Un presidio davanti alla sede di Livorno dell’azienda italofrancese Cheddite che produce cartucce per armi leggere. Decine di persone si sono ritrovate davanti ai cancelli dello stabilimento dopo la pubblicazione di un’inchiesta di France24 secondo la quale le cartucce create dall’azienda toscana sono state usate in Iran dalla polizia morale contro i manifestati. Le cartucce ritrovate a Teheran, infatti, come mostra France24, riportano il marchio “12*12*12*12*“, lo stesso della Cheddite. Da qui la manifestazione organizzata dal Coordinamento Livornese per il ritiro delle missioni militari all’estero: “Vogliamo chiarezza su questa vendita di armi – si legge in una nota del Coordinamento – E’ la punta dell’iceberg di un export di armi diretto verso fulgide democrazie come l’Egitto, la Turchia o l’Arabia Saudita, che è proseguito senza variazioni sensibili tanto durante i governi Conte quanto durante il governo Draghi e l’attuale governo Meloni”. I manifestanti si dicono “pienamente solidali con la rivolta in Iran contro il Governo religioso di Raisi. È il protagonismo delle classi sfruttate e oppresse, dei giovani, delle donne, che sta aprendo percorsi di liberazione e possibilità rivoluzionarie nella regione, mentre le sanzioni del governo Usa hanno contribuito a fortificare la parte più reazionaria della
società e della politica iraniana, colpendo le classi popolari e le fasce più fragili della popolazione”.

Il coinvolgimento dell’azienda Cheddite non è nuovo, spiega il Coordinamento. Già negli anni precedenti, viene spiegato, il regime militare birmano aveva fatto uso delle cartucce prodotte dall’azienda di Livorno e questo sarebbe stato possibile nel momento in cui la Cheddite riuscirebbe a sfuggire a controlli più precisi, perché produttrice di “armi leggere”. La Cheddite è registrata dal 2014 al Registro del Ministero della Difesa per le imprese esportatrici di armamenti ai sensi della Legge 185 del 1990. Una lettera al ministro Antonio Tajani (Esteri), al ministro Matteo Piantedosi (Interno) e al ministro Guido Crosetto (Difesa) è stata inviata da parte di alcune associazioni come Amnesty Italia, Italia Birmania Insieme, Opal, Rete Pace Disarmo e Atlante delle guerre per avere delle risposte concrete. “Il fatto che le armi italiane, cartucce utilizzabili nella repressione di piazza, giungano persino in Iran, Paese sottoposto a un divieto assoluto di vendita di armi, la dice lunga sul potere che la lobby delle armi ha nel nostro Paese – sottolinea Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo – L’industria bellica vale meno dell’1% del Pil, ma è riuscita a esprimere un ministro nel Governo Meloni, Guido Crosetto, ex presidente Aiad, ed a influenzare a suo piacimento la politica dei governi Conte e Draghi. Fermare l’export illegale e immorale di armi è possibile, manca la volontà politica”.

I cittadini, nel frattempo, manifestano il loro totale dissenso non solo per quest’ultimo episodio ma anche perché non vogliono che la loro città rappresenti un luogo di produzione di armi per Paesi autoritari: “La città di Livorno, dove oltre alla Cheddite ha sede la Leonardo-Finmeccanica, importante porto di transito internazionale, a due passi dalla base militare americana di Camp Darby, non vuole essere un luogo di produzione e transito di strumenti di morte e repressione”.

A prendere posizione in queste ore è stata anche la segreteria livornese della Filctem, la sigla della Cgil che si occupa del settore chimica, tessile, energia: “È quanto mai urgente che si faccia chiarezza sulla vicenda – si legge in un comunicato – Non possiamo permetterci che sussistano ombre del genere su di un’azienda con sede nel nostro territorio. La drammatica repressione delle proteste di piazza da parte del regime iraniano è semplicemente inaccettabile e criminale”. La Filctem livornese chiede “che si allestisca urgentemente una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sulla vicenda. È fondamentale capire se l’azienda abbia davvero venduto proiettili al regime di Teheran. Auspichiamo che la nostra richiesta venga supportata convintamente anche dalle istituzioni locali e regionali“. Che al momento sono in perfetto silenzio. Aurora Trotta, consigliera comunale di Potere al popolo a Livorno,. ha presentato una mozione: “Livorno vuole dimostrare di essere città di pace non solo a parole, ma con i fatti”.

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