Nel giorno in cui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu viene ricevuto in pompa magna a Roma da Giorgia Meloni, mentre in patria da settimane è travolto dalle proteste contro la riforma della giustizia voluta dal suo esecutivo, il più di destra della storia del Paese, anche la comunità israeliana della Capitale è scesa in piazza per manifestare. “Israele sarà una democrazia per sempre, non vinceranno”, ha rivendicato Itamar Danieli, imprenditore israeliano che vive in Italia, promotore della manifestazione contro la riforma giudiziaria con cui verrebbe tolta alla Corte Suprema la facoltà di bocciare provvedimenti governativi approvati dal Parlamento che risultino in contrasto con le leggi fondamentali dello Stato.
Sono circa 200 le persone che si sono radunate in piazza Santi Apostoli, tra bandiere israeliane e cartelli (‘Israel is my homeland, keep it democratic‘) e cori ‘democrazia, democrazia‘ e ‘busha, busha‘ (‘vergogna, vergogna’ in ebraico, ndr). Eterogenee le presenze in piazza, per un movimento spontaneo e che si dichiara apartitico: “Qui siamo cittadini israeliani liberi, non organizzati, preoccupati. Destra e sinistra non c’entrano, siamo qui perché vogliamo salvare la democrazia, punto”. Altri insistono: “Questo non è il Paese dove sono nato, nessuno in campagna elettorale aveva detto che la nostra democrazia sarebbe stata stravolta e che i poteri della Corte sarebbero stati limitati”, spiega un elettore, deluso dal Likud, il partito di Netanyahu. “Tanti lo stanno abbandonando, anche chi lo ha votato. E lui sta soltanto cercando un salvacondotto per sottrarsi dai processi per corruzione (che, se condannato, ne provocherebbero l’impeachment, ndr)”, rivendicano dalla piazza.
C’è chi boccia l’assist dell’esecutivo italiano, che ha ospitato il premier proprio durante il suo momento di maggiore difficoltà politica: “Il governo italiano e gli altri europei dovrebbero isolare Netanyahu, costringerlo a trattare, anche con sanzioni economiche”. “Un errore averlo ricevuto? Questa è la realpolitik...”, spiegano altri. Ma c’è anche chi attacca: “Soltanto Ungheria e Italia lo hanno ricevuto. Non la Gran Bretagna, né tantomeno gli Stati Uniti. Bisognerebbe fare pressione su di lui”.
Ma se la riforma della Giustizia ha riportato gli israeliani in piazza, risvegliando l’opinione pubblica, altrettanto interesse non sembra suscitare il rispetto dei diritti del popolo palestinese nei territori occupati, né la moltiplicazione all’orizzonte degli insediamenti di coloni nei territori palestinesi occupati. Almeno non tra gli organizzatori. “Il nostro è un movimento eterogeneo, la nostra priorità è la democrazia in Israele“, taglia corto Danieli. E c’è anche chi si lamenta se viene evocato il tema Palestina: “Non vogliamo parlare di altro”.
Ma dalla piazza c’è chi si dissocia: “Cosa è cambiato nell’opinione pubblica? Purtroppo, anche se è brutto da dire, per la prima volta non sono soltanto i diritti dei palestinesi in gioco, ma di tutti gli israeliani. E per chi tiene anche ai diritti palestinesi è malinconico. Certo è incoraggiante vedere che la società israeliana ha comunque ancora degli anticorpi”, spiega un giovane. “Le intese tra le forze dell’esecutivo parlando di ‘diritto esclusivo’ soltanto degli ebrei israeliani ‘a tutte le aree territoriali della terra di Israele’. Questo significa estendere l’annessione nei territori de facto. E già si intravede la volontà di legalizzare in modo retroattivo alcuni insediamenti illegali, la tendenza è quella”, si denuncia. Con un appello: “La speranza è che le proteste possano estendersi dalla riforma della giustizia anche alla ricerca di una soluzione sulla Palestina e al rispetto dei diritti del suo popolo”.
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