I comandanti delle due navi umanitarie che il Viminale ha “indirizzato” ad Ancona avevano chiesto l’assegnazione di porti meno distanti proprio per l’arrivo del maltempo che avrebbe potuto complicare i quattro giorni di navigazione necessari a raggiungere il capoluogo marchigiano. “Come previsto, il tempo è gravemente peggiorato con venti di 40 nodi e onde fino a 6 metri, aggiungendo dolore ai 37 sopravvissuti sulla Ocean Viking che sono appena scampati alla morte”, ha twittato Sos Mediterranee nell’attesa che la nave arrivi alla banchina 22 del porto. Appena ieri il ministro degli Interni Matteo Piantedosi aveva dato rassicurazioni, definendo le condizioni meteo “non proibitive” e rispedendo al mittente le proteste delle ong per l’assegnazione di porti lontani dalle aree di mare dove sono avvenuti i soccorsi. Intanto il maltempo ritarderà l’arrivo dell’altra nave, la Geo Barents di Medici Senza Frontiere, che a causa del maltempo non arriverà prima di domani sera o forse giovedì.

Continua lo scontro tra il governo e le Ong impegnate nei salvataggi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Dopo Livorno e Ravenna, due navi umanitarie si sono viste assegnare il porto adriatico di Ancona, a quattro giorni di navigazione dai luoghi dove sono avvenuti i soccorsi delle 110 persone a bordo, salvate a Nord delle coste libiche. I primi ad arrivare sono stati i 37 della Ocean Viking, di cui 25 adulti e 12 minori. “Il 95% soffre di mal di mare”, aveva scritto la Ong francese riportando le condizioni del maltempo con onde fino a 6 metri. “Queste ulteriori sofferenze avrebbero potuto essere evitate con la designazione di un “place of safety” più vicino in Italia”, aveva poi aggiunto l’organizzazione umanitaria, rilanciando la contrarietà alle decisioni del governo. “Le nostre trattative con le autorità italiane per un porto più vicino purtroppo non hanno avuto successo e abbiamo accettato di andare ad Ancona perché sbarcare le persone rimane la priorità, ma non vuol dire che siamo d’accordo“, ha fatto sapere Medici Senza Frontiere che gestisce la Geo Barents, con 73 persone a bordo di cui 18 minori e rallentata dal meteo: “A causa del maltempo Geo Barents (nel video sotto la situazione a bordo) arriverà, nelle migliori delle ipotesi, solo nella serata di domani 11 gennaio ad Ancona”, comunica Msf. “Il maltempo era prevedibile e a questo punto abbiamo dovuto rallentare per forza, sia per tutelare l’equipaggio che i sopravvissuti a bordo, tutti col mal di mare”, spiega a ilfattoquotidiano.it il Juan Matias Gil, capomissione SAR di Msf. “La scelta del governo è in contraddizione con la legge e il buonsenso e il nostro team è al lavoro per valutare tutte le opzioni possibili per opporci a queste decisioni”, avverte.

La politica – Ocean Viking e Geo Barents “sono navi di stazza importante, in passato si sono trattenute in mare per 2 o 3 settimane in condizioni meteo simili a queste, non sono proibitive, nulla di eccezionale”, aveva detto ieri il ministro dell’Interno Piantedosi in conferenza stampa ad Agrigento. Il ministro ha assicurato che “facciamo le cose in modo responsabile. Puntiamo ad un’equa distribuzione su tutti gli altri luoghi di possibile sbarco, con il compito di sgravare Sicilia e Calabria non devono essere condannate ad essere il campo profughi dell’Europa”. Chi critica la strategia del governo fa notare che più della metà degli sbarchi riguarda persone soccorse in mare dalla Guardia costiera (il 54% nei primi nove giorni di gennaio) e che queste continuano a sbarcare nei porti del Sud Italia. Inoltre, c’è chi accusa l’Italia di approfittare della discrezionalità concessa dal diritto internazionale in merito all’assegnazione del porto sicuro, ledendo i diritti fondamentali delle persone che vengono soccorse. Secondo le Ong, invece, le destinazioni del Centro-Nord sono una scelta “contraria al diritto marittimo internazionale e il miglior interesse dei sopravvissuti. Ancora una volta – aggiunge Msf – questa decisione prende di mira le ong di ricerca e soccorso, ma il vero prezzo lo pagheranno le persone che fuggono attraverso il Mediterraneo centrale e si trovano in situazioni di disagio. Non rimarremo silenziosi e inattivi”.

I migranti della Ocean Viking – Intanto Ancona accoglie i migranti sbarcati dalla Ocean Viking che, ha assicurato la Prefettura con riferimento a questo arrivo, dovrebbero rimanere tutti nelle Marche. I 25 adulti saranno distribuiti nei centri di accoglienza della regione, in accordo con le altre Prefetture. I 12 minori stranieri non accompagnati trascorreranno invece la notte in un centro di accoglienza straordinario, una struttura ricettiva individuata dalla stessa Prefettura. A partire da domani andranno in centri per minorenni delle Marche in base alla disponibilità di posti. Lo stesso dovrebbe accadere per i 18 minori a bordo della Geo Barents, ma al momento non si conosce ancora le destinazione degli adulti. Sull’accoglienza delle persone in arrivo si è espressa anche la politica regionale che, da Sinistra a Destra, ha assicurato che il territorio saprà fare la sua parte. Dal Partito democratico arrivano critiche al governo: “Ha prolungato le sofferenze di persone che hanno già sofferto in Libia e chiederemo conto di scelte che vanno fatte secondo procedure che rispettino pienamente il diritto vigente”, ha detto in una nota il gruppo del Pd in regione.

“Ero pronto a morire in mare” – Tra i 73 a bordo della Geo Barents anche il ventunenne eritreo (nella foto in alto, ndr), cresciuto in Sudan ed emigrato in Libia per cercare lavoro. “Sono stato torturato. Mi hanno legato le mani e bruciato con una sbarra di ferro ardente. Ho il petto pieno di cicatrici. Ci colpivano con il fucile o ci bruciavano il petto con metalli ardenti. Ci costringevano a chiamare la famiglia per chiedere aiuto, per mandare i soldi del riscatto”, ha raccontato all’equipaggio della nave umanitaria mentre è diretto ad Ancona. “La tortura ha molte forme in Libia. Vedi *donne stuprate* davanti a te e non puoi fare nulla anche se arrivano dal Sudan come te. Se provi ad aiutarle ti minacciano con la pistola o ti picchiano con un bastone”. E ancora: “Ero pronto a morire in mare pur di non essere catturato dalla guardia costiera libica ed essere riportato indietro e subire di nuovo umiliazioni e torture. In mare il gommone si muoveva su e giù. Un uomo ha visto una barca di pescatori in lontananza e ha cominciato ad urlare che era la guardia costiera libica. Tutti sono stati presi dal panico, le persone vomitavano, avrebbero preferito morire in mare”. E conclude: “Ora sulla nave di Medici Senza Frontiere mi sento al sicuro ma, allo stesso tempo, non sono ancora completamente sollevato perché sono ancora in mare e ho paura di tornare indietro. Non vedo l’ora di raggiungere l’Italia e toccare terra per iniziare a dimenticare tutto quello che ho vissuto in Libia e in Africa”.

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