Darya Dugina è stata uccisa da infiltrati ucraini in Russia. È questa la conclusione alla quale è arrivata, secondo quanto scrive il New York Times, l’intelligence americana sull’esplosione dell’auto che ha provocato la morte della figlia dell’ideologo di estrema destra, Alexander Dugin. Le fonti riservate vicine al dossier citate dal quotidiano americano hanno anche spiegato che gli Stati Uniti “non hanno preso parte all’attacco, né fornendo informazioni né altre forme di assistenza”. Aggiungendo che i servizi Usa non erano a conoscenza dell’operazione e si sarebbero opposti se fossero stati consultati. In seguito, i funzionari americani si sono lamentati con gli omologhi ucraini per l’assassinio, visto che quell’episodio può essere considerato uno dei tanti elementi che rischia di allargare e inasprire ulteriormente lo scontro tra Mosca e Kiev, dando il via a una pericolosa stagione di omicidi politici commessi da ambo le parti.

Una versione, quella di Washington, che si scontra con le dichiarazioni rilasciate dai vertici del governo ucraino nelle ore immediatamente successive all’assassinio della giovane reporter e attivista di ultradestra, quando avevano smentito ogni coinvolgimento respingendo le accuse mosse da Mosca. Nel frattempo, il governo russo aveva fatto circolare le immagini video di quella che sostenevano essere l’agente dell’intelligence ucraina che era riuscita a infiltrarsi in territorio russo, compiere l’attentato e poi fuggire oltre il confine con l’Estonia.

Oggi, secondo le rivelazioni dei funzionari al Nyt, ai vertici dell’intelligence americana c’è fastidio nei confronti di Kiev per la mancanza di trasparenza dimostrata in questa e in altre azioni, nonostante gli ucraini continuino a negare ogni coinvolgimento nell’assassinio di Dugina. Dall’inizio della guerra, i servizi di sicurezza ucraini hanno dimostrato la loro capacità di raggiungere i territori russi per condurre operazioni di sabotaggio, ma l’uccisione dell’attivista di estrema destra russa rappresenta una delle azioni più estreme compiute fino a oggi. Anche perché il sospetto è che fosse il padre il vero obiettivo dell’operazione, una delle voci che più di tutte ha assunto posizioni favorevoli alla guerra contro Kiev.

“Qualsiasi omicidio durante la guerra in un Paese o in un altro deve portare con sé una sorta di significato pratico”, aveva detto il consigliere del presidente Zelensky, Mykhailo Podolyak, in un’intervista proprio al New York Times martedì. Parole che smentivano nuovamente l’ipotesi di un coinvolgimento ucraino, anche per ciò che Podolyak ha detto dopo: “Un omicidio dovrebbe soddisfare uno scopo specifico, tattico o strategico. Una come Dugina non è un obiettivo tattico o strategico per l’Ucraina. Abbiamo altri obiettivi sul territorio dell’Ucraina, intendo collaborazionisti e rappresentanti del comando russo che potrebbero avere valore per i membri dei nostri servizi speciali che lavorano in questo programma, ma certamente non Dugina”.

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