Nel maggio 2018 l’allora amministratore delegato del Manchester United Ed Woodward disse all’assemblea dei soci che le prestazioni sportive del club non avevano alcun impatto significativo sui risultati commerciali della società. Agli sgoccioli dell’era Mourinho, dopo le non felici esperienza di Moyes, Giggs e Van Gaal, i Red Devils continuavano a viaggiare con il vento in poppa a livello di bilancio nonostante tutte le difficoltà incontrate nella fase di transizione postFerguson. Fase mai del tutto conclusa, vista la difficoltà nel trovare un tecnico capace di aprire un ciclo duraturo e competitivo ai massimi livelli. Il modello Woodward però non sembra funzionare più, come mostrato dalla pubblicazione dei dati di bilancio 2021/22, che per il terzo anno consecutivo hanno visto il Manchester United chiudere con un disavanzo.

Un risultato che solo tre-quattro anni fa era difficile da immaginare, vista la lunga tradizione di bilanci chiusi in attivo da parte dello United. Ancora più remota appariva la possibilità che i rivali del Manchester City potessero scavalcare il club di Old Trafford sotto il profilo delle entrate commerciali, e questo per i tifosi dei Red Devils dovrebbe essere un dato più preoccupante del 6-3 incassato nel derby. Il Manchester United non deve più rincorrere le rivali solo dal punto di vista tecnico, ma ha perso la propria leadership anche a livello gestionale e organizzativo. Un circolo vizioso che sta costando alla società un capitale. 130 milioni sono le perdite dei Red Devils riportate nel bilancio 21/22, che quindi non considera la faraonica campagna acquisti (e il conseguente aumento del monte stipendi) da 240 milioni di euro condotta quest’estate.

In attesa dei dati delle altre big di Premier, è la terza perdita più alta di sempre fatta registrare in Inghilterra dopo i 216 milioni del Manchester City 2010/11 e 162 milioni del Chelsea 2020/21. Eppure lo United ha incrementato di quasi 100 milioni le proprie entrate rispetto all’esercizio di bilancio precedente, arrivando a quota 653, una cifra ancora distante dal record di 712 toccato dalla società nel 2018/19 – si era però nell’epoca pre-pandemia – ma comunque importante. Solo le entrate dai diritti televisivi sono diminuite (-44 milioni), ma questo non è imputabile allo United e risulta essere l’effetto dell’anticipo del versamento di una parte di questi nella stagione precedente per aiutare a compensare le perdite causate dalla chiusura dello stadio e dei negozi ufficiali per il Covid-19.

Ad aumentare però sono stati anche gli stipendi, che hanno toccato quota 423 milioni, ovvero 32 in più di quelli pagati lo scorso anno dal Manchester City campione d’Inghilterra e semifinalista di Champions League. Gli arrivi di Cristiano Ronaldo, Raphaël Varane e Jadon Sancho, ma anche la costosa risoluzione dei contratti di Ole Gunnar Solskjaer, Ralf Rangnick e dei rispettivi assistenti, hanno fatto schizzare i salari, cresciuti del 19% rispetto alla gestione precedente. Cinque anni fa questa voce di costo era più leggera di quasi 100 milioni, eppure a livello di campo non sono stati registrati miglioramenti concreti.

Anzi, nell’ultima stagione il Manchester United ha totalizzato in campionato 58 punti, il peggior risultato da quando nel 1992 è stata creata la Premier League. La stagnazione della crescita commerciale dello United, con il citato sorpasso da parte del City, non può essere imputata solo alle difficoltà – comunque presenti – causate dalla pandemia, ma deriva anche dalla perdita di status internazionale dello squadra a causa delle altalenanti presenze in Champions League. Un esempio palese arriva dalla maglia, che si è svalutata di circa il 25% nel passaggio della sponsorizzazione da Chevrolet a TeamViewer. Negli ultimi cinque anni i Red Devils hanno incassato dalla Uefa premi per circa 300 milioni di euro, una cifra decisamente inferiore rispetto a club quali Manchester City, Chelsea e Liverpool, che oscillano tra i 400 e i 500 milioni.

Senza un miglioramento delle prestazioni la situazione è destinata a peggiorare dalla stagione 2024/25, quando verrà inaugurato il nuovo format XL della Champions League e ogni fallita qualificazione al torneo peserà molto di più in termini di mancati introiti. La soluzione individuata dai vertici societari sembra essere una sola: spendere ancora più soldi. Con la differenza, rispetto a City e Chelsea, che lo United può contare esclusivamente sulle proprie risorse, non avendo una proprietà che pompa nelle casse del club denaro fresco. Anche in questo caso è difficile pensare che alla lunga questa strategia permetta ai Red Devils di tenere il passo delle concorrenti.

Il problema dei big spenders con l’acqua alla gola, in questo caso nel tentativo di colmare un gap sportivo evidente, è che spesso i soldi vengono spesi male, o comunque in quantità maggiore rispetto al reale valore dell’acquisto effettuato. Due settimane fa una pubblicazione del CIES Football Osservatory ha mostrato come nessun club dei primi 5 campionati abbia pagato commissioni di trasferimento gonfiate come il Manchester United. Analizzando i 33 acquisti effettuati dalla società negli ultimi dieci anni, secondo il CIES i Red Devils hanno complessivamente speso 238 milioni di euro in più rispetto al valore di mercato dei giocatori arrivati all’Old Trafford. La somma di queste cattive gestioni ha portato il debito netto del club a oltre mezzo miliardo di euro, che causa ulteriori perdite a causa degli interessi. Nessuna società dai Premier ne paga così tanti come lo United (23 milioni). Se club come Chelsea e Tottenham Hotspur devono fare i conti con perdite nette ancora più ingenti, circostanze e prospettive sono comunque differenti: il miliardo e mezzo di debito dei Blues nei confronti di Roman Abramovich è stato contratto con un prestito a tasso zero, mentre gli Spurs hanno fortemente investito nel nuovo stadio, destinato a fornire nei prossimi anni un notevole impulso ai profitti.

Il Manchester United è dal 2006 che non investe in quello che una volta era il fiore all’occhiello tra gli impianti sportivi in Europa. Eppure, paradossalmente, nonostante le difficoltà finanziarie la famiglia Glazer continua a pagare dividendi. Nel disastroso esercizio di bilancio 2021/22 sono stati 37 i milioni di euro prelevati dal club e versati agli azionisti, che hanno portato a 173 milioni il computo totale dei dividendi liquidati tra il 2017 e il 2022. Non è un caso che il nervosismo della base nei confronti dei Glazer stia nuovamente aumentando. Senza il riscontro del campo, anche l’impero più ricco non può evitare il proprio declino.

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