Il più saggio di tutti, nel giorno del suo centesimo compleanno, è stato lui, Valentino Bortoloso, il partigiano “Teppa” protagonista dell’eccidio avvenuto nella notte del 6 luglio 1945 all’interno del carcere di Schio. Due mesi e mezzo dopo la Liberazione, furono uccise 54 persone, uomini e donne, tra cui molti fascisti, ma anche detenuti comuni. Il commando faceva parte della Divisione garibaldina “Garemi” e agì in un momento in cui la cittadina tessile era lacerata dopo il ritorno a casa da Mauthausen dell’unico sopravvissuto di una retata nazifascista dell’autunno precedente. William Pierdicchi, una specie di fantasma che pesava 38 chili, aveva dato l’annuncio: “Non tornerà nessun altro vivo”. La strage fu feroce, alcuni degli autori vennero arrestati, altri fuggirono all’Est, con l’aiuto della segreteria nazionale del Pci. Tra i primi c’era Bortoloso, condannato a morte, con pena commutata in ergastolo, liberato grazie all’amnistia dopo dieci anni di carcere.

“E’ meglio non ci siano giornalisti” aveva avvertito alla vigilia della festa organizzata da parenti, amici e anche esponenti del Pd locale, nella Casa del popolo di Santorso, alle pendici del Monte Summano. I giornalisti non sono stati invitati, ma una foto che ritrae il centenario con accanto il segretario cittadino del Pd Luigi Coppiello è stata postata su Facebook dalla consigliera comunale Giulia Andrian, insegnante di scuola media. Candidata alle politiche di settembre nel collegio uninominale Bassano-Schio per il centrosinistra, si è fatta prendere la mano dall’entusiasmo, con un commento che non è passato inosservato al giornale.it. “Abbiamo festeggiato in tanti alla Casa del popolo Valentino Bortoloso. Come ho sentito recentemente dalla vedova Calabresi, non bisogna inchiodare le persone ad un singolo episodio della loro vita, ma apprezzarle per quello che hanno fatto prima e dopo”. Il prima, rispetto all’eccidio, furono la dittatura fascista e la guerra, il dopo è stata la conquista della vita democratica. Andrian ha chiosato: “Per questo Bortoloso è e rimane per molti di noi il simbolo della lotta partigiana ed è stato un onore poter stringergli la mano. Un’emozione forte mi ha provocato la consapevolezza di aver incrociato un testimone della Storia con la S maiuscola. Un orgoglio aver sentito dalla sua voce che adesso tocca a noi portare avanti i suoi ideali”.

Bortoloso è un vecchio comunista dignitoso, ma anche orgoglioso del proprio passato. Eppure ha vissuto in una città dove le ferite non si sono mai rimarginate, soprattutto a causa di quella strage di cui egli fu uno degli autori. Per questo a Schio la storia andrebbe maneggiata con cura. Non è un caso se a distanza di quasi ottant’anni, a luglio, si ripetono ancora due celebrazioni che consumano un opposto tributo alla memoria. L’Anpi e le associazioni dei deportati ricordano le vittime della dittatura e delle truppe di occupazione naziste. Gruppi di nostalgici di destra, invece, ricordano le vittime dell’eccidio, spesso alzando la mano destra nel saluto fascista.

La festa al centenario “Teppa” da parte del Partito Democratico cade in un momento in cui l’opinione pubblica è già attraversata dalle polemiche su quello che hanno detto il presidente del senato Ignazio La Russa su via Rasella e la premier Giorgia Meloni sulla strage delle Fosse Ardeatine. Gigi Coppiello ex sindacalista della Cisl ed ora segretario dem, spiega a ilfattoquotidiano.it perché nella celebrazione non trova nulla di scandaloso. “Bortoloso merita rispetto…”. Anche se si è macchiato di quel truce episodio? “Ha pagato perché è finito in carcere. Ha confessato, ma non ha mai rivendicato. Mi pare molto peggio chi non ammette nulla. Ancora oggi c’è chi è stato o è fascista, ma è incapace di riconoscerlo. Da credente, dico: chi è senza peccato scagli la prima pietra”.

Non è semplice leggere questa vicenda in tutti i suoi aspetti. “Teppa” è sempre stato al centro di polemiche, anche se lui ha parlato molto poco. Nel 2016, a 93 anni, gli hanno dato una medaglia della Resistenza, su indicazione dell’Anpi, ma quando il ministero della Difesa scoprì i suoi precedenti gliela revocò. Adesso il Pd compie un gesto di rispetto confondibile con il revisionismo. “Ma chi è in grado di dare giudizi? In quell’estate del 1945 la città di Schio era sconvolta, andò in cortocircuito – continua Coppiello – Lo stesso Pierdicchi andò a vivere lontano perché sentiva il peso di ciò che era accaduto. Non dimentichiamo che la vita del partigiano Bortoloso è anche quello che lui ha fatto dopo. Mi riferisco al ‘Patto di Concordia civica’ e al perdono ricevuto da Anna Vescovi…”.

Ci sono voluti 60 anni perché a Schio, nel 2005, fosse firmato un documento di riconciliazione tra i parenti delle vittime e le associazioni partigiane, grazie alla mediazione del sindaco Luigi Dalla Via. Successivamente, la figlia del commissario prefettizio Giulio Vescovi, che era morto in ospedale alcune settimane dopo la notte dell’eccidio, cominciò un percorso di avvicinamento con Bortoloso, culminato in una lettera di perdono, sottoscritta da entrambi. “Il fatto che Anna Vescovi gli abbia dato il suo perdono ha un profondo significato” conclude Coppiello.

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