“Chi non rimpiange la disgregazione dell’Unione Sovietica non ha cuore, chi vuole ricrearla così com’era non ha cervello”. Questa celebre frase pronunciata da Vladimir Putin torna alla mente in diversi passaggi del corso del discorso tenuto nel corso della cerimonia con la quale il presidente ha annunciato l’annessione delle quattro aree ucraine del Luhansk, del Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia. Un discorso dai tratti nostalgici nel quale il presidente russo colloca proprio nell’anno della disgregazione dell’Urss il germe della nuova crisi tra Mosca e l’Occidente nata per le “promesse tradite” dal blocco Nato sulla non espansione a est. Oggi, pur allontanando l’idea di voler ricreare qualcosa che assomigli al passato sovietico, Putin, parlando di fronte a un Cremlino gremito di alti ufficiali e rappresentanti del governo e vertici dell’apparato politico e istituzionale russo, ha tracciato una marcata linea rossa sul campo di battaglia ucraino: “Voglio che mi sentano a Kiev, che mi sentano in Occidente. Le persone che vivono nel Luhansk, nel Donetsk, a Kherson e Zaporizhzhia diventano nostri cittadini per sempre“. Da ora in poi, qualsiasi attacco armato ucraino in quei territori sarà considerato un attacco diretto alla Federazione russa.

La decisione del presidente russo arriva dopo l’accelerata registrata nell’ultimo mese per indire i referendum popolari nelle quattro aree annesse unilateralmente. Un cambio di strategia repentino frutto, probabilmente, anche dei risultati ottenuti sul campo dalla controffensiva ucraina in quei territori. Adesso che il confine è stato tracciato, il presidente dice di essere pronto a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative con Kiev: come nei giorni scorsi, è tornato a dire che Mosca “è disponibile ad avviare colloqui di pace“, ma la condizione imprescindibile è che l’Ucraina “cessi il fuoco cominciato nel 2014, siamo pronti a tornare al tavolo dei negoziati. Ma la scelta” della popolazione delle quattro regioni ucraine non è più in discussione. Nel suo discorso, Putin ha cercato di far passare il concetto che quest’ultima annessione sia solo l’esito di un percorso democratico svoltosi dal 23 al 27 settembre, nei giorni in cui i cittadini delle quattro aree dell’Ucraina si sono recati alle urne, con le preferenze per il ‘reintegro’ nella Federazione che hanno superato ovunque il 95%. Nessun riferimento alle denunce di violenze e intimidazioni nei confronti della popolazione e nemmeno al fatto che proprio quelle aree, dall’inizio della guerra, hanno subito un esodo di massa tra coloro che temevano le rappresaglie dell’esercito russo pagando la colpa di voler rimanere parte dell’Ucraina. “Il popolo ha fatto la sua scelta, una scelta netta”, si è limitato a dire.

Una cerimonia quasi solenne quella andata in scena al Cremlino, nella quale Putin ha imputato al crollo dell’Unione Sovietica le conseguenze che si vedono oggi sul campo: “L’Occidente pensava che dopo il 1991 la Russia non si sarebbe più rialzata, ma si sbagliavano. L’amore per la Russia è un sentimento indistruttibile. Ecco perché anche i giovani nati dopo la tragedia della caduta dell’Unione Sovietica hanno votato” per l’annessione. Ha però precisato che la sua intenzione non è quella di tornare all’Urss con una campagna imperialista che, lui più di tutti, sa essere irrealizzabile. Ma ha richiamato i russi fuori dai confini alla loro “patria storica”. Il conflitto ucraino, nella sua ricostruzione, ha origine proprio nelle promesse tradite di non espansione a est da parte della Nato: “Le promesse dell’Occidente di non espandere la Nato a est si sono rivelate delle sporche bugie“, ha sentenziato. E se oggi il Cremlino è attenzionato dalle cancellerie mondiali che temono un attacco nucleare da parte di Mosca, ricorda che “gli Stati Uniti sono stati il solo Paese al mondo ad aver usato le armi nucleari due volte e hanno creato un precedente“. Anche per trovare i responsabili degli attacchi ai gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, dal suo punto di vista, si deve continuare a guardare a ovest. “Abbiamo assistito a un attacco diretto al gasdotto Nord Stream, alle infrastrutture europee. Chi ne trae vantaggio?”, ha concluso individuando quelli che sono, a suo dire, i veri responsabili: “Gli anglosassoni”.

C’è spazio anche per i messaggi a Kiev e ai suoi alleati. L’Occidente, dice, “sta portando avanti una guerra ibrida contro la Russia” e tutto questo “è un delirio, un inganno vero e proprio, con doppi e tripli standard. Con tutte queste regole false la Russia non ha intenzione di vivere. L’Occidente non vuole che la Russia sia libera, la vuole ridurre ad una sua colonia“, ha attaccato il capo del Cremlino. Una colonia che si trasformerebbe in un esempio di Stato deindustrializzato in cui germogliano stili di vita incompatibili con la tradizione russa, sostiene: “Facendole abbandonare le forniture di idrocarburi dalla Russia, gli Stati Uniti stanno portando l’Europa alla deindustrializzazione. I politici dell’Ue lo capiscono, ma tradiscono i loro Paesi. Vogliamo che in Russia ci siano il genitore 1 e il genitore 2 invece di mamma e papà? Siamo completamente impazziti? Vogliamo che i nostri bambini siano indottrinati sul fatto che ci sono altri generi? All’Occidente non serve la Russia, a noi sì“.

Twitter: @GianniRosini

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