Fatima, Yasmine, Zoya, Khadija e X sono cinque ragazze che hanno deciso di ribellarsi alle nozze forzate. Per essere libere hanno rinunciato a tutto: sono fuggite lontano da casa, hanno rotto ogni rapporto con la famiglia, sono state costrette a cambiare identità. Le loro storie sono state raccolte da Martina Castigliani, giornalista de Il Fatto Quotidiano.it nel libro “Libere. Il nostro NO ai matrimoni forzati” (edizione PaperFirst), presentato in diretta alla fiera della piccola e media editoria ‘Più libri, più liberi‘, nel corso di un incontro moderato da Bianca Berlinguer, con gli interventi della deputata dem e candidata alla segreteria Pd Elly Schlein, della giornalista Karima Moual, della fondatrice di Trama di Terre Tiziana Dal Pra e dell’amministratrice delegata di Seif SpA e presidente della Fondazione Il Fatto Quotidiano Cinzia Monteverdi.
Nel libro di Castigliani (con le illustrazioni di Elisabetta Ferrari) le cinque donne si raccontano in esclusiva, nonostante i rischi: il rifiuto non è mai stato accettato e sono ancora oggi in pericolo. Se hanno deciso di esporsi è “per tutte le altre“, obbligate a subire violenze. “È importante la loro decisione di condividere con noi i loro percorsi di libertà e autodeterminazione“, spiega Castigliani. “Di queste ragazze noi sentiamo parlare soltanto quando sono vittime di femminicidio, non ce ne occupiamo mai quando invece chiedono sostegno nei loro percorsi di ribellione. A più di un anno e mezzo dalla morte di Saman Abbas, ancora non si è fatto abbastanza sulla prevenzione. Ma queste ragazze con le loro testimonianze ci dicono che si può fare qualcosa, che un’alternativa c’è, esiste“.
“Ci sono comunità in cui abbiamo famiglie che rimangono chiuse a casa loro, a parlare solo nella loro lingua, che costruiscono un immaginario del loro Paese lasciato 30 o 40 anni fa, che intanto magari si è emancipato. E le ragazze rischiano di pagare con la loro vita scelte che invece per noi possono essere molto semplici, di libertà. Noi dobbiamo aiutarle a scappare, ma la nostra vera sfida è quella di salvare pure i genitori”, spiega Karima Moual.
“Quella invisibilità deve finire, serve una rete di supporto. Siamo un Paese che è meta di fenomeni migratori, ma non ci ha ancora fatto i conti, perché l’approccio nelle politiche è rimasto di tipo emergenziale. Vergognoso che in questi anni sia stato negato alle seconde generazioni il diritto alla cittadinanza“, aggiunge Schlein. E ancora: “Serve attivare strumenti di supporto preventivo, questo passa anche da un tema dimenticato dalla politica, ovvero la mediazione culturale“. E anche Tiziana Dal Pra, fondatrice di Trama di Terre (associazione interculturale di donne provenienti da tutto il mondo attiva a Imola dal 1997), spiega: “Le norme esistenti non fanno alcun cenno alla prevenzione, alla sensibilizzazione, alle raccolte di dati. Bisogna agire nelle scuole, nei luoghi dove le ragazze potrebbero svelarsi e chiedere aiuto. C’è anche un problema di lingua: le campagne informative dovrebbe essere venire capite anche dalle madri, che molte volte sono a loro volta vittime di violenza patriarcale da molto prima delle figlie”. “Bisogna unire le forze e sensibilizzare, perché la loro fuga parte dal coraggio e le donne ne hanno di più”, ha concluso Cinzia Monteverdi.
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