignani ti fa la guerra o ti porta cose. E io ho pestato i piedi a qualcuno.

A chi li avrebbe pestati?
Li legge anche lei i giornali. Gianluca Comin è stato per 12 anni la voce di Enel ed era fuori dal 2014. Ma Luigi Bisignani è da sempre l’uomo ombra di tante cose che fa succedere: nomine, appalti e contratti. E ora all’Enel e a Terna c’è tutta gente vicina a Bisignani, con Scaroni e Descalzi. Crede che avrò mai un contratto io? Ha vinto lui.

Ma Bisignani con lei che c’entra?
Voleva comprarmi, mi è stato chiesto più volte, dicendo che altrimenti avrei chiuso bottega. Ma io voglio restare autonoma e tenere la mia sigla che è anche un marchio di professionalità. Per cui ho detto “no”, e non me ne pento. Piuttosto torno a Modena a cucinare lo gnocco fritto come mia nonna.

Può essere più specifica?
Bisignani c’entra con Comin&Partners, anche se non figura mai. Guardi chi gestisce la comunicazione delle società e istituzioni che contano in questo Paese, da Autostrade alle Scuderie del Quirinale. A Milano, che tu sia un grande studio legale o una multinazionale della logistica, ti senti dire la stessa cosa: “se non lavori con loro non entri nei palazzi di Roma”. Quindi pagare quei contratti è la condizione per sedersi con sottosegretari e ministri.

E lei no?
Io questo non l’ho mai fatto. Se non mi sono arricchita quando seguivo cinque ministri e perché ho sempre fatto comunicazione e mai altro. Non sono contraria ai lobbisti, però io credo che se tu comunichi comunichi, se fai il lobbista fai il lobbista. Sennò fai come faccio io, che faccio anche il parrucchiere, poi viene fuori quella schifezza che vedi.

Cos’altro non ha fatto?
Non mi sono mai fatta piazzare da nessun ministro in società del ministero e ho sempre fatto comunicazione pura. Ho capito troppo tardi come si fanno i soldi. E infatti non ne ho più.

E come sta reagendo?
Non potendo competere, perché sono da sola coi miei principi, devo andare da quello che vuol andare in tv e gli dico “ti faccio 12 mesi a 5mila euro più Iva”. Ne prendevo 10mila solo per seguire Lotito. Secondo te non è umiliante?

Incontri ravvicinati col “nemico”?
Eur Spa, 2018. Il presidente Roberto Diacetti mi stima moltissimo e mi dice “vorrei che tu lanciassi la Formula E perché sei in grado di costruire una cosa da un punto di vista di sostenibilità, uno storytelling che regga e faccia diventare la cosa di grande appeal”. Io lo dico sì, volentieri “però – dice – sai, c’è una grossa ditta inglese che se ne deve occupare. Ci lavora il figlio di Bisignani”.

E dunque?
Diacetti ci teneva e alla fine mi dice “facciamo una gara grande e una piccola, solo per l’Italia”. Poi mi chiama il figlio di Bisignani, all’epoca non sapevo fosse un nemico. Mi chiede “quanto offriresti per il servizio?”. In tutta buona fede, come fosse una chiacchiera da bar, gli dico “10mila al mese”, perché tanto poteva costare. Bene bene. La gara grande s’è l’è poi aggiudicata Renato Bisignani, quella piccola Comin e sai a che cifra? Per 5,600 euro.

Allora che cosa ha fatto?
Sono andata da Bisignani e gli ho detto “adesso ti spiego perché cancello il tuo numero”. E’ chiaro che per Comin 5.600 euro non sono giusto un caffè, ma sai che a me fanno più che comodo. Mi hai voluto ammazzare. Non ho più fatto gare, vaffanculo. Se fallisco vuol dire che questo Paese parla di merito e competenze, poi prende i primi scappati di casa che sono il figlio, la sorella, la moglie e col merito ci si pulisce il culo.

Sentito Luigi Bisignani fa sapere che il figlio Renato, diversamente da quanto riferito da Monica Macchioni, non ha alcuna società propria e che all’epoca dei fatti citati era capo della comunicazione della Formula E e in questa veste cercava un partner di caratura internazionale per gestire la stampa.

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