“Sono sopravvissuto alla leucemia ma forse il Cremlino mi ucciderà“: sono le parole dell’oligarca Oleg Tinkov, fondatore di una delle maggiori banche russe, che concludono un’intervista rilasciata ieri al New York Times da una località italiana segreta perché “in pericolo di vita”. Lo scorso mese Tinkov ha iniziato a criticare l’invasione russa dell’Ucraina con alcuni post su Instagram e la reazione di Mosca non si è fatta attendere: l’oligarca è stato costretto a vendere il 35% della sua banca, che nel 2021 era valutata 20 miliardi di dollari alla Borsa di Londra “per pochi copechi”, senza poter negoziare il prezzo. Oggi il banchiere ha rilasciato un’altra intervista, al Corriere della Sera, in chi ha dichiarato: “Non ho paura per la mia persona. Ma temo molto per la mia famiglia, però non potevo fare a meno di esprimermi nei confronti del governo del mio Paese”.

“Confido molto nei servizi segreti italiani. So che sono molto bravi, lavorano bene, e sono sicuro che garantiranno la mia sicurezza e quella della mia famiglia” ha detto Tinkov al Corriere. Ora vive circondato da guardie del corpo. “La guerra è una follia”, aveva scritto su Instagram, chiedendosi perché la Russia dovrebbe ritenere di avere un buon esercito se “qualunque altra cosa nel Paese non funziona ed è invischiata nel nepotismo, nel servilismo e nella subordinazione“. Il giorno successivo al post, il Cremlino ha contattato i dirigenti della banca minacciandoli di nazionalizzarla se non avessero interrotto ogni contatto con Tinkov, e intimandoli a cambiare il nome della banca, che portava quello del suo fondatore.

Nell’intervista al New York Times, Tinkov ha ribadito che molti oligarchi russi sulla guerra “la pensano come lui ma hanno paura di parlare” per le conseguenze che ciò potrebbe comportare su “stili di vita e portafogli”. “Hanno tutti paura. Capiscono che sono legati all’Occidente, che sono parte del mercato globale: si sono girati velocemente verso l’Iran ma a loro non piace, vogliono che i loro figli vadano in vacanza in Sardegna“. “Ho capito che la Russia, come Paese, non esiste più” ha continuato. “Pensavo già che il regime di Putin fosse cattivo ma non immaginavo sarebbe stato così catastrofico. Non credo al futuro della Russia e, cosa ancora più importante, non sono disponibile ad associare il mio brand e il mio nome ad un Paese che attacca i suoi vicini senza alcuna ragione”.

Diventato famoso con la produzione dell’omonima birra, Tinkov ha avuto qualche problema con l’Occidente: dai 507 milioni di dollari pagati lo scorso anno per un’evasione fiscale negli Stati Uniti alle sanzioni britanniche per la guerra in Ucraina. A suo dire, non “ha mai messo piede al Cremlino”, pur riuscendo a conviverci per molti anni, fino a quando nel 2019 ha lasciato il Paese per curare una leucemia.

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