“Generare” efficienza, “controllo dei costi”, “accelerare” i processi decisionali. Insomma: “Ristrutturare la nostra organizzazione”. Tradotto: Spotify licenzia. La piattaforma di streaming musicale ridurrà del 6% i suoi 9.808 dipendenti, allungando così la lista delle società tecnologiche che stanno tagliando la propria forza lavoro. La comunicazione è stata data dal ceo Daniel Ek con un messaggio ai lavoratori: “Sono stato troppo ambizioso ad investire oltre la nostra crescita dei ricavi – ha detto Ek – Sarebbe stato insostenibile nel lungo termine in qualsiasi circostanza, ma in questo contesto sfidante chiudere il gap sarebbe ancora più difficile”.

Come accaduto con Meta, Microsoft, Amazon e Google, insomma, i dipendenti pagano le scommesse sbagliate dei manager che hanno portato a oltre 200mila licenziamenti in poco più di un anno. Una strage di posti di lavoro. “Continuo a ripetere che la velocità è la strategia più difendibile che un’impresa possa avere. Ma la velocità da sola non è sufficiente. Dobbiamo anche operare con efficienza. Sono queste due cose assieme che assicurano il successo di lungo termine”, afferma Ek nella lettera, pubblicata sul sito di Spotify. “Mentre negli ultimi anni abbiamo fatto grandi progressi nel migliorare la velocità, non ci siamo focalizzati altrettanto per migliorare l’efficienza”.

Ek ha evidenziato come nel 2022 la crescita delle spese operative di Spotify sia stata il doppio di quella dei ricavi, un rapporto “insostenibile” nel lungo termine e ancor di più in un contesto complesso come quello attuale. “Mi assumo la piena responsabilità delle decisioni che prendiamo oggi” ma “sono convinto che per effetto di queste dure scelte saremo meglio posizionati per il futuro”. E definisce quindi “ambiziosi” gli obiettivi, sottolineando che “niente è cambiato nel nostro intento di raggiungerli”.

Ai dipendenti verrà riconosciuta un’indennità media di cinque mesi, accompagnata dal perdurare per tutto il periodo dall’assicurazione sanitaria. Spotify stima in 35-45 milioni di euro il costo una tantum legato all’uscita del personale. La riorganizzazione vede anche un riassetto al vertice di comando, con l’uscita di Dawn Ostroff, responsabile dei contenuti e della pubblicità, e la promozione di Alex Norström a chief business officer e di Gustav Söderström a chief product officer, entrambi nominati anche co-presidenti.

I tagli del personale sono così accolti come una buona notizia dalla Borsa. I titoli del colosso della musica in streaming arrivano infatti a guadagnare il 4,5%, confermando come gli investitori appoggiano l’ondata di tagli decisi dai colossi di Big Tech per far fronte ai costi crescenti e ai ricavi in calo. L’idea di società più snelle e concentrate sulla redditività è ritenuto infatti un segnale positivo in un contesto di incertezza economica e di rialzi dei tassi di interesse.

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