Ripensare, ricostruire, ripotenziare. Tre parole-chiave usate dall’ex primo ministro ceco Vaclav Havel nel suo discorso di Aquisgrana del 1996, dal titolo “L’Europa come compito”, e oggi riprese per inaugurare il semestre di presidenza della Repubblica Ceca del Consiglio dell’Unione, che durerà dal 1° luglio al 31 dicembre prima di lasciare il testimone alla Svezia. “L’invasione russa dell’Ucraina ha scosso tutte le nostre certezze. Ha messo in luce la debolezza dell’architettura di sicurezza europea, che dovremo affrontare in modo nuovo e soprattutto proattivo, non solo come osservatori che fanno affidamento sugli altri”, ha dichiarato l’attuale premier ceco Petr Fiala, a capo di un governo liberal-conservatore dall’autunno 2021. Oltre alla guerra il governo ceco dovrà sbrogliare anche altre matasse, come la questione energetica, ambientale, agricola e anche tecnologica, tema caro al governo di Praga. Sei mesi che si prospettano come certamente complessi per l’Europa ma anche per la stessa Cechia, costretta ad affrontare il ruolo di primo attore europeo con poche disponibilità economiche e una situazione politica incerta.

Lo stallo – Essere presidente del Consiglio dell’Unione ha un suo peso: significa dettare l’agenda delle istituzioni comunitarie per sei mesi e dirigere le riunioni dei 27 ministri nei loro diversi campi (a eccezione di quella dei rappresentanti degli Affari esteri, guidata dall’Alto rappresentante Ue). Le presidenze sono decise con anni di anticipo, in modo tale da permettere ai Paesi di decidere per tempo agenda ed investimenti. Non è stato così però per la Repubblica Ceca: il precedente governo, guidato dal liberale Andrej Babis, aveva pianificato di spendere soltanto 1,4 miliardi di corone ceche, equivalenti ad appena 56,7 milioni di euro. Una somma irrisoria se confrontata ad un’altra spesa simile affrontata da Praga nel 2009, quando per la prima volta nella sua storia guidò il Consiglio dell’Unione: tredici anni fa il governo guidato dal conservatore Mirek Topolánek spese 3,75 miliardi di corone ceche per il semestre di presidenza, una somma che al tasso di cambio attuale vale circa 151,9 milioni di euro. Il governo Fiala ha aumentato la spesa fino a 2,3 miliardi di corone ceche, pari a 93,2 milioni della valuta europea, che però resta comunque insufficiente, vista l’inflazione galoppante al 16 per cento, e che ha costretto i cechi a dover risolvere alcuni problemi di assunzione assumendo stagisti senza retribuzione per cercare di coprire i buchi. “Non è uno spreco di denaro, è davvero un investimento: se fatto con saggezza, la Repubblica Ceca può davvero trarne vantaggio”, ha dichiarato Ondřej Benešík, presidente della commissione per gli affari europei del parlamento di Praga, a Politico.eu. Oltre, probabilmente, non si poteva andare visto che, come ha dichiarato il ministro ceco per gli Affari europei Mikuláš Bek al giornale brussellese, “con i prezzi elevati dell’energia e i molti problemi che la popolazione sta affrontando, qualsiasi ulteriore aumento del budget per la presidenza non sarebbe probabilmente la soluzione migliore per la stabilità politica del Paese”. Negli ultimi giorni il governo Fiala ha dovuto affrontare anche un problema politico che ha sconvolto la politica praghese cittadina e ha avuto un’eco anche a livello nazionale. Lo scorso 19 giugno il vicesindaco della capitale, Petr Hlubuček, appartenente al Movimento dei Sindaci ed Indipendenti, formazione politica presente nella maggioranza di governo, si è dimesso dopo essere stato arrestato insieme ad altre 11 persone con l’accusa di corruzione, coinvolgimento nella criminalità organizzata e sospetto uso di droga nell’ambito di un’indagine sulla compagnia di trasporti cittadina DPP. A dimettersi però è stato anche il ministro dell’Istruzione, Petr Gazdík, collega di partito di Hlubuček, che avrebbe avuto diversi incontri con un altro arrestato, Michal Redl, lobbista ed ex collaboratore del boss della mafia latitante Radovan Krejčíř, oggi in prigione in Sud Africa. “Apprezzo la scelta di Gazdík e la prendo come un’espressione del cambiamento nella cultura politica che questa coalizione di governo vuole perseguire visto che, dalle informazioni al momento disponibili, non ha né accuse né indagini a carico”, ha twittato Fiala.

