La produzione di energia da rinnovabili nel 2022 è calata del 13% rispetto al 2021, scendendo – e non accadeva dal 2014 – sotto i 100 TWh (Terawattora), a quota 98,4. La capacità installata è sì aumentata, ma molto meno di quanto prevedeva l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. E anche se la premier Giorgia Meloni, parlando dei suoi primi 100 giorni alla guida del governo, cita l’impegno sul fronte rinnovabili, i dati raccontano una storia più in chiaroscuro. A iniziare da quelli di Terna: nel 2022 ad essere cresciute sono soprattutto la produzione di carbone e la copertura della domanda elettrica (in calo dell’1% rispetto al 2021) da fonti energetiche non rinnovabili. Queste ultime, infatti, hanno soddisfatto il 55,3% del fabbisogno elettrico di 316,8 TWh, circa quattro punti percentuali in più rispetto al 51,2% del 2021, più o meno gli stessi persi invece dalla quota Fer, passata a coprire dal 35,4% al 31,1% della domanda. Non è tutta colpa del crollo della produzione idroelettrica, causata dal lungo periodo di siccità e che indubbiamente ha avuto un peso importante. La verità è che anche le altre fonti pulite sono in stallo, mentre cresce il fotovoltaico. Ma non come dovrebbe (e potrebbe). E il decreto Fer 2? “Avrebbe dovuto incentivare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili innovative o costi di generazione elevati, ma non è ancora arrivato e, comunque, trattandosi di particolari impianti non sbloccherebbe certo la situazione, che resta in stallo” spiega a ilfattoquotidiano.it David Moser, responsabile del gruppo di ricerca sui sistemi fotovoltaici dell’Istituto per le energie rinnovabili di Eurac Research.

Le rinnovabili nel 2022 – La generazione idroelettrica, perdendo quasi 17 TWh, subisce un calo del 37,7%, quella eolica dell’1,8% (l’Italia ha contributo con solo 455 megawatt ai 15 nuovi GW aggiunti in Europa, ndr), quella geotermica dell’1,6%, mentre il fotovoltaico è l’unica Fer a registrare un aumento dell’11,8%, dunque di 2,9 TWh che portano la produzione annuale a quota 27,5 TWh. Sul fronte non rinnovabile, invece, la generazione termoelettrica aumenta di oltre il 6% (circa 11 TWh), con il carbone che registra un incremento del 61,4% rispetto al 2021. Da qui il contributo minore delle Fer sulla domanda di elettricità, un apporto che negli ultimi dieci anni non è comunque mai decollato. Altra cosa è la capacità rinnovabile installata: nel 2022 è aumentata di poco più di 3 gigawatt, quasi 1,7 in più rispetto all’anno precedente. Significa un aumento del 124%, ma se si paragona agli appena 1,3 GW del 2021. Oltre al fatto che 3 gigawatt sono comunque molto meno rispetto a quanto annunciato dallo stesso ex ministro Cingolani quando, nella primavera del 2022, aveva anticipato chenei primi cinque mesi dell’anno c’erano già state richieste di allacciamento alla rete per 5,1 gigawatt. Una previsione che aveva fatto apparire più vicino l’obiettivo di installare circa 8 gigawatt all’anno, ma che si è rilevata fin troppo ottimistica.

Il caso del fotovoltaico – Emblematico il caso del fotovoltaico, unica fonte rinnovabile ad aver registrato un incremento di produzione nel 2022. Il suo potenziale ruolo strategico si evince dai grafici di Terna sui contributi delle diverse fonti nella produzione totale da Fer. Dopo il 28,4% di idrico, infatti, nel 2022 la quota di solare è del 28%, seguita dal 20,7% dell’eolico, dal 17,4% di biomasse e dal 5,5% di geotermico. Finora, però, questo potenziale non è stato messo a frutto. “Lo confermano i dati dell’EU Market Outlook di SolarPower Europe – spiega Moser – che, a dicembre 2022, stimava per l’Italia un passaggio da 0,9 gigawatt del 2021 a 2,6. In realtà, recentissimi dati Terna ci dicono che siamo a 2,482 gigawatt, con un incremento del 165% sul 2021”. Ma il report SolarPower Europe analizza anche le cause che hanno portato all’incremento di fotovoltaico “soprattutto su piccola scala (il settore residenziale, ndr), grazie al Superbonus 110%” e ai prezzi alle stelle dell’elettricità che hanno reso più attrattivi i modelli dell’autoconsumo. “Difficile stabilire se gli incrementi siano dovuti a politiche interne, dato che molte logiche di mercato sono indipendenti da norme e scelte politiche”, aggiunge Moser, ricordando che “quest’anno, si è smosso qualcosa anche in province italiane dove il fotovoltaico non è particolarmente incentivato, perché i singoli hanno dovuto affrontare dei costi di elettricità in bolletta tali da rendere il fotovoltaico l’unica strada sensata da intraprendere”.

