Manifestazioni e scontri con la polizia a Lützerath, dove 10mila persone, compresa Greta Thunberg, stanno protestando contro l’espansione della locale miniera in Nord-Reno Vestfalia. Gli agenti sono intervenuti per sgomberare gli accampamenti ambientalisti sorti a difesa della cittadina e a quel punto, secondo quanto riferisce un portavoce della polizia di Aquisgrana, sono scoppiati “scontri violenti, alcuni manifestanti lanciano razzi e pietre e gli agenti hanno dovuto usare lo spray al peperoncino“. Intanto, una quindicina di manifestanti è entrata nella miniera di carbone.

Non si ferma quindi la protesta, nonostante dal 10 gennaio siano iniziate le operazioni di sgombero di ciò che rimane del villaggio per estendere la miniera di Garzweiler ed arrivare a estrarre, nell’area, 280 milioni di lignite entro il 2030, contro gli attuali 25 milioni all’anno. La lignite è carbone fossile molto inquinante (e a bassa capacità energetica) di cui la Germania è ricca. La miniera è attiva dall’inizio degli anni Sessanta e oggi si estende per circa 48 chilometri quadrati. In questi giorni sono stati allontanati anche centinaia di attivisti accampati lì da tempo che, però, non si sono fermati. E Greta Thunberg si è unita alle proteste. Una vicenda anche politica perché causa di un forte contrasto tra i gruppi ambientalisti come Greenpeace e Fridays For Future e il loro partito di riferimento, i Verdi, nella coalizione del governo nazionale (e in maggioranza anche nel Nord Reno-Westfalia). Già a ottobre, il cancelliere Olaf Scholz aveva annunciato la riapertura di cinque centrali elettriche alimentate a lignite.

L’accordo tedesco e le parole di Greta – Ed è stato proprio il presidente del partito ambientalista, Robert Habeck, che da poco più di un anno ricopre anche la doppia carica di vice-cancelliere e ministro dell’Economia, a trovare un accordo con il colosso energetico RWE. La società avrebbe potuto estendere la miniera di Garzweiler (anche se con estrazione giornaliera dimezzata) decretando così la totale demolizione dei villaggi di Lützerath e Keyenberg, ma avrebbe dovuto rinunciare a ulteriori piani che mettevano a rischio l’esistenza di altri cinque villaggi nella stessa area. Il tutto, a fronte dell’uscita anticipata dal carbone al 2030. Un accordo che divide lo stesso partito. Basti pensare al caso di Luisa Neubauer, che lo ha criticato aspramente pur essendo membro della stessa formazione (ma anche tra i leader del movimento Fridays For Future). “La Germania si sta davvero mettendo in imbarazzo in questo momento” ha detto Greta Thunberg invitando tutti a protestare. In queste ore si è svolta un’altra grande manifestazione.

La lotta degli ambientalisti – L’accordo, però, non ha fermato la protesta degli attivisti. In centinaia quelli che già dal 2020 si sono accampati per impedire l’estrazione di lignite, tutt’altro che inclini a dimenticare i cento abitanti del villaggio di Lützerath che dal 2006 sono stati costretti ad andarsene a causa delle pressioni della lobby dell’industria fossile lasciando un luogo fantasma. Sono stati trasferiti in un paese di nuova realizzazione, Immerath. D’altro canto l’espansione di quella miniera ha provocato la distruzione di una ventina di paesi negli ultimi sessant’anni, anche di Garzweiler che ha dato il nome alla stessa miniera. Dal 2020 diversi movimenti ambientalisti si sono installati negli edifici abbandonati “costruendo case sugli alberi, impianti fotovoltaici, centri comunitari e ripopolando un villaggio fantasma per dimostrare che una società basata sulla giustizia climatica e la solidarietà è possibile” ricorda Greenpeace. Non li ha fermati neppure una sentenza arrivata in autunno, che ha vietato ogni accesso nell’area a partire dal 10 gennaio 2023. Sono iniziati, così, gli scontri. Anche Greta Thunberg ha visitato la miniera di lignite, con un cartello sui cui era scritto ‘lasciatela sottoterra’, criticando anche l’intervento della polizia definendolo “oltraggiosa violenza poliziesca”. “È scioccante vedere cosa sta accadendo. Vogliamo mostrare com’è il potere del popolo, com’è la democrazia” ha detto. Nel frattempo, però, lo sgombero va avanti.

I rischi di una delle più grandi “bombe al carbonio” d’Europa – Secondo gli ambientalisti si va incontro all’immissione in atmosfera di 280 milioni di tonnellate di anidride carbonica, mentre la miniera in questione rappresenta “una delle più grandi bombe di carbonio in Europa” ricorda Greenpeace, ricordando che l’area mineraria del Reno è la maggiore fonte di emissioni di CO2 d’Europa. “Lützerath è un limite che non possiamo superare. Se venisse estratto tutto il carbone su cui si trova sarebbe impossibile per la Germania rispettare l’Accordo di Parigi” dichiara Karsten Smid, esperta di energia di Greenpeace Germania. “La posta in gioco qui non è solo la Germania che non rispetta l’Accordo di Parigi, ma anche le compagnie di combustibili fossili che distruggono il nostro futuro per profitti a breve termine” spiega Chiara Campione, responsabile della campagna Clima di Greenpeace Italia, che sottolinea “la complicità di Unicredit e Intesa Sanpaolo, due delle più importanti banche italiane che stanno largamente finanziando questo folle progetto con centinaia di milioni di euro”. Secondo ReCommon, infatti, Intesa Sanpaolo è il primo investitore italiano in RWE, con 135 milioni di euro. Dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi, Intesa e UniCredit hanno finanziato la multi-utility tedesca che produce ancora energia derivante dal carbone per circa il 30%, con 2 miliardi di euro.

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