Ideologia, economia, religione, visione della società, traiettoria politica, atteggiamenti e persino l’accento. Differiscono in tutto i due candidati in corsa per la presidenza del Brasile. I progetti politici presentati dal capo dello stato uscente, Jair Bolsonaro, e del leader del Partito dei lavoratori (Pt), Luiz Inacio ‘Lula’ dal Silva, sono così distanti e opposti da aver spaccato in due l’elettorato, diviso i sentimenti del Paese e impedito la costruzione di possibili alternative. Gli oltre 154 milioni di brasiliani che stanno varcando le sezioni elettorali del gigante sudamericano sono chiamati a scegliere su due modelli economici, politici e sociali completamente diversi.

Bolsonaro – Il presidente uscente, Jair Bolsonaro, che vuole riproporre la ricetta neoliberale vittoriosa nel 2018, ha sottolineato in molte occasioni che gli effetti delle sue riforme sull’economia non sono stati quelli sperati solo a causa della pandemia e della guerra. Ancora una volta dunque Bolsonaro parla di favorire le privatizzazioni, sciogliere sempre più le briglie al mercato, limitare l’intervento dello stato nell’economia, ridurre il carico fiscale, continuare a riformare la legislazione del lavoro e sburocratizzare le norme per favorire la nascita di imprese. Unica vera novità nel 2022 è la revisione del tetto alla spesa pubblica: legge introdotta dal governo del predecessore Michel Temer e regola aurea della scuola neoliberale che il ‘nuovo’ Bolsonaro sarebbe disposto a violare per poter continuare a pagare i bonus anti-inflazione di 600 real al mese (120 euro) a milioni di famiglie brasiliane, anche dopo la scadenza prevista a dicembre 2022. In campo Ambientale, Bolsonaro cavalca la linea negazionista in merito all’avanzare del disboscamento dell’Amazzonia, foresta che secondo il presidente è in Brasile “per l’84 per cento identica a quando sono giunti i portoghesi”. La regione amazzonica continua a essere vista come il nuovo eldorado da esplorare. Anche se questo debba significare limitare la tutela di aree indigene ancestrali. In campo ideologico e sociale, il presidente ripete in ogni occasione come mantra i concetti di “dio, patria, famiglia e libertà”. Questi gli ingredienti che caratterizzano la visione ultraconservatrice legata alla religione evangelica neo-pentecostale in merito all’aborto, al contrasto alla ‘ideologia di genere’ e al sostegno alla famiglia tradizionale.

Lula – Dal canto suo, in occasione del suo nuovo assalto al Planalto Lula riporta al centro dell’agenda le parole d’ordine dei suoi precedenti governi: investimenti pubblici su infrastrutture, tutela del lavoro salariato, redistribuzione del reddito, aumento della spesa sociale e frenata sulle privatizzazioni. Gran parte dell’architettura proposta da Lula parte dalla necessità di rimuovere il tetto alla spesa pubblica. L’ex presidente si impegna a condurre una politica di spesa “responsabile”, ma denuncia la rigidità della regola sul tetto come ostacolo agli investimenti, anche e soprattutto quelli sociali, educazione, sussidi di base, istruzione. “Non ho paura del debito“, ha detto in alcuni comizi il candidato del Pt. Istanza che si sposa con una rinnovata scommessa sugli investimenti pubblici: Lula ha detto che chiederà ai 27 governatori statali di proporre tre o quattro progetti infrastrutturali che lo Stato potrebbe accompagnare con l’obiettivo di generare occupazione. La mano pubblica dovrà servire anche a “rafforzare l’impresa nazionale pubblica e privata” portandola sulla strada della modernità tecnologica e l’innovazione, soprattutto in ottica di transizione energetica. L’ex sindacalista ha anche annunciato la creazione di un ministero dell’Industria per poter meglio coordinare la ripresa del settore. In campo sociale Lula promette di dare nuova spinta al Bolsa famiglia (reddito di cittadinanza) e nuova linfa alle politiche di riduzione della discriminazione contro i neri e gli indigeni soprattutto nelle Università. In campo ambientale il leader del Pt ha annunciato la creazione di un ministro dell’Amazzonia e rinnovazione dei forum della società civile in tutela della foresta. Inoltre promette finanziare le agenzie deputate al controllo dei crimini e alla prevenzione della distruzione della foresta. La corruzione, tema centrale della precedente campagna elettorale ha trovato poco spazio nell’agenda dei due candidati, entrambi con difficoltà a gestire scandali che ne hanno caratterizzato l’azione politiche. Poco o nulla si è detto in campagna elettorale di pubblica sicurezza. Il tema resta una delle maggiori richieste inevase dei cittadini brasiliani.

Sondaggi – A poche ore dal silenzio elettorale tutti i sondaggi danno Lula in vantaggio con un margine compreso tra un minimo di 2,6 per cento stimato dall’istituto Paranà Pesquisas a un massimo di 17 punti accreditato dall’istituto Ibope. Realizzate su campioni molto piccoli e spesso non rappresentativi di tutte le aree del Paese, le ricerche potrebbero non riuscire a dare le giuste misure del distacco, generando apprensione sui due fronti opposti e accendendo ulteriormente gli animi. Le stime danno di fatto l’ex presidente Lula a un passo dalla vittoria al primo turno, obiettivo visto come fondamentale dall’ex leader sindacale. Per questo la campagna di Lula si concentra sul voto utile, sulla chiamata alle urne degli indecisi e sul contrasto dell’astensionismo. D’altro canto, la campagna di Bolsonaro si concentra sugli stati più in bilico e determinanti per numero di elettori (San Paolo, Rio de Janeiro e Minas Gerais) per cercare di ridurre il distacco al ballottaggio.

Scenario – La quasi decennale campagna giudiziaria anti-corruzione contro il Pt sostenuta da un’ampia politica di demonizzazione della sinistra brasiliana che ha visto finire prima la presidentessa Dilma Rousseff sotto impeachment e successivamente Lula in cella con condanne poi annullate per vizi procedurali e di forma, non sembra aver eroso sufficientemente la base elettorale progressista. L’ex sindacalista continua a raccogliere consensi soprattutto dalle fasce più povere della popolazione, tra le donne, i giovani, i cattolici, i neri e gli indigeni. Allo stesso modo le pesanti critiche abbattutesi sul presidente per la sua gestione della pandemia, condizionata da un persistente negazionismo, le sortite misogine, omofobiche, razziste e le politiche di sfruttamento anti-ambientali in Amazzonia, non hanno scalfito i consensi tra gli uomini, bianchi, ricchi e di alta scolarità. Bolsonaro può inoltre contare sullo zoccolo duro del suo elettorato più radicale, dall’agribusiness ai gruppi armamentisti. Per Lula pesa in positivo il ricordo del benessere diffuso conosciuto dal Paese nei suoi governi, dal 2002 al 2010, l’uscita dalla mappa della fame mondiale e la progressione di fasce della popolazione come poveri, indigeni e neri cui per la prima volta sono stare riservate politiche di inclusione. Per Bolsonaro pesa in positivo il recente rapido recupero dell’economia, la vittoriosa battaglia contro l’inflazione e la incoraggiante crescita dell’occupazione. E lungo queste direttrici che i due candidati hanno elaborato coerentemente i propri programmi elettorali, per molti versi paradigmatici.

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