Pure Confindustria critica il governo di Giorgia Meloni sull’aumento del tetto al contante a cinquemila euro e sui pagamenti elettronici. “Non l’abbiamo mai chiesto, riteniamo che non apportino neanche un punto di Pil potenziale, neanche qualche decimale. Sono scelte politiche“, dice Carlo Bonomi, presidente degli industriali, davanti alle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, che oggi hanno cominciato le audizioni sulle manovra.

“Contraddicono impegni con l’Ue” – Oltre all’aumento del limite al denaro cash, infatti, nella prima legge di bilancio del nuovo esecutivo di centrodestra viene rimosso l’obbligo per i commercianti di accettare il bancomat per i pagamenti inferiori ai 60 euro. “Non comprendiamo la ragione per cui si sia optato per un sostanziale dietrofront rispetto al Pnrr in tema di pagamenti elettronici, contraddicendo un impegno preso con la Commissione europea che rientrava tra quelli funzionali alla seconda rata dei finanziamenti del Piano”, ha detto Bonomi nella sua audizione. “Confidiamo, dunque, che si tratti di una mera svista, che, di fatto, rischia di rallentare il processo di digitalizzazione del Paese e ostacolare la lotta all’evasione”, ha proseguito il presidente di Confindustria.

Il doppio incentivo all’evasione – In un primo momento, in una bozza della legge di bilancio, si prevedeva che i commercianti potessero rifiutare il pagamento tramite Pos a partire dalle cifre inferiore ai 30 euro. Nella versione definitiva della manovra, però, che limite è stato raddoppiato e portato fino a 60 euro. Un doppio incentivo all’evasione, secondo numerosi esponenti dell’opposizione. A differenza delle cifre inferiori ai 30 euro, infatti, è oggettivamente difficile considerare una transazione da 60 euro come un micropagamento. Dopo le polemiche, in ogni caso, arrivata una nota di Palazzo Chigi per precisare che sul tema dell’obbligo dell’uso del Pos sono in corso “interlocuzioni con la Commissione europea”. Degli esiti di queste “interlocuzioni“, precisava la presidenza del Consiglio, “si terrà conto nel prosieguo dell’iter della legge di bilancio”. E dunque possibile che ci siano modifiche in questo senso, visto che tra l’altro anche il Pd e i 5 stelle si oppongono fortemente alla rimozione dell’obbligo di pos. E ora anche gli industriali si schierano contro il governo e a favore dei pagamenti elettronici.

Le critiche al cuneo fiscale – Nel resto della sua audizione Bonomi ha spiegato di avere perplessità anche su altre parti della manovra. Per noi “è una delusione” l’intervento “risibile” sul cuneo fiscale, “ma anche su altre misure non vediamo una attenzione alla crescita del Paese”, e “ci ha colpito che non c’è nessuna attenzione al Mezzogiorno d’Italia“, ha detto il numero uno di viale dell’Astronomia. “Siamo nella condizione di auspicare che la guerra in Ucraina continui per avere la decontribuzione al Sud, ed ovviamente non è nelle corde di nessuno auspicare che una guerra continui”, ha continuato Bonomi. Ovviamente la nota principale di delusione per il presidente di Confindustria è legata alle “risorse mancate per gli investimenti delle imprese” dovute “anche al fatto che una parte delle risorse a disposizione, al netto degli interventi sull’energia, vengono impiegate per obiettivi a nostro avviso non prioritari in questa fase di emergenza e, comunque, discutibili nel merito”. Bonomi ha spiegato di riferirsi “alle misure sulle cosiddette flat tax e a quelle in tema di prepensionamenti“.

“Flat tax mina progressività” – A proposito delle misure per la cosiddetta tassa piatta, il numero uno degli industriali ha detto che “costituiscono in realtà un’estensione di regimi forfetari esistenti, che minano il principio di progressività delle imposte e, soprattutto, creano sperequazioni tra lavoro autonomo e subordinato”. Misure “distorsive”, rileva Confindustria che “rischiano di minare alla base il lavoro dipendente, col rischio concreto di spostamento sul lavoro autonomo e con inevitabili effetti sulla sostenibilità del sistema previdenziale”. Quanto agli interventi sulle pensioni “si tratta di scelte che si allontanano di nuovo dall’obiettivo di mettere in sicurezza la spesa previdenziale italiana, senza arrecare alcuna utilità – come già attestato dai numeri – in termini di ricambio generazionale e accesso dei giovani al mercato del lavoro”. Critiche anche a quota 103 con cui il governo, secondo Bonomi, “si limita a individuare, senza alcuna connessione – ad esempio – con la gravosità dell’attività lavorativa, una platea di lavoratori cui riservare requisiti agevolati per il pensionamento, determinando peraltro un impatto rilevante sui conti pensionistici: 570 milioni nel 2023 e 1,2 miliardi nel 2024. Inoltre, come per Quota 100 (per cui il tasso di sostituzione tra ingressi e uscite è stato stimato attorno a 0,4), vi è il più che fondato rischio che l’introduzione di questa nuova quota non risponderà alla necessità di allargare la base occupazione e favorire l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro”. Secondo Bonomi, in definitiva, “quello che a nostro avviso manca in questa legge di bilancio è la visione su quanto sta succedendo. Tutti siamo convinti che l’anno prossimo ci sarà un rallentamento. Servono interventi anticiclici, interventi forti per sostenere la crescita, i redditi bassi e i consumi, interventi destinati a creare punti di pil nel Paese“. Non come le misure su contanti e Pos, ha ripetuto il presidente di Confindustria, che “non sono anticiclici: non l’abbiamo mai chiesto, riteniamo che non apportino neanche un punto di Pil potenziale, neanche qualche decimale. Sono scelte politiche”.

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