Ischia, la frana ricalca la mappa del rischio alluvionale. Un percorso prevedibile, ma privo di manutenzione nonostante i fondi stanziati

Vogliamo davvero raccontarci che è tutta colpa dell’abusivismo? Tra le mappe di Ischia che ormai tutti hanno visto almeno una volta, quelle satellitari dell’ESA che delimitano la frana e quelle elaborate dall’Ispra sul rischio di frane e alluvioni raccontano un fatto. Basta sovrapporle per accorgersi che il percorso delle frane ha ricalcato quasi alla perfezione le zone a rischio alluvione. Zone che l’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, dichiara di aver visitato di recente e di aver trovato piene di “tombamenti, edificazioni e strade alveo”. I sopralluoghi dell’Autorità confermerebbero quanto denunciato dall’ex sindaco di Casamicciola, Giuseppe Conte, che alla vigilia della tragedia ha inviato via mail un appello a mettere in salvo la cittadinanza e negli anni passati ha più volte chiesto conto dei mancati interventi, a partire da quelli già finanziati dei quali ancora oggi non c’è traccia.

Le mappe satellitari del sistema Copernicus della Commissione europea hanno delimitato (in giallo) il percorso delle frane della notte tra il 25 e 25 novembre scorsi. Sovrapponendo questa mappa a quella eleborata dall’Ispra in base ai dati dell’Autorità di bacino sul rischio idrogeologico emerge come l’acqua e la terra precipitate dalla montagna abbiano seguito un percorso noto, quello della rete idrografica del territorio, dei canaloni ai piedi del monte e, più a valle, degli alvei che fungono da canali di scolo perché pioggia e fango arrivino al mare. Un percorso ovviamente a rischio alluvioni, tanto da essere chiaramente segnalato, perché come tutti i canali e i corsi d’acqua può tracimare. Ora: vista la memoria dell’acqua confermata dal percorso seguito dalla frana, in che condizioni versava questo percorso?

Aniello Di Iorio, geologo di Ischia con studi in Germania, racconta di una situazione che ad andar bene è priva di manutenzione da più di dieci anni. “Nel 2009 hanno realizzato opere per la messa in sicurezza di uno dei canaloni che scendono a valle”, spiega riferendosi alle fratture naturali della crosta terrestre dove l’acqua si insinua nella sua discesa verso il mare. “Ma da allora non c’è stata manutenzione e negli anni si sono addensate grosse quantità di materiale che hanno ostruito il percorso, compreso l’ultimo tratto, completamente tombato”. Quanto alla faglia sopra la zona del Celario, quella più colpita, “è ben visibile da almeno 20 anni eppure non è mai stata presa in considerazione, e che io sappia non esiste un progetto per metterla in sicurezza”. Un vero a proprio azzardo per un monte che fino ai primi del novecento era ricco di terrazzamenti coltivati, muri a secco, vegetazione potata a intervalli regolari e canali di scolo dotati di briglie per rallentare l’acqua. “Col turismo la montagna è stata abbandonata, ma andava messa in sicurezza”, conclude Di Iorio.

Di canali tombati, edificazioni a rischio e alvei trasformati in strade parla anche l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, che considera pericolose le “ostruzioni” riscontrate. Tanto che “la presenza di queste ostruzioni potrebbe aver anche modificato il percorso del flusso creando quelle deviazioni che abbiamo notato sul terreno, con la colata di fango che ha letteralmente attraversato le case”, ha detto a il Mattino il segretario generale dell’Autorità, Vera Corbelli. “Le persone devono capire che in alcune aree non si può abitare”, ha detto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca all’indomani della tragedia parlando dell’abusivismo nell’isola. Vero. Ma è altrettanto vero che le istituzioni competenti devono capire che in alcune aree i lavori necessari a mitigare il dissesto idrogeologico vanno portati a termine. Invece, a mettere in fila le denunce e le relazioni inviate agli enti locali da Giuseppe Conte, sindaco di Casamicciola Terme negli anni ’90, i lavori non ci sono stati.

Dopo l’alluvione del 10 novembre 2009, un’ordinanza della presidenza del Consiglio finanzia un intervento contro il “pericolo di ostruzioni degli imbocchi dei tratti tombati mediante opere trasversali di trattenuta del materiale di trasporto solido sugli alvei Senigallia, Negroponte, Fasaniello, Pozzillo, La Rita, Cava del Monaco” a Casamicciola. Il governo ci mette un commissario, poi sostituito dall’allora assessore ai lavori pubblici della Campania, a sua volta soppiantato da altro responsabile che verrà nuovamente rimpiazzato. Per chiudere in bellezza, la Regione preferisce esautorare se stessa e nominare nuovo ente attuatore il Comune di Casamicciola, che seppellisce di carte. “Uno scaricabarile“, ha accusato l’ex sindaco Conte, che punta il dito anche sugli altri interventi decisi e mai realizzati. Nell’agosto del 2017, poi, arriva il terremoto e ciò che era lento diventa immobile. Con Conte e altri cittadini che denunciano l’ostruzione dei valloni del monte Epomeo e degli alvei di Casamicciola, ulteriormente riempiti di detriti dalle frane causate dal sisma. Una situazione che si sarebbe trascinata fino ai giorni nostri e sulla quale la Procura di Napoli, che indaga per disastro colposo, dovrà far luce appurando le responsabilità sui ritardi, sui mancati interventi e sulle responsabilità istituzionali accumulate negli anni.

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