A fine marzo negli Stati Uniti erano stati ritirati dal mercato alcuni colliri per gli occhi responsabili di un‘infezione oculare tale da aver provocato in alcune persone la perdita della vista e addirittura la morte. L’allarme però non è rientrato: di oggi la notizia che il batterio alla base dell’infezione potrebbe essere in grado di passare da una persona all’altra, infettando anche chi il collirio non lo ha nemmeno utilizzato.

Secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica infatti, in un centro di cura in Connecticut alcuni pazienti asintomatici che non avevano utilizzato le lacrime artificiali sono stati colonizzati dallo Pseudomonas aeruginosa, il batterio legato al collirio di importazione indiana, resistente a quasi tutte le terapie antibiotiche. La diffusione si è verificata attraverso il contatto di oggetti comuni o attraverso la trasmissione dei germi da parte degli operatori sanitari. Nei soggetti colonizzati però la malattia non si sviluppa e non vi è quindi necessità di seguire una terapia.

Nonostante l’allarmismo e la preoccupazione negli ambienti sanitari, attraverso il ritiro dei lotti e la diffusione della notizia sui mezzi di informazione i casi di infezioni da colliri, legati a marchi di largo utilizzo come EzriCare, sono stati contenuti. Ma numerose sono state le polemiche sulle quantità che erano già state immesse sul mercato e acquistate prima del ritiro: la Food and Drug Administration (Fda) ha effettuato quindi un’ispezione senza preavviso nello stabilimento indiano dove i colliri vengono prodotti. Quello che è stato rinvenuto è che le procedura di sterilità non venivano effettuate in sicurezza, e stando ai primi rapporti, nello stabilimento operavano tecnici non qualificati che indossavano copripiedi scoloriti e logori. Scoperta anche la mancanze di procedure per la pulizia e la disinfezione di una delle macchine di riempimento.

Negli ultimi tre mesi, lo Pseudomonas aeruginosa ha causato tre decessi, otto casi di cecità e dozzine di infezioni. Chi corre il rischio maggiore sono gli individui con patologie del sistema immunitario, residenti in case di cura, insieme ai pazienti dotati di dispositivi medici come i cateteri, o quelli intubati. Il Dottor David van Duin, infettivologo della School of Medicine dell’Università della Carolina del Nord, ha dichiarato al New York Times che il batterio è particolarmente resistente: all’interno delle strutture sanitarie si attaccherebbe in particolare agli scarichi, ai rubinetti dell’acqua e a molti ambienti caratterizzati da umidità.

Emblematica la storia riportata sempre dal New York Times di Clara Elvira Oliva, 68enne originaria della Florida. La donna, portatrice di lenti a contatto, usava regolarmente il collirio, fino a quando una mattina ha accusato dei problemi all’occhio destro. Problemi che non si sono risolti visto che i medici le hanno prescritto diversi antibiotici e antimicotici. Intanto la donna ha continuato ad utilizzare le lacrime artificiali fino al peggioramento definitivo, con il trapianto di cornea. Nonostante l’operazione, i medici hanno dovuto rimuoverle l’occhio, ormai completamente attaccato dall’infezione. A causa dell’utilizzo del collirio, risulta compromesso anche l’occhio sinistro.

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