Le scuole di tutta Italia riaprono in questi giorni. Ma attenzione: a rischio e pericolo di chi entra. L’anno scorso una legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ha finalmente previsto una valutazione dei “rischi connessi agli edifici scolastici”. Preludio al censimento delle scuole pericolanti. E poi che succede? Il ministero dell’Istruzione s’è preso tutto il tempo, anche troppo, tanto che il 18 febbraio scorso è scaduto il termine entro il quale doveva dire come fare queste benedette valutazioni. Risultato: le scuole riaprono, finché non crollano. Che “spettacolo” poi, questa cosa dei decreti inattuati o scaduti: ci sono i cinema in crisi nera? Il governo aveva stanziato 10 milioni per sostenere il ritorno nelle sale. La palla passa poi al Ministero della Cultura che non fa nulla, e il 15 agosto la norma scade congelando i fondi.

Ieri il FattoQuotidiano.it ha pubblicato il grande censimento delle norme inattuate della legislatura che volge al termine, scoprendo che dentro 392 misure mai attuate c’è un tesoretto da 8,7 miliardi rimasto nelle tubature delle burocrazie ministeriali (scarica il file). Abbiamo anche messo in fila i ministeri più pesanti per i ritardi accumulati: Cingolani detiene il record con 70, seguito da Giovannini (53), Franco per il Mef (52), Speranza (30) e così via. Restavano gli altri. Per chiudere con lo spettacolo, va segnalato che la legge di bilancio dell’anno scorso aveva stanziato 150 milioni da destinare agli addetti di questo comparto, del turismo e dell’automobile colpiti dal Covid: il Ministero dello Sviluppo Economico lo ha lasciato scadere il 2 marzo scorso.

Il ministero dell’Università ha nove decreti non attuati, due scaduti per sempre: uno prevedeva 20 milioni di euro per i prossimi tre anni da destinare agli enti pubblici di ricerca. E poi non c’è politico o candidato che si astenga dal gridare che va sostenuta. Altri esempi? Il Mise del ministro Giorgetti deve vedersela con 26 norme inattuate, 14 delle quali sono scadute congelando i relativi provvedimenti, riforme e fondi. Tanti fondi. Il 2 marzo è scaduto il decreto per l’uscita agevolata dal lavoro dei dipendenti delle piccole e medie aziende in crisi con almeno 62 anni di età: 550 milioni di euro da distribuire nel corso degli anni 2022-2024 ma che nessuno vedrà. Tra gennaio e marzo sono scaduti quelli relativi a 450 milioni per la transizione industriale, la ricerca e lo sviluppo di tecnologie innovative e la riconversione industriale.

Altro ministero, altro giro di giostra. I comuni si sa, hanno bilanci in rosso sparato, specie i più piccoli. Al ministero della Pubblica Amministrazione si sono persi per strada un decreto per ripartire 30 milioni di euro l’anno a quelli con popolazione inferiore a 5mila abitanti. Forse non erano così importanti. Ma a leggere il decreto servivano ad assumere il personale per dare attuazione a una cosa chiama Pnrr: andrà Renato Brunetta a dirlo all’Europa? Siccome però esistono le Pari Opportunità non saranno gli unici a lamentarsi: al palo dell’omologo ministero sono rimasti 10 milioni di euro stanziati dalla legge 27/2020. Forse non servivano. Ma a leggere la norma pare proprio fossero destinati al personale sanitario che ha contratto il Covid in corsia. Che li aspetta da due anni.

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