La sfida dei grandi impianti – Il residenziale, dunque, caratterizzato soprattutto dagli impianti di potenza inferiore ai 12 kW, spinto dal Superbonus, ha coperto con 1,1 gigawatt il 44% della potenza totale connessa nel 2022. Il settore Commerciale e Industriale, con 678 megawatt ha coperto il 28%. Gli impianti utility scale (quelli più grandi, di taglia pari o superiore a un megawatt) hanno potuto contare su appena 571 megawatt (il 23%), soprattutto grazie a sei impianti di taglia superiore ai 10 megawatt. Un incremento del 467% rispetto all’anno precedente, ma perché nel 2021 di questi impianti non ne era entrato in funzione neppure uno. “Quel poco che è stato fatto nel 2022 per l’utility scale non può che dipendere dalle politiche – commenta Moser – ma per ciò che riguarda la maggior parte della capacità installata, dunque i piccoli impianti, credo che un peso enorme l’abbia avuto il costo dell’elettricità, cinque o sei volte più alto rispetto a quello del 2021. Farei fatica, dunque, a dire che quei 2,5 gigawatt installati dall’Italia nel 2022 sono merito di poche norme approvate”.

Gli obiettivi sempre più lontani – Proprio analizzando i dati Gaudì di Terna, Italia Solare sottolinea che gli obiettivi al 2030 restano molto lontani. “L’installato reale è molto inferiore a quello sbandierato dallo scorso governo”, ha commentato Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare, secondo cui “i provvedimenti in essere non sono sufficienti” mentre “servono urgenti interventi che consentano vere semplificazioni, specie per gli impianti di grande taglia, aiuti finanziari alle imprese per un più agevole accesso al credito bancario, i decreti attuativi per Comunità energetiche rinnovabili, aree idonee e nuove regole del mercato, che dovranno anche agevolare la diffusione dei sistemi di accumulo”. Condizioni necessarie, secondo Viscontini “per poter raggiungere nel 2023 un obiettivo minimo di almeno 6 GW di nuovo installato, che non sarà ancora quel che serve, ma significherà un passo in avanti importante”. SolarPower Europe tira le somme del settore fotovoltaico: con una capacità cumulativa installata al 2022 di 24,6 gigawatt, l’Italia porta a casa solo il 48% dell’obiettivo di 51 gigawatt indicato dal Pniec, il Piano nazionale integrato per l’Energia e il clima che dovrà al più presto essere aggiornato, per adeguarsi ai target del Fit for 55 europeo. Significa passare da un obiettivo di 51 GW a quello più ambizioso di 71,2 GW, più del doppio rispetto alla capacità attuale.

Dal Fer 2 (che non c’è) alle gare sugli incentivi che non convengono – Rispetto alle sfide, i passi fatti sono pochi e lenti. Mentre si discute delle misure contenute nell’ultima bozza dell’ulteriore decreto per velocizzare l’attuazione del Pnrr da circa tre anni si attende il decreto Fer2, che avrebbe dovuto incentivare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili innovative o con costi di generazione elevati. Insomma, quelle che hanno bisogno di una spinta per diventare competitive. “A giugno 2022 ho partecipato a un evento in Senato – racconta David Moser – nel corso del quale l’allora portavoce del ministro Cingolani aveva spiegato che era in dirittura d’arrivo”. Più volte citato anche dal governo Meloni come prova dell’impegno dell’esecutivo, in realtà non è tuttora arrivato. Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, la sua attuazione consentirebbe “di incentivare 4.590 megawatt di impianti”. A fine gennaio, in occasione di un incontro promosso dall’Unione geotermica italiana che chiedeva lumi a riguardo, Pichetto Fratin ha fatto sapere che il decreto è all’esame dell’Ue per le verifiche di compatibilità. Dovrebbe essere pronto entro la primavera e per la geotermia, ad esempio, sarebbe un importante passo in avanti. “Il contributo del Fer 2 sarà importante per alcuni settori, ma relativo rispetto all’installato totale”, spiega Moser. Nel frattempo, anche la decima gara prevista dal decreto Fer 1 per gli incentivi alle rinnovabili si è chiusa con esiti piuttosto scoraggianti: secondo i dati diffusi dal Gse sono stati assegnati solo 144,7 megawatt a impianti fotovoltaici ed eolici su un contingente di 2.321 megawatt. Un déjà vu.

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