La guerra e il rapporto con la Russia – Nonostante simili premesse Praga cercherà comunque di far sentire la sua voce, a cominciare dalla guerra in Ucraina. Negli ultimi mesi sono arrivati in Repubblica Ceca quasi 200 mila rifugiati ucraini e uno degli obiettivi segnalati nel discorso di apertura di Fiala è la ricostruzione del Paese e la gestione europea del postguerra, una sfida che attende tutti gli Stati del Continente. Non è un caso che a Praga si stia organizzando un incontro di persona di tutti i leader con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per il prossimo 6/7 ottobre. Centrale nel semestre di presidenza ceco sarà la questione energetica, un problema che Praga sembra intenzionata ad affrontare pur partendo da una posizione di svantaggio. La Repubblica Ceca, infatti, consuma circa 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno, provenienti per l’87 per cento da Mosca. Eppure, non sembra essere un problema. “Se la guerra continuerà con la Russia che attaccherà il territorio ucraino più di quanto abbia fatto finora ci sarà ovviamente la necessità di adottare altre sanzioni. Immaginare se queste avranno al loro interno il taglio delle forniture di gas resta una grande domanda perché non dipende interamente dalla Repubblica Ceca, che pure ne è fortemente dipendente, ma anche da altri grandi paesi europei. Immagino però che Praga possa guidare la carica”, ha dichiarato Jiří Pehe, Direttore del centro accademico della New York University nella capitale ceca ad Euronews.

Gli altri punti in agenda – Oltre al conflitto in Ucraina la presidenza ceca ha già pronti altri argomenti da portare al centro del dibattito. Uno di questi sarà far ripartire gli accordi di libero commercio, che l’Ue negli ultimi anni ha sempre più faticato a concludere, sperando che sia magari la prossima presidenza, quella svedese, a riuscire nell’intento. La guerra in Ucraina ha infatti cambiato lo scenario e assicurare fonti diverse per l’approvvigionamento di beni e materie prime come possono essere il gas naturale o anche l’olio di girasole resta fondamentale per l’industria europea. Poi c’è l’agricoltura: la nuova PAC entrerà in vigore a partire dal 2023 e l’Unione spera di poter mantenere gli obiettivi fissati dalla strategia “Farm to Fork”, come ad esempio il dimezzamento dell’uso di pesticidi chimici, il potenziamento dell’agricoltura biologica e il miglioramento del benessere degli animali. Il conflitto a Kiev ha però convinto molti Paesi che imporre limiti severi agli agricoltori in questo periodo sia controproducente per l’intero settore e la sua produttività: per questo sarà necessario lavorare ad un compromesso. Da non tralasciare poi il settore tecnologico, dove la presidenza ceca intende puntare molto: la prima legge europea per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale e lo Spazio europeo sui diritti sanitari saranno temi che diverranno centrali a Bruxelles. Possibile, inoltre, che Praga riesca anche nell’impresa di riuscire ad armonizzare a livello europeo il trattamento dei lavoratori della gig economy nei diversi Stati: anche qui però il rischio di stallo è concreto visto che molti Paesi hanno avvertito l’Unione del rischio di andare oltre le sue competenze, come ha già fatto la Svezia. La palla adesso passa a Fiala.

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